Racconti

Pazziell’ i’ criature e altro… (3)

di Pasquale Scarpati

Per l’articolo precedente: leggi qui

Ma il luogo dove noi ‘ci sfreniamo’, come dice mamma, è Sant’Antonio con il suo piazzale bello, largo:  non esiste, penso, al mondo una piazza più grande e più bella di questa. Le bambine si ritagliano un cantuccio in fondo o giocano di fronte a ’u ciardine. Disegnano a terra la campana ed usano le crastule.

Che cosa si fa?

La prima luna monta!

I primi due vengono a da’ ’nguolle (a dare addosso, una sorta di acchiapperella in cui due sono le persone che inseguono gli altri. La persona toccata deve stare ferma e viene controllata da uno dei due perché qualora viene toccata da uno libero anch’essa si libera). Si definiscono i limiti, si fa la conta, si spera che possa capitare un certo compagno. Io sono molto affiatato con Salvatore (quando c’è) o con Luigino.

Si gioca a nasconne (a nascondino: discussioni e litigi prima e dopo. Prima per definire le regole, dopo perché non si vuole ammettere la sconfitta).

Giochiamo ai quatt’ cantùn’, allo schiaffo del soldato, a ruba fazzoletto o rubba bbandiera (si formano due squadre, uno di noi si mette equidistante dalle squadre e mantiene per un capo un fazzoletto o una pezza qualsiasi. A turno uno per ogni squadra contemporaneamente si avvicina al fazzoletto e tenta velocemente di afferrarlo e portarlo nei suoi limiti senza però essere toccato né nel momento in cui afferra il fazzoletto né prima che arrivi presso la sua squadra).

Qualche volta ci mescoliamo, in modo non del tutto disinteressato, alle bambine (Luciettina, Maria Assunta, Rosanna sorella di Salvatore, l’altra Rosanna, Teresa, Maria Cristina, Iolanda che non è di Ponza, Maria Paola, Carla la figlia di Benedetto dei pullman) che giocano alle belle statuine o alla campana o vanno cantilenando Vengo da Gerusalemme.., Regina, reginella…

Oppure saltano facendo roteare una corda racimolata chissà dove. Aspettiamo che incomincino a litigare perché qualcuna non ha rispettato le regole: ha riso ed invece non doveva, oppure ha iniziato la risposta con il vietato “perché”, per poter anche noi far confusione o scimmiottarle.

Abbiamo le figurine dei giocatori? …Si discute innanzitutto quante  metterne insieme e poi come bisogna piegarle se a barchetta o a culla. Bisogna battere col palmo della mano al loro fianco, rigorosamente senza toccarle, in modo che devono essere ribaltate soltanto dallo spostamento d’aria (guai a fare i furbi!). Si vincono tutte quelle che si riesce a far ribaltare (le mani diventano rosso fuoco ed ovviamente, come sempre, si litiga ancor più anche venendo alle mani o scagliando qualche corpo contundente, perché costano).

Ogni periodo dell’anno ha il suo gioco.

D’estate o in primavera facciamo i salti dal muro giù sulla spiaggia di S. Antonio (lussazione), corriamo sulla spiaggia (scaglie di vetro nei piedi e conseguente operazione casareccia: mi tengono fermo sul tavolo della sala da pranzo mentre il dottor Coppa, accompagnato dal suo inseparabile “amico dell’uomo”, me le toglie ad una ad una; così salta il mese di luglio: addio bagni); raccogliamo palline di pietra pomice e costruiamo la gincana sulla spiaggia: una sorta di labirinto ad ostacoli. Bisogna dare tre colpi alla pallina e cercare di sopravanzare gli altri, poi ad un certo punto si deve far saltare la pallina in modo che possa andare nell’altro canale altrimenti, se esce, si ritorna indietro; se invece cade nel canale sottostante, si deve rifare un percorso già fatto. Vince chi arriva per primo nella buca finale. Le palline di pietra pomice raramente sono sostituite dalle biglie di vetro, più belle perché più colorate e dai contorni regolari, ma più pesanti e soprattutto costose. Alla fine dell’inverno costruiamo eliche di latta, le fermiamo con un chiodo su un pezzo di legno e poi corriamo facendole girare per sentire vibrare la mano (pale eoliche ante litteram).

Tempo di nocciole? Si gioca a fare il castello da abbattere.

Qualcuno riesce a recuperare un vecchio cerchione e lo fa rotolare, correndo, mantenendolo in equilibrio con un pezzo di ferro ricurvo. Qualcun altro ha un monopattino. Io possiedo una bicicletta, molto più grande rispetto alla mia età. Ha quattro ruote: due più grandi e due più piccole ancorate alla ruota posteriore, che verranno tolte quando sarò in grado di stare in equilibrio su di essa. Vorrei uscire di continuo, ma mamma me lo vieta, sia perché teme che la bici si possa rompere sia perché teme che anche a me possa capitare la stessa cosa. Quando esco con la bici gli amici, schiamazzando, fanno a gara a correre al mio fianco e mi chiedono di provare l’ebbrezza del moto. Quando glielo concedo, difficilmente poi, posso prenderne di nuovo possesso. Ma ci piace soprattutto la carriola: aperta o chiusa, con le ruote di legno e soprattutto con le ruote a cuscinetto (formula uno). Si incomincia dalla sommità della discesa che porta a ’u’ruttone di S. Antonio e si spinge l’amico che ci si è rannicchiato dentro. Se si inceppano o si spezzano le cordicelle che guidano la carriola, si rischia di andare a sbattere contro il muro o contro le assi sconnesse delle porte che chiudono i locali maleodoranti che si trovano dint’ ’u ’ruttone.

Ci si diverte, si litiga e si fa pace, si ritorna amici e, alla fine della giornata, ognuno ritorna a casa propria con le proprie… conseguenze, ma il giorno dopo di nuovo insieme!

Usiamo poco il pallone: quello di cuoio è troppo pesante e troppo costoso, l’altro è meno costoso ma molto più leggero e così, o viene deviato dal vento oppure, peggio ancora, facilmente potrebbe bucarsi vanificando la nostra colletta.

Ma il massimo sforzo lo facciamo durante la festa di San Silverio. Arrivano le bancarelle con le ultime novità: pistole ad acqua. Mamma contrarissima (indosso il vestito della festa), zia Malvina accondiscendente, io promettente: “non farò nulla”. Corso Carlo Pisacane è pavesato a festa (’a murtella con le bandierine); all’imbrunire, folla delle grandi occasioni, amici che tranquillamente giocano con l’ultima novità; rubinetto dell’acqua  attaccato al muro, nei pressi della piazza vicino al municipio. Passando lì vicino, la  mia pistola, come per incanto, si riempie d’acqua e io… mi bagno. Con il vestito inzuppato mi ritrovo sotto il palco; in quel momento si esibisce una cantante. Siccome ho preso freddo e grondo acqua dalla testa ai piedi, a mia madre non resta che riscaldarmi.

Gara di bici tra me e Peppe. Arrivati a ’u ’ruttone di Ciancos, provenendo da Sant’Antonio, sbaglio la curva in entrata: prima struscio contro il muro, poi giù per terra a braccia aperte. Per fortuna non esistono, o quasi, veicoli a motore! Sanguinante, torno a casa e mia madre mi dà il resto, anche perché è nervosa e stanca per aver appena finito di fare ’a culata. Forse avrei avuto bisogno di qualche punto di sutura.

D’estate il nostro regno si sposta, ma non di molto: è ubicato nel vicino mare: u’  summariello di Sant’Antonio dove l’acqua, essendo bassa, ci permette di fare tranquillamente i bagni…

 

Pasquale Scarpati

[Pazziell’ i’ criature e oltre… (3) – Fine]

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