Attualità

Le zampogne, la lyra calabrese e… il filo della memoria

 

di Mario Balzano   

Maranola, per chi tra i nostri lettori non la conoscesse, è un paesino ben tenuto sulle colline dietro Formia; per capirci, dal traghetto che sta entrando nel porto di Formia, la si localizza per la sua torre, in alto a destra.
A Maranola, ogni anno si svolge il Festival della Zampogna, ideato e coordinato da Ambrogio Sparagna e Erasmo Treglia.
Anche quest’anno, come d’abitudine, vi ho partecipato, in qualità di curioso delle tradizioni popolari, e ancora una volta mi sono trovato a contatto con cultori e appassionati che impiegano parte del loro tempo a riesumare antichi strumenti, ricette d’altri tempi e riti quasi dimenticati.

Sono convinti di essere degli storici e non dei nostalgici… E hanno ragione!
Esistono delle discipline universitarie per questo genere di cose e si chiamano antropologia, storia delle tradizioni popolari, etnomusicologia etc.
Trasferendo quello che ho visto e sentito, dalla atmosfera del Festival della Zampogna ad un altro contesto, ho rinforzato il convincimento che questa stessa impostazione si può applicare al recupero della memoria e delle tradizioni che è uno degli obbiettivi di ponzaracconta . Così da questo paese sulle colline di Formia il dubbio che il nostro sito rischi di diventare una raccolta di muffa, svanisce come nebbia al vento.

In una delle edizioni passate del Festival un etnomusicologo e musicista di strumenti popolari, Ettore Castagna, tenne una dotta e al tempo stesso appassionata relazione su un piccolo e a me quasi sconosciuto strumento popolare, chiamato lyra calabrese, che ancora oggi, in Calabria, viene suonata insieme ad altri strumenti tradizionali, nelle feste di paese. In associazione a questo strumento, che arriva in Calabria con le immigrazioni dal medio Oriente tra l’alto e basso medioevo, il relatore evocava masse di uomini che si muovevano, si insediavano, si mischiavano con le popolazioni locali scambiando geni e tradizioni.
Che sorpresa! …Dietro uno strumento così insignificante all’apparenza, una intera umanità!
Bene, la lyra calabrese a metà ottocento con il nome di lira barberina è presente anche a Ponza.

 

Leggere, per credere, la monografia di Tricoli,che scriveva nel 1855-59 [pag. 247 dell’edizione a cura di Riccardo Navone edita da “Ultima spiaggia” – NdR], che così riferisce:

“Lira. Meglio detto la barberina, è un disco ricavato da un pezzo di duro legno in forma ovale il corpo, assimilandosi al guscio della tartaruga terrestre, avendo il manico senza la tastatura, e forma un piano orizzontale col coperchio di legno abeto, in uno la lunghezza è di circa un palmo e mezzo, con le due intagliate esse di luce e lo scannetto come il violino. A tre corde di budella come terza di questo, ed attaccate ad un bottone nell’estremo inferiore del guscio, pel cennato scannetto sono distese ed affidate ai piroli, e senza altro appoggio. Esse ricevono modificazioni per essere toccate dalle unghie della mano sinistra che vi tasta prossimo ai pischeri, mentre con l’altra vi si strisce la ciocca de’ crini tesi dalla forza dell’archetto, confrigati sulla pece-greca; ma il corpo dello strumento si stringe fra le gambe, portando ad appoggiare l’estremo del manico sul ventricolo del lirista. Da esso liredìa si à aspra musica, mancando essa di varietà e melodia, e può dirsi una vera cacofonia, sebbene vi ci cantano e ballano ad un tuono monotono”.


Ma come c’è arrivata la lyra a Ponza?
Non lo sappiamo, ma lo intuiamo. E magari ci vien voglia di chiedere ai nostri anziani per poi non saper di nuovo niente di più della lyra, ma attraverso quell’incredibile strumento del ‘filo della memoria’, venire a sapere di tante altre cose, di altri racconti, altre storie.

Un esempio di come si riscostruiscono pezzi di memoria è dato dalla sequenza che vi propongo e che ogni lettore potrà riscoprire nelle pagine del sito, a partire da un messaggio di Maria Cristina Coppa – la sua lettera è del 25 /7/2011 – che ricorda la colonia marina a Ponza (leggi qui); tutti i commenti successivi sono riportati di seguito al suo pezzo iniziale.

Nella lettera si accenna ad alcuni versi della canzoncina che le orfanelle cantavano nell’ultimo giorno di vacanza.
Risponde alla lettera Franco De Luca, ricordando a metà un’altra canzone; poi Carmela Argiero, una  delle bambine, che ci dipinge un buffo ritratto di ‘Mazzone’ bagnino. Riprende Cristina, completando  la canzoncina iniziata da Franco; Lino Pagano ricorda ancora altre storie ; poi Anna Maria Usai completa le due canzoncine, una delle quali con versione leggermente diversa, e infine Isidoro Feola ricorda ancora dell’altro.
Mi pare di aver evidenziato una sequenza felice di memoria circa un avvenimento passato, quasi un work-in-progress di come si ricostruisce una storia …Ecco questo è il nostro sito!
Forse i fili sparsi dei ricordi che spontaneamente appaiono nel sito andrebbero ripresi con più solerzia – dal sottoscritto in primis, e dalla Redazione – e riannodati…

Beh! poco male, abbiamo solo un anno di vita e faremo in tempo a correggerci.

 

Mario Balzano

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