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Montecristo, ricordi di vita

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di Raffaele Sandolo

 

La  decadenza e la chiusura di Montecristo ai nostri giorni fa rimpiangere il tempo passato. Le aperture verso la religione, l’arte e la vita sul mare permettevano affermazioni spirituali e culturali con stagioni operose di pesca. Anno dopo anno Montecristo ritornava a nuova vita e i pescatori ponzesi con profondo rispetto della natura si impegnavano sempre più, con duro lavoro, per il miglioramento personale e della famiglia.

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Negli ultimi anni si è continuato a parlare  di Montecristo e si sono dibattuti i vari problemi senza risolverli. Nessuna nuova iniziativa, e tantomeno nessuna nuova strategia, è stata annunciata per far rinascere l’isola con lo sviluppo sostenibile pur col controllo e la protezione dell’ambiente.  Rimango sconcertato e mi si strazia il cuore sapendo che Montecristo, è stata per anni l’isola dei pescatori, sopratutto ponzesi, durante un lungo periodo di splendore.  E i pescatori, ora, assistono inermi e sconcertati alla decadenza dell’isola, pensando a quando Montecristo si presentava viva ed aperta non solo ai pescatori ma anche a studiosi, artisti, diplomatici, regnanti come pure ad altri visitatori che la amavano e la ammiravano.

Si hanno notizie che sin dagli inizi del 1900 i pescatori lasciavano Ponza, ogni anno, a inizio primavera e rientravano a fine agosto, dopo mesi di intenso lavoro, lontano dalle loro famiglie. Navigavano, per settimane, verso nord con barche a remi ed a vela. Solo verso la fine del 1930 la situazione è migliorata per taluni con l’emigrazione verso l’Elba, isola vicina. Da questa isola si spostavano facilmente verso Montecristo pescando per giorni e giorni. Le coste, gli scogli, i fondali, le cale e le calette avevano nomi ponzesi e ovunque, attorno all’isola, si sentiva parlare, con prevalenza, in dialetto ponzese. Sono ancora usati i nomi di Punta Cappiello, Cala Scuoglio, Cala Junchetiello… La Secca di Casciaforte. Per mesi l’isola ospitava una piccola comunità di ponzesi, con il loro dialetto, i loro costumi e le loro tradizioni. San Silverio era sempre nel cuore di tutti.

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Visitando Montecristo nel luglio del 2008 rimasi sorpreso dal degrado dell’isola. Grande era la sua bellezza che si affermava man mano che si saliva verso l’alto dove si trovano il Monastero e la grotta di San Mamiliano. In particolare, appena sbarcato, vidi il magazzino dei pescatori adagiato ai limiti dell’arenile quasi sotto la pinetina. Attorno alla piccola costruzione, più volte modificata negli ultimi cinquanta anni, c’erano tronchi di albero, tavole con grossi chiodi arrugginiti ed altri rottami. All’interno c’era distruzione e desolazione. La porta era semiaperta e sgangherata.

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Quanta tristezza nel mio cuore e quanti ricordi di vita vissuta sull’isola negli anni precedenti quando, ancora bambino e più tardi ragazzo, giocavo fra gli scogli davanti il magazzino e al piccolo scalo. I miei genitori, Silverio e Annunziata Sandolo, venivano spesso invitati da Francesco e Bastiana Tesei, gli amici elbani guardiani di Montecristo. Era il periodo estivo e sovente si passavano le serate a cenare e a chiacchierare, assieme alle altre famiglie, nella piazzetta davanti la casa dei guardiani, oggi Museo Storico-Naturalistico. Tutta la mia famiglia, abitante a Campo nell’Elba ma di origine ponzese,  dormiva nel magazzino su alcune brandine messe fra le reti da pesca e le cime per gli ancoraggi. Mio padre andava a pescare con il Sant’Emiliano presso l’Africhella e la sera rientrava con ogni tipo di pesce. Assieme a noi pescava anche Giovannino Sandolo, suo cugino, con la propria barca.

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Il magazzino-abitazione era sufficientemente confortevole e decoroso. Tutti si viveva in un’atmosfera amichevole e di grande collaborazione. I guardiani ci assistevano soprattutto in caso di bisogno e ci erano molto vicini. I pescatori spesso li ringraziavano e davano loro del pesce fresco. Ricordavo le loro richieste ai Sovrani di Casa Savoia fatte attraverso i guardiani e vedevo ancora il loro impegno nel costruire il fabbricato assegnato ai pescatori sia per uso di magazzino che di temporanea abitazione. La regina Elena era molto contenta della continua presenza dei pescatori sull’isola e volle assumere uno di essi, Stefano Sandolo, come marinaio sul proprio yacht Jelena. Stefano andava a pesca, al mattino, con Elena e Vittorio Emanuele mentre nel pomeriggio e alla sera ritornava nel suo magazzino per riparare le reti e per cucinare. Curava con molta attenzione il magazzino che negli anni successivi fu assegnato a lui e a tutti gli altri pescatori, che potevano ospitare le loro famiglie e vivere la loro vita come se fosse la propria casa. Quando il tempo era cattivo si metteva a fare le nasse o le reti con altri pescatori.

Ricordavo le immagini del 1942-43 quando assieme a mio cugino Peppino Vitiello ci arrampicavamo sul viottolo andando a caccia di conigli selvatici che spesso vedevamo ma mai fummo capaci di prendere. I ricordi vanno soprattutto a quel periodo quando la mia famiglia passò più volte delle settimane sull’isola. Alcune famiglie di pescatori vivevano nel magazzino e i ragazzi passavano gioiosamente la loro vita giocando fra felci giganti e pini enormi, guardati a distanza dalle capre selvatiche. Le donne tenevano pulito e ordinato il cortiletto davanti al magazzino e la mattina curavano il giardino vicino mentre nel tardo pomeriggio si dedicavano all’orto assieme a Bastiana, considerata “l’Angelo di Montecristo”.

I pescatori si sentivano a casa loro e il magazzino era come una piccola reggia in quell’ambiente naturale e incontaminato.

Poi la guerra, il disordine successivo e qualche anno di completo abbandono hanno cambiato la situazione portando Montecristo verso il caos prima e verso “l’ordine” dopo, dove non c’era più posto per i pescatori. Più tardi le restrizioni aumentarono regolate da apposite leggi. Verso l’anno 2000 taluni tecnici (fortunatamente pochi!) considerati esperti ambientali hanno preteso di abbattere completamente il magazzino, sempre più decadente e quasi completamente distrutto. Che superficialità! Il piccolo edificio era da considerarsi una struttura di grande rilievo storico-sociale assieme alla ex villa reale e al Monastero, memorie di un passato glorioso di sacrifici e grande amore per l’isola. Più che all’abbattimento avrebbero dovuto pensare al restauro.

Mentre ero sulla nave che si allontanava dal porticciolo guardai ancora Montecristo e il magazzino. L’immagine era trasfigurata e riviveva nella mia mente il magazzino-abitazione circondato da fiori e tenuto in ordine dalle donne.

Sorrisi ancora rivedendo, come immagine lontana nel tempo, la regina Elena e Vittorio Emanuele parlare con i pescatori nel cortile, prima di incamminarsi verso la villa assieme a principi e regnanti. Sentivo ancora parlare i diplomatici in lingua francese ed anche l’eco dell’accento ponzese di Silverio, Gennaro, Carminiello, Giovannino, Pompeo, Agostino, Stefano e Peppiniello, la maggior parte provenienti da Le Forna. Avvertivo ancora l’armonia delle voci e dei canti di alcune donne, loro spose, figlie o sorelle, che vivevano per giorni su Montecristo. Erano le melodie di Bastiana, la guardiana, con Restituta, Santinella, Filomena, Luciettina, Mamena che provenivano da lontano facendo rivivere i tempi passati con  le passeggiate a Villa Reale, il cammino per gli impervi sentieri verso il monte Fortezza, i bagni a Cala Maestra, i lavori pomeridiani a maglia ed a uncinetto e il profumo delle zuppe di pesce e delle erbe aromatiche usate per cucinare.

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Rivedevo  i  pescatori  più  famosi  di  Montecristo  quali  Aniello Vitiello (Aniello-Aniello),  Agostino Aprea (Mastaitano), Silverio Sandolo (Casciaforte), Stefano Vitiello (Stefano ‘i Ciccariello), Agostino Romano (‘A Cianella), Michele Sandolo (Don Biase), Giuseppe Avellino (Scellone) che pescavano prevalentemente pesci vari di fondale con reti, nasse e coffe. Quindi Emiliano Calisi (U’taliano) che pescava soprattutto il corallo. E poi anche Aniello Calisi (Cazz ‘i re), pescatore leggendario che aveva incontrato più volte, ancor giovane, il re e la regina.

La visione era meravigliosa e le emozioni sentite intensamente.

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Il risveglio verso la realtà fu duro ma avevo ancora tanta speranza nel cuore … credendo nella rinascita dell’isola con il magazzino riportato all’antico splendore. Ripartii da Montecristo nel tardo pomeriggio portando tanto strazio nel mio cuore e con l’animo abbattuto. Dominava in me l’amarezza. Quanta ingratitudine in chi non aveva saputo o voluto riconoscere e riaffermare i grandi valori che la storia di Montecristo esprime, attivando iniziative lodevoli nell’ambito di una strategia di rinnovamento!

E oggi, dopo alcuni anni da quella visita, la situazione non è migliorata. I diversi poteri che controllano e amministrano l’isola ancora si contrastano l’uno con l’altro senza attivare interventi positivi di effettivo miglioramento, non solo della natura e dei vari siti storici ma anche di riconoscimento del significativo valore delle testimonianze di vita e di lavoro dei pescatori ponzesi. E poi siamo in un periodo di crisi… e gli investimenti sono sempre più rari. Frattanto non ci sono più i pescatori né le caratteristiche barche ponzesi. È permesso l’accesso limitato a pochi turisti per visite controllate. Praticamente non c’è più vita aperta agli ospiti sull’isola come avveniva dopo la prima guerra mondiale. La Villa reale ancora si erge meravigliosa attorniata dalle palme ma il Monastero sta andando in rovina; la Grotta del Santo è circondata da erbacce e detriti; la Piccionaia, edificata per le comunicazioni con Firenze attraverso i piccioni viaggiatori, sta cadendo a pezzi; i Mulini, costruiti nei secoli remoti sono ormai un cumulo di macerie; la Grotta del Santo non ha più, praticamente, acqua al suo interno.

Montecristo, per le sue testimonianze di vita vissuta, impregnate di sudore, lacrime, sacrifici e di momenti felici è ormai una immagine di civiltà che va scomparendo piano piano, nonostante la buona volontà degli agenti della forestale e della famiglia dei guardiani che continuano a dedicarsi all’isola.

Anche le esperienze di pesca del passato stanno svanendo lentamente dimenticate da tutti…

È un pezzo di Ponza che sta morendo.

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Raffaele Sandolo

Campo nell’Elba, 2 Marzo 2012