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Ponza è un’isola (5)

[1]di Gino Usai

Come si fa ora ad uscire dal tunnel nel quale ci siamo cacciati? Esiste una possibilità di tornare indietro e imboccare nuove strade? Chi può aiutarci a percorrere la retta via?

Solo il buon Dio. E la letteratura.

La storia dei Malavoglia, per esempio, ci potrebbe essere di grande aiuto. Una storia che potrebbe esser letta come metafora di Ponza.

I Malavoglia di Verga erano una famiglia di pescatori di Aci Trezza che con il loro lavoro onesto e duro arrivarono a possedere una barca, la “Provvidenza”, e la casa del Nespolo.

Vivevano poveramente ma dignitosamente, sotto la guida ferma e severa del vecchio Padron ‘Ntoni, il quale diceva: “Per menare il remo bisogna che le cinque dita s’aiutino l’un l’altra”.

Diceva pure, “Gli uomini sono fatti come le dita della mano: il dito grosso deve fare da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo”.

Ed ancora: “Contentati di quel che t’ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante”

E con quest’antica morale guidava con mano sicura la sua numerosa famiglia, composta dal figlio Bastianazzo e da cinque nipoti che vivevano uniti nella casa del Nespolo.

Tutto funziona, tutto va bene, tutto è immobile e sereno. Poi, un giorno, nella testa dei  Malavoglia s’insinua il tarlo del “progresso”. I Malavoglia s’accorgono che non stanno male ma che potrebbero star meglio. Così tentano di fare profitto dal commercio  e comprano a credito un carico di lupini da smerciare nel paese. Ma la “Provvidenza” che lo trasporta naufraga e Bastianazzo muore. Per ripagare il carico dei lupini i Malavoglia sono costretti a vendere la casa del Nespolo. Padron ‘Ntoni muore e per la famiglia inizia una lunga serie di sventure che la porterà alla completa disintegrazione. ‘Ntoni, il più grande dei nipoti, dopo aver fatto il militare e scoperto le mirabolanti attrattive del Continente e del progresso, non è più disposto a fare il pescatore: sceglie la via dell’illegalità e del contrabbando  e finisce in galera. A seguire anche gli altri nipoti fanno una brutta fine e si perdono. Solo Alessi, il più giovane dei fratelli, resta saldo al suo posto e con onestà e abnegazione, sulle orme del nonno, risale la china riscattando la casa del Nespolo e restituendo l’onore perduto alla famiglia Malavoglia.

E’ dunque Alessi a ristabilire l’antico equilibrio e la sana morale della famiglia, su regole antiche e certe. E’ la cosiddetta filosofia dell’ostrica. L’ostrica è un mollusco che vive la sua naturale condizione attaccata allo scoglio; se  tentasse di mutare questo suo stato  nuotando in mare aperto, verrebbe inesorabilmente divorata dai predatori. Così gli uomini.

La critica letteraria (quella marxista e quella liberista, che hanno in comune l’avversità alla tradizione) ha definito questa teoria di Verga reazionaria. Giudizio sbrigativo e superficiale. Ideologico.

In realtà Verga ci vuole dire che tutti gli uomini, in tutti i tempi, cercano di migliorare le proprie condizioni economiche e questo tentativo è alla base del progresso. Ma a prescindere dagli esiti del tentativo, la ricerca della ricchezza ha sempre esiti disastrosi. Non può essere altrimenti perché per avere successo, inesorabilmente, l’uomo deve rinunciare ai propri affetti e sacrificare all’interesse personale qualsiasi sentimento di umanità e di solidarietà.

E’ difficile dire che non sia così, ancora oggi.

Anche a Ponza in tanti hanno sacrificato i sentimenti di umanità, di solidarietà e di bene comune, all’interesse strettamente personale.

Scrive Benedetto XVI in “Caritas in Veritate”:

“L’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. Pertanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione.

(…) Il mercato non è, e non deve perciò diventare, di per sé il luogo della sopraffazione  del forte sul debole.”

Forse è giunto il momento di seguire i buoni consigli e riappropriarsi di un po’ di umanità per tentare di ricostruire un sano tessuto sociale.

(Continua)

Gino Usai