Pagano Lino Catello (Lino)

Da Ponza alle Forna a piedi per San Silverio

di Lino Catello Pagano

In occasione della ricorrenza di San Silverio delle Forna – il 26 febbraio p.v. – volentieri pubblichiamo questo vivo ricordo di Lino Catello Pagano

 

Donna bellissima mia madre; aveva ventun’anni quando io venni al mondo. Aveva i capelli color del grano ed era soprannominata la Bionda, ma non è di lei che voglio parlare, bensì della sua comunicazione con noi figli: io sono il primo, dopo di me mia sorella, 9 anni di differenza, poi mio fratello, 11 anni di differenza.

Lei mi leggeva sempre qualcosa, quando riusciva a trovare i libri; avevo circa sei anni quando le fecero dono di un libro scritto da Don Luigi Dies, Da Frosinone a Ponza. Per lei era un oggetto prezioso, un libro così; le venne regalato da sua cugina Luisa Migliaccio che abitava a Chiaia di Luna; erano vicine di casa.

Insieme a quello, ebbe in dono un libro per me: Il Gatto con gli stivali. Mia madre ritornò a casa volando, tra la felicità e l’eccitazione, per quei due libri.

Eravamo ai primi di febbraio del 54 e mi raccontò della festa che a giorni si sarebbe fatta alle Forna, la festa di San Silverio che si svolge nell’ultima domenica di febbraio. Io bambino le domandavo perché abbiamo due San Silverio, e lei con santa pazienza mi spiegava il significato di quella tradizione; mi diceva quella era la Festa fatta apposta per tutti i pescatori che dovevano partire per la pesca alle aragoste, e che non sarebbero stati presenti per il 20 giugno, alla Festa grande dell’isola.

Quell’anno mio nonno decise di portarmi alle Forna da un suo cugino, Zi’ Biagio e Zi’ Concetta Rivieccio; abitavano quasi vicino al Fortino, ci si arrivava da ‘ncopp ’a chiana (poi tempo dopo quella casa sparì, mangiata dalla Miniera).

La vigilia della Festa mio nonno insieme a mia mamma mi dissero che sarei andato assieme al nonno alle Forna;  mi facero alzare alle 5 del mattino e tutto imbacuccato ci incamminammo per le stradine che partivano da sopra Chiaia di Luna e attraversavano ’a padura; ci inoltrammo per la stradina che porta sopra la punta, e di là si scende giù fino a Giancos.

E poi su, sopra Giancos con discesa nei viottoli che portano a Santa Maria prima, e poi ai Conti. Il viaggio era appena cominciato, ma arrivato ai Conti i miei poveri piedi erano già belli che andati: avevo solo 5 anni e due mesi, ne avrei compiuti 6 a dicembre. Per farla breve ero stanchissimo, invece mio nonno era come un treno in corsa, testa bassa e via. Quando si accorse che perdevo il ritmo e l’andatura mi prese a cavalcioni sulle sue spalle e andammo spediti. Era un gigante  buono, Boffacazone.

Arrivammo nel tardo pomeriggio. Ci fermammo un sacco di volte, facemmo colazione al sacco; la nonna aveva preparato lo zaino delle merende, acqua di piscina in una bottiglia con tappo a pressione, pane e frittata, e per il nonno vino. Arrivati a destinazione fummo accolti con festante gioia; era la prima volta che andavo alle Forna. Baci abbracci, io ero perso; sarei voluto ritornare a casa mia, ma il nonno mi rassicurava… Zia Concetta era cugina di primo grado con mio nonno, la sera preparò una cena ricchissima, mi piacque tanto, mi rilassai e cominciava a piacermi, stare alle Forna.

Il giorno dopo iniziò la festa. La mattina andammo tutti a Messa, alla prima, perché dopo dovevano preparare il pranzo che in parte veniva portato dai figli della zia.

Feci conoscenza con tutta la famiglia Rivieccio, si mangiò come non mai; quello che succede quando c’è una festa a Ponza, si fanno sempre le grandi abbuffate: assaggia questo… ti dò un pochino di quest’altro… ma lo devi solo assaggiare, vedi che ci ritorni…

Eravamo pieni fino all’orlo, ma i grandi sembrava che non avessero fondo, tra vino e teglie di lasagne; si placarono solo quando era quasi ora di recarsi di nuovo in chiesa per la Processione.

Tutti i pescatori di Ponza erano lì pronti, ed erano tantissimi! Si sentiva il calore della festa, si pregava e cantava all’unisono; anche mio nonno, che non avevo mai sentito cantare l’inno a San Silverio, cantava a squarciagola ed io ammirato per quella spontanea fede nella figura del Santo. Uscita la Processione, il nonno per paura della calca di gente mi caricò sulle sue spalle e mi portò a cavalcioni per tutto il percorso della Processione, Calacaparra e ritorno in Chiesa. Sfinito, al ritorno a casa chiesi di andare a letto e la mattina dopo mi svegliai presto: si doveva fare ritorno a casa. Per mio nonno era acqua fresca ritornare a Ponza a piedi; era tanto abituato che non sentiva nessuna stanchezza nelle gambe. Lui faceva tutti i giorni dell’anno Chiaia di Luna – Fieno e ritorno senza nessun problema. Poi da più grande l’avrei fatta anche io parecchie volte e mi piaceva tantissimo; se dovessi farlo ora sarei un uomo morto.

Riprendiamo il discorso, dovevamo rifare la strada dalle Forna fino a Ponza; salutammo gli zii promettendoci di rivederci a Ponza per la festa grande di San Silverio e riprendemmo con calma la via del ritorno. Arrivammo sul Campo Inglese, attraversammo i campi dove ora c’è la villa le Tortore e ci trovammo giù per la discesa del campo in un attimo, all’altezza dove si trova Padre Pio ci sedemmo guardando Frontone e facemmo colazione. La zia aveva preparato delle uova sode e del formaggio, l’acqua era sempre d’a piscin’ ed era per me; per mio nonno c’era un bel fiasco di vino. Mangiammo con calma e ci riposammo, per un po’ restammo lì ad ammirare il paesaggio in silenzio, facemmo la stessa strada dell’andata, ma questa volta scendemmo da sopra Giancos e passammo per la strade normale sotto il tunnel di Sant’Antonio.

Provavo una sensazione come se fossi stato lontano dall’isola ed ero andato solo per tre giorni alle Forna. Arrivati a casa, mia nonna e mia mamma mi abbracciarono come il figliol prodigo, come se non mi vedessero da mesi, mentre erano solo tre giorni. Mia nonna preparò l’acqua per farmi il bagno, diceva che puzzavo, presero la tinozza, u’ cufenature dove si faceva il bucato, riempito fino in cima ed io che sguazzavo dentro, l’acqua che bolliva sul  focolare a legna.

Poi negli anni successivi andavo alle Forna con tutti i miei amici ai matrimoni, anche senza essere invitati; ci si presentava e ci accoglievano a braccia aperte… più che altro le ragazzine di allora che come noi amavano ballare, e poi c’era la band di Mario Iozzi, Aniello Coppa, Nino Picicco, Luciano Gazotto, e Sem.

Sono stati loro a far da cornice musicale agli anni più belli vissuti a Ponza e con il cuore li ringrazio.

 

Lino Catello Pagano

1 Comment

1 Comment

  1. michelino

    29 Novembre 2012 at 23:53

    Lino, come al solito, sei meraviglioso nel raccontare il nostro passato.
    ” Ci sarà sempre una penna per scrivere il nostro futuro, ma non ci sarà mai una gomma per cancellare il nostro passato “.

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