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Il Semaforo del Monte Guardia

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di Enzo Bonifacio

 

Quando si pensa ai sistemi marittimi di segnalazione il nostro pensiero va immediatamente ai fari, che da sempre sono stati considerati “le stelle artificiali dei naviganti”; poco conosciuta è però la funzione diurna svolta dai semafori.

Il “Semaforo del monte Guardia” era appunto una struttura dedicata alle comunicazioni utilizzando il sistema della “telegrafia ottica”: posto sul rilievo più alto dell’isola, fino a pochi decenni fa dominava  con la sua mole ed una grande antenna a forma di croce il panorama della nostra isola; con l’abbandono, dovuto all’adozione dei moderni sistemi  elettronici è andato incontro ad un lento ed inesorabile  degrado.

L’interessante articolo di Enzo Di Fazio pubblicato a settembre su questo sito (leggi qui [2]), rende una importante testimonianza del sistema di comunicazione tra i fanalisti di Zannone  ed il semaforo di Ponza, in quanto mostra alcuni aspetti della trasmissione a distanza con l’utilizzo del sistema simbolico.

Per comprendere l’importanza della struttura è necessario partire da molto lontano: postazioni dedicate  all’avvistamento ed alla segnalazione  sono note fin dall’antichità e, sistemi dedicati alla comunicazione sono descritti anche nei poemi omerici. Le prime segnalazioni erano effettuate utilizzando nelle ore diurne il fumo o il bagliore degli specchi, durante la notte le torce o i falò; le postazioni fisse divennero i primi fari. A Ponza e Palmarola in epoca romana furono piazzati per motivi strategici stazioni di avvistamento e segnalazione che si rivelarono utili soprattutto fino ai primi decenni dell’epoca imperiale, momento in cui con la “pax augustea”  si affermò la potenza di Roma su tutto il Mediterraneo. Un faro fu presumibilmente edificato, in questo periodo, sull’estremità del Faraglione della Madonna che all’epoca era ancora un promontorio collegato parzialmente alla collina su cui sorgeva la villa imperiale.

Successivamente, nell’alto Medio Evo, furono costruite postazioni utili per l’avvistamento delle navi saracene che si avvicinavano pericolosamente alle nostre coste: spesso si trattava di torri e le comunicazioni avvenivano sempre con il medesimo sistema di fumi o specchi. Con questa finalità furono  edificate, a partire dal XVI secolo,  delle torri o comunque delle postazioni sulle nostre isole. Il monte Guardia, come si evince da un’antica carta, era indicato nel Cinquecento con questo toponimo proprio per la presenza di una “guardiola”; similmente sul monte Core era posta la “Guardia Moresca” e sulla collina della Rotonda una piccola “guardiola” era la sentinella del porto.  Nell’edificio del vecchio semaforo è ancora visibile la struttura di un’antica torre quadrata costruita probabilmente tra il 1600- 1700. In alto sulle pareti esterne sono  presenti gli antichi gattoni in pietra lavica che sostengono delle lastre dello stesso materiale e, poco più in alto al posto dello sconcio muretto in foratini è facile immaginare delle merlature o un parapetto. Ad un livello più basso, sul lato meridionale della torre, è apprezzabile una cornice in pietra grigia che contornava  il piano inferiore e che fu ripresa nel motivo in muratura della costruzione successiva.

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Nell’interno è il percorso di una scala elicoidale con i gradini in pietra e sulla facciata del lato meridionale una piccola finestra rastremata verso l’interno rivestita di mattoni che ricalcano il contorno del modello più antico; la scala non è però quella originale in quanto parte degli interni e dei solai originali dovevano essere in legno, così come si desume da alcune tracce conservate nella muratura. Tutto ciò è quanto di più antico emerge dai numerosi rimaneggiamenti, dalle superfetazioni e dalle cortine in mattoni che in epoche successive hanno coperto ed alterato gran parte della struttura originale.

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L’edificio intorno alla torre fu edificato nell’Ottocento probabilmente in epoca post-unitaria anche se sicuramente in epoca borbonica era già funzionante la postazione semaforica; in effetti nella cartografia dello Smith (1815) sul monte Guardia è indicato il “telegraph”.

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Il termine “telegrafo” nasce già prima della scoperta di Marconi e significa “scrivere lontano”, mentre “semaforo” indica chiaramente “trasmettere segni”. Il sistema di trasmissione ottica fu ideato dal francese Charle Chappe che nel 1792 propose il primo modello di comunicazione a distanza utilizzando un palo con delle barre che poi furono sostituite da sagome. In questo modo si comunicava attraverso dei simboli che venivano percepiti a distanza con un cannocchiale. Il sistema del “telegrafo ottico o semaforico” ulteriormente modificato e perfezionato si diffuse dapprima in Francia e poi in tutta l’Europa.

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L’impiego principale del semaforo di Ponza come di tutti gli altri fu quello militare, tanto è vero che la loro amministrazione fu affidata alla Marina Militare, ma l’utilità si fece sentire anche per la marina mercantile. In epoca moderna il sistema semaforico fu potenziato dalla presenza del telegrafo, per cui le segnalazioni raccolte durante il passaggio delle navi venivano ritrasmesse velocemente con la radio. Durante il conflitto mondiale le segnalazioni dei semafori furono utili per non rivelarsi al nemico.

Nel 1859 venne deciso, con un decreto, di porre sul monte Guardia una “lanterna di primo grado di luci”, ma l’idea del progetto, non attuata in epoca borbonica, venne ripresa a fine secolo e portò alla realizzazione del faro della Guardia. In seguito è interessante ricordare che il sito fu scelto in un primo tempo da Guglielmo Marconi per effettuare l’esperimento dell’accensione delle luci di Sidney, ma poi preferì utilizzare la nave Elettra, ancorata nel golfo di Genova.

Durante la guerra il semaforo fu dotato di un sistema difensivo, come si desume dalla presenza di postazioni in cemento costruite intorno al perimetro. La struttura andò in disuso negli anni Cinquanta; attualmente è in totale rovina ed è molto pericoloso avventurarsi nel suo interno.

Intorno all’antica torre che si percepisce bene nella parte posteriore della costruzione sono stati edificati due piani. Il vano centrale posto di fronte all’ingresso introduce la scala elicoidale che porta al piano superiore ed alla torretta. Dalla stratificazione degli intonaci, dei mattoni e dei foratini si può immaginare che sono state eseguite per lo meno tre ristrutturazioni principali nel corso del tempo. È inoltre visibile, sebbene collassato all’interno, il palo centrale che sormontava la torretta: si tratta di un lungo albero che in origine sosteneva due braccia laterali, il tutto assicurato con dei tiranti in acciaio agganciati al terreno. La funzione di questa struttura, ritengo, oltre a richiamare simbolicamente il pennone di una nave (siamo in un edificio della Marina militare) poteva svolgere un importante ruolo sia nella trasmissione ottica sia nella trasmissione radar.

L’abbandono del semaforo di Ponza come di altre postazioni similari è dovuto ovviamente alla modernizzazione dei sistemi di trasmissione, ma bisogna considerare che una parte di questa cultura sopravvive nel codice di bandiere e di segnalazioni luminose che ancora oggi vengono utilizzate dalle navi.

Non è stato possibile, purtroppo, trovare documenti  sull’attività e sulle vicende del semaforo di Ponza.  L’ultimo testimone, Silvestro Amoruso che sposò una ponzese, Erminia Regine,  è venuto a mancare poco più di un anno fa: egli aveva la mansione di telegrafista ed esercitò la sua funzione per conto dell’Aeronautica militare negli anni Cinquanta, poco prima della chiusura. Le foto lo riprendono all’interno della struttura nel  Settembre dell’anno 1955.

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Vincenzo Bonifacio (Enzo)