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L’isola che ritorni ad essere isola!

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di Vincenzo Ambrosino

 

Ma poi è tanto difficile condurre le cose ad un livello di civiltà accettabile?

E’ poi tanto difficile cominciare ad amare il quartiere dove si abita, la strada che passa accanto alla porta di casa, il cortile in comune e insieme arredarlo, fare a gara a chi espone i fiori più belli, a chi ci tiene di più alla cosa pubblica?

E’ poi tanto difficile scendere in strada e salutare le persone con cortesia, ritornare a passeggiare lentamente  per  apprezzare le bellezze delle cose che ci sono intorno?

Salutare le persone e avvicinarle senza diffidenza: “Buon giorno professore come va a casa?”. E il professore al pescatore: “Come va a te, ancora poco pesce vedo. Ho saputo che le cose non vanno bene in generale, ma sai è un momento difficile per tutti”. E il pescatore risponde con lentezza, muovendo le sue mani abbronzate e callose: “Ci accontentiamo professore, ci sono stati momenti peggiori, ringraziamo Iddio che siamo in vita e che possiamo scambiarci qualche parola di affetto!”

E’ poi tanto difficile vedere il grande albergatore fermarsi a comprare le rose e andare al cimitero a portarle ai genitori e poi vederlo girare tra le tombe e deporre con commozione un fiore all’amico a cui la vita non ha mai sorriso?

E ancora nei bar, non solo giocare a carte e bere, ma discutere con passione ma a bassa voce; osservare con gioia che qualcuno legge il giornale e qualcun altro, in un angolo con la pipa spenta in bocca a leggere anche un libro. Ma la cosa meravigliosa è che tutti con grande saggezza sanno che accettandosi, valorizzano l’ambiente in cui vale la pena di vivere.

E’ poi tanto difficile vedere dei bambini fermarsi ad ascoltare un vecchio, e lui felice raccontare storie di altri tempi?

E’ poi tanto difficile vedere i vigili sorridenti, tutti i giorni, girare nei quartieri a parlare con il muratore, oppure con la casalinga, con il bambino che va a scuola, con il prete che ha terminato la sua Messa?

Ma poi è tanto difficile trovare una stanza all’interno del Museo per sistemare tutti i libri che il grande vecchio ha raccolto con amore, nella sua meravigliosa vita?

Ma è tanto difficile recuperare l’archivio comunale ad un uso pubblico e corretto?

Sarà che sto leggendo che a Napoli, i napoletani si stanno di nuovo impossessando con fiducia di via Caracciolo, del vie del Centro, senza macchine, tutti a piedi, con tutti i negozi aperti, con le persone che si riscoprono tali guardandosi negli occhi, parlandosi; con il vecchio che cammina con il suo bastone, con le coppie giovani che si baciano, con i bambini che corrono festosi, in una città che era data per morta ma che risorge in una nuova primavera.

Ma questi non erano gli stessi cittadini che fino all’altro ieri, erano, definitivamente stati condannati a morte, come popolo incorreggibile?

E’ fondamentale prendere consapevolezza di dove si decide di vivere e noi abbiamo deciso di vivere in un’isola che per fortuna è tuttora bellissima e dalle mille risorse ancora da valorizzare. Tutti i cittadini in questo modo si riconoscono di nuovo appartenenti ad una comunità, che ha una storia, una tradizione, una cultura; un territorio che deve essere aiutato da tutti a non morire.

Solo in queste condizioni di predisposizione verso l’altro, in cui ognuno fa il suo dovere a cominciare dal primo cittadino all’ultimo, che si può risalire la china.

Ma da chi deve partire questo messaggio che è di unità e soprattutto di opportunità sociale ed economica, se non dagli intellettuali?

Franco De Luca, pochi giorni fa, guardando il cielo della nostra isola, piovoso, ha pensato al suo passato e ha cercato un punto di riferimento ormai lontano:  Don Luigi Dies; ha ripensato ai canti, agli amici, all’incenso, all’essenza dell’esistenza.

Sembra difficile fare questi discorsi in piena campagna elettorale, dove addirittura all’interno dello stesso contesto familiare si trovano i motivi per dividersi, per seminare discordia.

E invece è proprio in questo contesto che bisogna dire qualcosa di diverso!

Il mio messaggio ai candidati è quello di abbassare i toni, pensare che non esistono bacchette magiche, che gli avversari non vengono dalla luna, che in prima linea, dopo le elezioni, a parlare di problemi dell’isola rimarranno solo i cinque della maggioranza e i due dell’opposizione, che tutti gli elettori, oggi tifosi, dell’uno o dell’altro saranno domani cittadini che dovranno sopravvivere sullo stesso scoglio.

Oggi parlo di nuova coesistenza al di là di chi vincerà queste “non volute” elezioni; dobbiamo impegnarci a costruire con passione, con impegno, quotidianamente, quella coesistenza sociale che è stata smarrita.

Questo impegno lo devono prendere, per primi, gli uomini di cultura che non possono permettersi più di dividersi, almeno loro non possono permettersi più di farlo.

Ecco, questo messaggio è rivolto alla “Priezza”, come alla neonata “Cultura in Cammino”, a Franco De Luca, agli insegnanti della scuola, a Silverio Lamonica, a quelli di Ponzaracconta (che già stanno facendo molto), a tutti gli amici che animano le tante Associazioni sportive, ambientali, culturali, dico che se noi che amiamo stare in casa a leggere un libro, ad ascoltare musica, a passeggiare in solitaria contemplazione, a rimpiangere in qualche modo il passato, non troviamo una forma organizzativa per iniziare un lavoro di lunga durata che includa il valore della cultura per ritrovare forme adeguate di convivenza civile, sprecheremo ancora mille elezioni, ma quest’isola non sarà più un’isola (come bene ha descritto Gino Usai).

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Vincenzo Ambrosino