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Senza scuorno ’n faccia

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di Lino Catello Pagano

 

Si avvicina l’estate e, puntualmente, qualcosa deve succedere a Ponza.

A Ponza si è perso il senso della vergogna; ricordo che un tempo si diceva, quando si faceva una cosa non buona: “T’è mèttere ’u scuorno ’n faccia”.

L’espressione non si usa più, le parole scuorno e faccia sono state dimenticate; adesso contano i fatti,  il gran giro d’affari dei quattro mesi ’i stagggione.

Da giorni la stampa insiste con la notizia che la Finanza sta mettendo a ferro e fuoco l’isola: alla lista degli indagati di oggi andranno ad aggiungersi quelli di domani, per altri motivi, magari discariche nascoste in fondo al mare.

Manco da Ponza dal 2007, da lontano ascolto le voci. La rete racconta di un’isola perduta nel menefreghismo e nell’opportunismo: fregare gli altri, far vedere quanto si è bravi a rubare, nella certezza di passarla liscia. Senza vergogna.

Non facce su cui può depositarsi lo scuorno circolano per il Porto, ma maschere buone a nascondere le malefatte. Ognuno di noi ha una sola faccia, su cui si depositano anni ed esperienze, ma può indossare tante maschere; può costruirsi un’immagine e modificarla, rinnovarla, sostituirla secondo le esigenze. La maschera,  l’immagine, non arrossiscono; se i nostri vecchi tornassero indietro e vedessero in che condizioni  si è portata l’isola, cercherebbero di dirci “Mettiteve scuorno a chesta faccia!”, ma… parlerebbero a maschere, ad immagini vuote di sostanza.

Protetti dalle nostre maschere, arraffiamo a più non posso, ci contendiamo il primo premio nella gara a chi ruba di più; conquistiamo monete d’oro che subito corriamo a sotterrare, novelli Pinocchio che credono che la ricchezza cresca sugli alberi.

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Metterci scuorno sarebbe doveroso, ma non è possibile: sulle maschere, sulle immagini, lo scuorno non si deposita.

Le maschere sono la punizione per avere arraffato, per aver creduto che le monete d’oro crescano sugli alberi; siamo condannati a nasconderci dietro di esse, e potremo toglierle solo quando avremo restituito il maltolto e chiesto scusa.

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Lino Catello Pagano