Lontano da Ponza

Memorie da un viaggio in Terrasanta (2)

di Claudia Polla Mazzulli

Per la prima parte di questo reportage di viaggio, leggi qui

2° giorno

Al mattino, di buon’ora, percorriamo in silenzio le strade che dall’albergo ci portano al Santo Sepolcro. E’ ancora buio, sono le 4,30 e l’aria è fresca; Gerusalemme dorme ancora, i vicoli stretti del suq del quartiere arabo sono deserti ma presto brulicheranno di gente e di voci, suoni, odori. Andiamo per la celebrazione della Messa nel luogo più sacro di tutta la terra, il Santo Sepolcro, dove si concentra l’essenza della fede delle più grandi religioni, dove la certezza dello sconfinato amore divino per l’ uomo si manifesta nel sacrificio del Figlio incarnato, morto e risorto per riscattare dal peccato l’umanità intera.

Giunta nel piazzale del Tempio resto a guardare un po’ sospesa ed emozionata: la piazza antistante è racchiusa ai quattro lati, non è spaziosa come immaginavo, è raccolta e silenziosa; in alto il cielo buio ancora non si rischiara alla luce dell’aurora del Medio Oriente. Scatto alcune foto per fermare per sempre quegli attimi. Poi la spiritualità universale del luogo prende il sopravvento sulla curiosità oggettiva.

Signore, sto per entrare nella luogo dove  il mistero della trascendenza divina ha sfiorato l’umanità …

Con emozione salgo sulla buia e ripida scala di pietra che dall’atrio del Tempio  conduce al luogo detto Golgota: approfittando dei brevi istanti di attesa per la celebrazione mi metto in fila dietro ai pochi pellegrini che si prostrano, uno alla volta, sotto il piccolo altare della Croce. Sono frastornata, guardo se mio marito è dietro a me, temo di non fare in tempo perché arrivano i sacerdoti per celebrare e invece… è il mio turno. Mi inginocchio sotto il piccolo Altare e con la mano tocco la roccia dentro l’apertura circondata da un disco d’argento: qui è stato crocifisso Gesù. Sollevo la testa e guardo l’icona di Cristo di fronte a me, il tempo e la mente si fermano per un attimo, tutto è troppo grande, mormoro soltanto “Gesù, Ti amo!”.

Dopo la celebrazione all’altare latino posto di fianco al Calvario, prima di uscire dal Tempio mi fermo un attimo per passare la mano sulla Pietra dell’Unzione. Voglio conservare un po’ del dolce profumo dell’essenza con cui viene unta, l’olio di nardo – [(Nardostachys grandiflora) è una pianta della famiglia Valerianaceae che cresce nell’Himalaya, in Cina, India e Nepal, da cui si estrae un olio essenziale intensamente profumato – NdR] -, il prezioso unguento con il quale Maria unse il capo e i piedi di Gesù in segno di grande onore e rispetto. Successivamente ho voluto acquistare  una boccettina dell’essenza di nardo per portare a casa  il profumo di quei luoghi!

La giornata prosegue con la visita alla Città di Davide sulla collina dell’Ofel dove da sempre fervono i lavori di importanti scavi archeologici che rivelano la grandiosità della cinta delle mura dell’antica città, detta anche Fortezza di Sion, ora Parco Archeologico dell’antica Gerusalemme.

Il caldo è implacabile, il sole batte sulla testa e a fatica seguiamo il percorso tortuoso degli scavi, salendo e scendendo su gradoni di pietra irregolari che mettono a dura prova le ginocchia. Mi ricorda la fatica che faccio a Ponza quando, nel tardo pomeriggio, con il sole che batte ancora caldo sulla schiena, arranco accaldata sul sentiero che sale dalle Piscine alle Forna. Ma la bellezza di quelle testimonianze cariche di storia hanno la meglio sul disagio. Dall’alto lo sguardo spazia sulla Valle del Cedron e sul cimitero ebraico fitto di bianche pietre funerarie.

La guida ci spiega che gli ebrei usano mettere sulle tombe dei loro morti delle piccole pietre che hanno lo stesso significato delle nostre candele, ma quelle pietre restano per sempre.

Scendiamo poi alla piscina di Siloe, ai piedi dell’Ofel, e alcuni coraggiosi percorrono il canale sotterraneo di Ezechia che alimenta la piscina scavato nella roccia e rimasto intatto da oltre 2000 anni.

In quell’umida frescura, seduta di fronte ad un murale che  ricostruisce l’episodio evangelico, ascolto il brano della guarigione del cieco nato riflettendo sul profondo significato dell’insegnamento: – “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe” – dice il Maestro al cieco con gli occhi ricoperti di fango. Ma perché Gesù manda un cieco lungo un percorso di qualche centinaio di metri, tortuoso e pieno di inciampi, quando fuori dal Tempio, dove si trovano, c’è acqua a disposizione per le rituali abluzioni? Tutto questo sembra crudele; in realtà Gesù vuole sollecitare il cieco ad una partecipazione attiva alla completa guarigione fisica e spirituale, per ottenere la quale è indispensabile un percorso di conversione e purificazione interiore necessario a cambiare la propria vita e poter “vedere” anche con gli occhi della fede.

La giornata piena di scoperte si conclude con la visita al cosiddetto Muro del Pianto, in realtà per gli ebrei Muro Occidentale, luogo sacro del giudaismo.

L’ingresso riservato alle donne è delimitato per un tratto più breve del Muro; mi avvicino ad una fontanella e mi lavo mani e braccia come vedo fare da alcune giovani ebree. In silenzioso rispetto mi immergo nella folla ondeggiante di donne e bambini. Osservo con curiosità il caratteristico dondolarsi delle donne osservanti mentre recitano come nenie misteriosi versetti di preghiera. Finalmente riesco a deporre in una fessura tra le massicce pietre squadrate il foglietto su cui ho scritto le intenzioni di devozione per le persone a me care. Riesco a fatica nel mio intento perché tutte le fessure alle altezze raggiungibili sono stracolme di “preghiere” e di speranze qui lasciate da milioni di persone di ogni parte del mondo.

“Salgano a Te, o Signore, le preghiere e le speranze  dei nostri cuori e siano accolte nel Tuo Amore”.

 

Claudia Polla Mazzulli

[Memorie da un viaggio in Terrasanta (2) – Continua]

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