di Antonio De Luca
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Un altro libro di Izzo è ‘Aglio, Menta e Basilico’ con una intensa presentazione di Massimo Carlotto. Questo libro lo porto spesso nei miei viaggi, insieme a quello di Josè Saramago L’anno della morte di Ricardo Reis e Breviario Mediterraneo di Matvejevic.
L’Estaque (nella foto) è un quartiere di Marsiglia – situato nel 16° arrondissement, all’estremità nord-ovest della città, tra mare e collina – che include un piccolo porto. La parola provenzale estaco che gli ha dato il nome significa attracco o anello di ammaraggio o anche porto.
Il libro di Izzo è tutto su Marsiglia: raccoglie alcuni inediti e altri scritti dal volume Marseille edito finora solo in Francia con immagini di Daniel Mordzinski e testi suoi. Oltre al grande amore per la città, qui Izzo rivela la sua passione politica e il racconto non perde mai quel faro della cultura solidale, maturata negli anni dell’infanzia; ma dobbiamo dire che è stata la sua famiglia a educarlo a questa grande laica religiosità e al rispetto per tutte le anime, soprattutto per i sofferenti, les déshérité, avventurieri, puttane, marinai sfortunati e solitari; tutti quelli che non hanno niente se non un barlume di speranza e a volte neanche più quello. Izzo, da ateo qual’era, a mio avviso porta il concetto di abbraccio universale ai livelli del cristianesimo delle origini; lui, da ateo, alla più alta vetta che la mente possa concepire.
A nord del Vieux Port si trova il Panier, quartiere popolare caratterizzato da strade strette, vicoli, scale, piazze contornate da chiese barocche e facciate colorate. È quello che resta dei quartieri antichi di Marsiglia, dopo la grande evacuazione e la distruzione attuata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Appollaiato su butte des Moulins, il Panier è la sola zona di Marsiglia ad avere conservato un tessuto medievale con strade strette e sinuose e case arroccate su diversi livelli.
Per secoli il Panier è stato rifugio di marinai e immigrati, e ancora oggi si presenta come un affascinante mosaico culturale. Calabresi, corsi e napoletani (tra cui i ponzesi), vi si installano a partire dal 19°secolo. Più recentemente la zona attira migranti dal Nord Africa, dal Vietnam, dalle Comore.
A Marsiglia venivano nel dopoguerra i miei nonni, entrambi (ciascuno per proprio conto) proprietari di bastimenti – i’ ‘mbrucchielle – adattate per il trasporto delle aragoste vive tra La Galite, dove i marinai ponzesi avevano una base e le pescavano, e il grande mercato ittico della città francese, che era il luogo di smercio.
Nelle due foto qui sopra sono riportati il fronte e il retro di una cartolina che il mio nonno materno Cristoforo Mazzella ‘Kaisèr’ (per i baffoni che portava) inviò da Marsiglia alla famiglia a Ponza (c’erano dei fotografi, sul porto, che scattavano le foto alle navi che entravano in rada e poi le vendevano ai marinai, sicuri che le avrebbero comprate). Il bastimento era la Ss. Maria (Maria G., per distinguerla dalle altre ‘Marie’, che era un nome molto diffuso per le barche, all’epoca).
L’altro mio nonno, Antonio De Luca senior, aveva anche lui un bastimento – la Ss. Maria della Salvazione – che faceva in un primo tempo lo stesso trasporto delle aragoste (poi fu riadattata a nave da carico). Il glorioso bastimento trovò la sua fine nel 1956, nei cantieri Parisi di Santamaria, demolita con le sue proprie mani da uno dei figli di Antonio (e mio zio) Aniello.
Era la fine di un’epoca eroica per la navigazione dei ponzesi.
Di Marsiglia mi parlava anche mia madre Argìa, cui insieme a Dialma (Dialmina) e a Luigi (Ninotto), gli altri figli, è indirizzata la cartolina). Ho chiesto qualche volta il perché di questi strani nomi. Spesso i naviganti ponzesi tornavano dai loro viaggi con dei nome esotici che erano rimasti loro in testa da paesi visitati, da personaggi incontrati. Argìa è di derivazione greca, appunto, ma a Ponza non si era mai sentito. Quando mia madre dovette fare la Cresima, c’erano Don Gennaro e il Vescovo venuto per l’occasione a Ponza. Il Vescovo, che non conosceva quel nome la chiamò ‘Àrgia’… al che don Gennaro timidamente provò a suggerire: Argìa, reverendo… Argìa. Ma il Vescovo lo guardò severamente e lui non insistette. Come risultatato, mia madre fu cresimata con nome di Maria Àrgia!
Da ragazzina mia madre era stata mandata a Marsiglia da certi parenti. All’inizio non sapeva la lingua e le davano un biglietto per fare la spesa. Doveva comprare del pane e il negozio era facile da identificare, dalla vetrina con le baguettes in mostra: ma una volta entrata, cercava di leggere dal suo biglietto, e non era facile. Il proprietario se ne accorse e le chiese: – Signuri’ ‘i ddo site? – E alla risposta di mia madre le disse: …E datemill’ a mme’ stu’ bigliette… Ie song’ ‘i Napule!
Nel libro di cui stiamo parlando – che tutti questi ricordi ha fatto riaffiorare – Izzo parla anche dei suoi viaggi attraverso il Mediterraneo, città e isole; ne fa un unico linguaggio, un unico atto d’amore; una fonte di possibile felicità e un piacere da vivere. Egli da Marsiglia guarda il mondo come Pessoa lo guardava da Lisbona Anche noi dal nostro piccolo guardiamo il mondo, ma loro, i grandi, al loro mondo non mettono confini perché danno al mondo un’anima e un pensiero. Al di là dell’orizzonte, Izzo ha il piacere di assaporare il mondo intero. Nel libro si trovano interessanti rimandi ad Albert Camus e alla tragedia greca con approfondite argomentazioni attuali sulle attuali tragedie mediterranee. Ma Marsiglia è al centro del suo cuore, la porta dell’esilio mediterraneo, dove il pane, un pezzo di pane – e qui il grande Matvejevic’ fa scuola – è da dividere con tutti. Dice Izzo: – “…se Parigi è un attrazione, Marsiglia è un passaporto – …e non ha bisogno l’anima anch’essa di un passaporto per guardare altrove? Egli fa della città la sua morale, la porta aperta sul mondo sugli altri, una porta che deve rimanere sempre aperta.
Il libro poi è anche un luogo di sapori e ricordi. Chi di noi non ha nel suo immaginario i profumi e gli odori di viaggi nella propria esistenza? Torniamo agli odori di cucinato che sentivamo nei ritorni da scuola tra i vicoli e le case; intorno a quelle tavole nascevano sentimenti e amicizie, dignità e amore. I profumi danno personalità alle case, alle famiglie e ne fanno storia e letteratura.
Izzo dice che quando viaggia, la prima cosa che fa va nei mercati per sentire il luogo la città, e questi mercati hanno il sapore di tutto il mondo. Quando stavo a Buenos Aires la domenica la nonna di Jael mi faceva il ragù con le braciole e la parmigiana, mi sedevo a tavola come se stessi a Napoli in una famiglia allargata. Jael sapeva come farsi amare e conosceva il magico filtro dell’amore.
Louis Brauquier nei Cahiers du Sud, che Izzo cita, dice: – “Si rimescolino le nostre rive ancora e sempre e non abbiano frontiere” – …e questo è uno dei tanti messaggi della letteratura di Jean-Claude Izzo.
Marsiglia si sa dare a chi sa amarla; Marsiglia è un mito e solo questo c’è da sposare. L’autore va nel vecchio quartiere del Panier, sente palpitare il cuore della città, della sua città, come davanti ad una donna di cui si è innamorati per sempre. Il Panier che parla le lingue del mondo, le lingue degli esili, qui Izzo ci lascia la sua universale testimonianza, ancora una volta citando Camus esule ad Algeri: – “Sono spesso amori segreti quelli che dividiamo con una città”.
E ancora, lo stesso Izzo ci dice che più si va in fondo alle cose e più la differenza tra felicità e infelicità si attenua. Per lui questo accade quando beve il suo bicchiere di vino e si perde nella sua Marsiglia tra osterie, musica Jazz, odori e immancabili, gli occhi delle sue donne; che poi sono tutte le donne di questo Mediterraneo.
E non sono gli occhi e le bocche dell’amore le porte del mondo?
Grazie Jean-Claude.
Antonio De Luca