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Fuga a Marrakech (pensando a Pedro Solinas)

[1]

di Antonio De Luca

 

Cammino strisciando tra i tortuosi muri ocra

delle strette stradine di Marrakech

le città vecchie voglio che mi sporchino

Marsiglia Istanbul Beirut Lisbona Napoli

trascino la giacca e il corpo del caos

e gli altri me senza nome

Sguardi  di dignitari silenzi e l’amore del bello

voci dell’altrove umano a te dovute

pure ed essenziali senza tempo

sporcarmi è lasciare tracce e ombre

la geografia dell’appartenenza è qui.

Bambini in bianchi grembiuli incontro

scanso carretti e panettieri e la decadenza

di tutto mi porto nei miei visionari viaggi.

Volgo gli spigoli rossi screpolati dalle vicende

i sacerdoti del deserto declamano salmi

forse dio mi ha abbandonato dico e penso

ma questi dei ormai non mi appartengono

non posso non essere un anarchico

la religiosità è solo l’architettura di un assoluto.

Mamme in attesa e vecchi col rosario tra le dita

come quel nonno mediterraneo sul porto,

assistono alla corsa del forestiero vagante.

Vagante fuggiasco intruso già da sempre

la felicità me la devo inventare .

Cammino di svelta surrealista devo resistere

come a Parigi i poeti della notte alla follia

come Ulisse nel giorno della vendetta a palazzo

ogni casa altre case il labirinto

la mia avanguardia estetica.

Gli odori delle zagare per la città mi seguono

nella luce d’Africa tra tetti più su sempre più su

è a sud di tutto che mi disseto, e mi innamoro

dove non vedo, avanzo perpetuo Caino

in scritture e immagini porti e mercati mi perdo

devo perdermi per arrivare

Eccomi allora ritrovato rasente muri di luoghi che mangio

ognuno di me tra profumi di rose e ambra

sta separato sul mondo e l’anima che si rifiuta,

franco tiratore solitario una voce mi assale

è la voce che devo a te dicono a Madrid

la voce primitiva incessante che mi porto addosso

l’argilla dove dentro mi fondo per vivere.

La poesia non ha una fine, è solo una sponda

ogni punto non è che una voce della strada

l’ultima

il tempo di pensare che tutto è possibile

(sono stanco ritorno da Khadija)

 

Antonio De Luca

[2]

[3]

Sostiene Sandro…

Non è indispensabile conoscere Antonio De Luca per apprezzare le sue poesie …ma aiuta! …Ad avere una trama per “immagini, suoni e figura umana” delle sue peregrinazioni per le città del mondo. A Marrakesh, Marocco – dove ci trasporta e ci fa perdere, stavolta, negli stretti vicoli affollati di gente – seguiamo i suoi diversi sé attraverso le distrazioni dei suoi occhi, tracce di odori, grida di ragazzini.

Ora è l’uomo – occidentale, per destino ineluttabile – sperduto in un incomprensibile Oriente. E il ‘Mediterraneo’ del suo immaginario consola anche questa dicotomia.

Ora è il viaggiatore di città affollate, dove si perde ‘per ritrovarsi’; tra strade che da qualche parte porteranno: la sola certezza è che lui non sa dove, fieramente lontano dalle sicurezze che fanno comoda la vita.

Ecco l’esploratore dei mercati e dei profumi del ricordo, dell’odore di vecchie botteghe o della canapa imbevuta di trementina tra le mani del ‘calafàto’; alla ricerca del luogo da cui viene quell’odore di pane: c’è un forno di certo, nei paraggi… Ma capace presto di perdersi in uno sguardo di donna, specie se fuggitivo o celato, o mai guardato prima.

Si sta anche al fianco dell’amico, con sofferta partecipazione, chiedendogli di bere e fumare di meno. Poi si rinuncia, quando ci torna memoria una frase, letta qualche tempo fa e mai più dimenticata: – “…Ogni uomo è un poeta …Non si deve fare altro che mettergli una penna in mano. Ma non bisogna dimenticarsi, prima, di portargli via ogni possibilità di una vita normale…” [Da: “Il bastardo” (1998) di James Gabriel Berman].

Sandro Russo

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Sostiene Simone…

Antonio de Luca non racconta, sottrae. Pare che si diverta a togliere quello che servirebbe per capire. La sua eliminazione è tuttavia un’azione, dove alleggerisce mette un peso potente. Le sue parole sempre più si accostano, si sovrappongono. Sembra aver trovato una metrica più sicura. Sono quasi certo che questo avvenga a sua insaputa, agito dalla poesia, prima ancora che agente del verso. In lui albergano i mediterranei, mondi contigui capaci di dialogare in sabir, l’antico lessico di servizio dei porti. La sua poesia è il necessario sabir dell’uomo del Mediterraneo. Illanguidisce le membra, prepara il cuore, focalizza l’oggetto dei desideri. Impossibile, oggi, passare dalla vita disperata delle città al Mediterraneo senza essere passati al vaglio traduttore del sabir di Antonio De Luca. I suoi versi sono un’ouverture per la vita del mare.

Simone Perotti

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Sostiene Predrag

Grazie, tante grazie, caro Antonio.

Il “nonno mediterraneo sul porto” ha molto apprezzato le tue fatiche. Sono talentuose.

Un saluto affettuoso e complimenti

Predrag Matvejevic’

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