Archeologia

Memorie da un viaggio in Terrasanta (3)

di Claudia Polla Mazzulli

Per la puntata precedente di questo reportage, leggi qui

3° giorno

Anche questa mattina sveglia presto, il programma come sempre è ricco e interessante, comprende la visita a Betlemme dove celebreremo la Messa e visiteremo il luogo della terra dove “la Vergine Maria… diede alla luce il suo Figlio primogenito…”.

Uscendo in pullman da Gerusalemme, percorriamo una strada che costeggia una zona desertica dove si scorgono sparsi gruppi di tende e capanne di nomadi palestinesi, costretti dalla miseria ad una vita dura e isolata. Così è questa terra, ora come allora, una realtà emblematica piena di contraddizioni.

Ci dirigiamo verso l’Herodion, la collina artificiale fatta costruire da Erode il Grande, simbolo di megalomania, nata come reggia-fortezza e divenuta mausoleo alla sua morte, anche se della sua tomba non è rimasta traccia.

Precedendo il gruppo, arranco sotto il sole come sempre implacabile, per una stradetta polverosa e sassosa che sale sul fianco della collina fino alla sommità del cono dove mi fermo, esausta, ad ascoltare il racconto della guida.

Quasi senza fiato per la fatica e per lo straordinario panorama che si gode dall’alto, strizzando gli occhi per la forte luminosità, lascio spaziare lo sguardo a 360° su un paesaggio arido, dalle varie sfumature color ocra che si perdono sull’orizzonte montuoso contro l’azzurro del cielo, mentre un vento caldo e insistente ci investe dal deserto di Giuda. Fortunatamente più tardi entriamo a visitare le terme della reggia-fortezza all’interno del cono artificiale della collina dove, nonostante il rischio di scivolare nel percorso angusto e semibuio, mi rianimo alla fresca temperatura interna.

Proseguiamo poi per Betlemme rischiando di arrivare in ritardo a causa di problemi incomprensibili sollevati da un soldato ad uno dei tanti check points situati nelle zone di confine, una triste testimonianza della drammatica e irrisolta situazione politica tra Israele e Palestina.

Finalmente arriviamo. Anche stavolta, come la prima mattina al Santo Sepolcro, l’emozione mi prende al pensiero di entrare nel luogo del più straordinario Evento della storia dell’umanità. Percorriamo a piedi un tratto di strada in salita nel traffico rumoroso e disordinato, con i venditori di souvenir che ci assediano e bambini arabi che chiedono qualcosa; ad uno di loro non resisto e compro un pacchetto di gomma da masticare, non è soddisfatto degli spiccioli e mi fa un gesto stizzoso mentre si allontana brontolando. Tutto ciò mi distoglie dai miei pensieri, il caldo è opprimente; peccato per questa atmosfera rumorosa, disturbante, che impedisce il giusto raccoglimento nel luogo della Nascita di Dio.

Una piccola entrata, che obbliga i pellegrini a chinarsi al passaggio, ci conduce all’interno della Basilica della Natività e… sorpresa! Alte impalcature ingombrano la navata centrale, impedendo la vista di parte delle pareti e della volta; larghe passerelle di tavola sono poste a protezione del bellissimo pavimento musivo intorno al quale una fitta folla di turisti e pellegrini attende di scendere nella Santa  Grotta. In paziente attesa ascolto le informazioni e le riflessioni della nostra guida mentre osservo l’insieme della Basilica nel lento procedere della gente.

L’ambiente antistante la Grotta è carico di lampade appese ai soffitti, quadri e icone, stoffe damascate alle pareti, elementi che parlano della presenza spesso ingombrante della comunità greco-ortodossa nei luoghi santi. Un uomo dai modi bruschi invita ad affrettarsi, guardo se mio marito è nelle vicinanze e aspetto il mio turno. Finalmente… mi inginocchio davanti alla Stella di Betlemme e mi chino per baciarla. “Hic de Virgine Maria Jesus Christus natus est” – recita l’iscrizione incisa intorno alla grande Stella d’argento che segna il luogo della nascita di Gesù. Anche stavolta non ho il tempo e il silenzio necessari per una preghiera ma… il mio cuore Ti accoglie e Tu Signore accogli e benedici uno ad uno questi pellegrini che qui si prostrano, come fecero gli antichi pastori chiamati dall’Angelo all’annuncio dell’evento.

Dopo questa intensa esperienza si va alla volta di Gerico, la prima città che il popolo di Israele vide al passaggio del Giordano, allora piena di meravigliosi giardini di palme e alberi balsamici. Nella città più antica della Terra (studi archeologici attestano insediamenti umani a 6ooo anni a.C.), ci fermiamo per una sosta turistica mentre la nostra guida commenta il brano del Vangelo di Zaccheo proprio davanti ad un maestoso sicomoro.

Qui immagino l’antico uomo di bassa statura che, desideroso di vedere il Nazareno, esce dalla folla e si arrampica sul sicomoro dal quale coglie lo sguardo e l’inaspettato invito di Gesù che cambierà per sempre la sua vita: “Zaccheo, scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua!”.

In ricordo di questa esperienza ho accettato da un vecchio venditore di piccoli oggetti una curiosa cartolina di un sicomoro con una raffigurazione dell’episodio evangelico.

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Claudia Polla Mazzulli

[Memorie da un viaggio in Terrasanta (3) – Continua]

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