Ambiente e Natura

Palmarola nel secolo scorso (3)

di Mimma Califano

 

Per la puntata precedente (Le donne di Palmarola): leggi qui

 

Dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni ’60

 

Gli anni dal 1940 al 1945 sono stati molto duri per tutti e di conseguenza anche su Palmarola.

In apparenza la vita quotidiana continuava con i soliti ritmi di lavoro intenso, ma in sostanza non era più la stessa. La preoccupazione per chi aveva figli richiamati in guerra era costante; gli aerei militari di frequente rombavano nel cielo, rompendo il millenario silenzio isolano; la presenza  di una dozzina  di soldati ‘di stanza’ sull’isola ne aveva intaccato la magia. Tutto contribuiva  a tenere ben vivo in mente  cosa stava  succedendo.

Foto dei soldati stanziali su Palmarola nel periodo bellico

La vita sull’isola per quei militari arrivati da chissà quale lontano luogo della penisola era ben particolare, anche se aveva il vantaggio di tenere al riparo dai rischi del fronte. Erano alloggiati nel “Casino”, l’attuale casa ‘Fendi’;  montavano di  guardia su in alto ai Vricci, posizione  che permetteva  di controllare quasi tutta l’isola, anche se la stessa veniva poi anche pattugliata. Per loro il problema più grosso erano i rifornimenti alimentari, totalmente dipendenti dalle condizioni meteorologiche.

Avevano  scritto anche una canzoncina che spesso gli abitanti di Palmarola gli sentivano canticchiare :

Siamo giunti a Palmarola 
Siamo dodici soldati…
(…)
È salita una brutta bestia (il cattivo tempo)
La barca non si vede arrivar… 

I resti della garitta militare di osservazione (a sin. nella foto); a dx la ‘Forcina. Foto attuale

A proposito dei soldati si narra uno dei tanti miracoli di San Silverio [l’episodio mi è stato confermato sia da Salvatore Capone che dalla famiglia di Luigi Aversano che in quei giorni erano sull’isola – N.d.A.].

Erano diversi giorni che il mare grosso impediva l’arrivo dei rifornimenti. Anche gli abitanti di Palmarola avevano consumato tutte le scorte, perciò la situazione stava diventando tragica. Di mattina presto, uno dei soldati era salito a controllare le condizioni del mare dal versante di Ponza, sempre nella speranza che potessero arrivare i viveri. Dopo aver visto che il mare non era migliorato, il soldato stava ridiscendendo deluso, con la prospettiva di un altro giorno di digiuno, quando sul sentiero incontra un vecchio con una folta e lunga barba bianca ed un bastone.

Il vecchio lo rassicura. Gli dice: “Non ti preoccupare… in giornata il mare calma e la barca con i viveri arriva”.

Infatti nel giro di poco il mare si calma e dopo un po’ arrivano i rifornimenti. A quel punto il giovane soldato si preoccupa di andare a cercare il vecchio, pensando che anche lui avrà bisogno di cibo. Chiede ai commilitoni, agli abitanti, dove trovare il vecchio, ma nessun vecchio con la barba risulta presente sull’isola! Il mistero rimane.

Qualche tempo dopo il soldato si trova in Chiesa, a Ponza, e vede la statua di San Silverio. Immediatamente esclama: “È  lui! …è lui! …il vecchio che ho incontrato sul sentiero a Palmarola!”.

***

 

Ma la vera  tragedia della guerra, gli abitanti di Palmarola – e non solo – la vivono,  in tutta la sua portata, dopo l’armistizio.

Nei primi mesi del 1944, con lo sbarco di Anzio, nelle acque di Palmarola inizia il triste  recupero dei corpi di soldati americani portati dalle correnti marine. Sembra che siano stati almeno 5 o 6 i resti di soldati americani recuperati e portati a Ponza. Sono seppelliti frettolosamente nel Cimitero e traslati dai connazionali dopo la  fine della guerra. Nel suo libro, Silverio Corvisieri riferisce che la Capitaneria di Porto di Ponza incentivava  questi recuperi, pagando una certa cifra per ogni corpo strappato al mare.

D’altra parte lo sbarco di Anzio, se da una parte si presenta nella sua cruda realtà, dall’altra allevia la fame di chi si trova sull’isola più piccola, forse anche più che  a Ponza (furono qualche decina i morti per fame a Ponza in quei mesi).

U’ stracqu’ , che da sempre aveva contribuito alle necessità della vita quotidiana, in quei mesi si rivela addirittura provvidenziale. Interi contenitori con scatolette di cibo, vestiario ed ogni  sorta di oggetti sono rinvenuti sulle spiagge e nei dintorni dell’isola aiutando così la piccola comunità a sopravvivere.

Sempre nello stesso periodo – nel maggio del 1944 – Luigi Aversano e il cugino Vincenzo mentre pescano con la barca a remi a largo di Palmarola, dal lato di ponente – tra il faraglione di San Silverio e il faraglione di  Mezzogiorno – sentono delle invocazioni di aiuto. Il mare è calmo e sulla zona grava una fitta nebbia. Con non poche difficoltà riescono comunque  ad individuare i  naufraghi. Si tratta di due piloti tedeschi il cui aereo è caduto: hanno fatto in tempo a buttarsi in mare con addosso i giubbotti di salvataggio. I due piloti sono recuperati e, sempre a remi, da Palmarola portati a Ponza, dove le autorità ne organizzano il trasferimento in continente come prigionieri di guerra. I salvatori riferiscono di aver avuto la sensazione che il naufragio fosse voluto.

***

Finito il dramma della guerra, la vita sulla piccola isola riprende i suoi ritmi. Il miglioramento della condizioni di vita in generale porta qualche vantaggio anche per chi divide la sua esistenza tra le due isole; in particolare le prime barche a motore rendono più veloci e meno faticosi i trasferimenti da parte all’altra.

Gli anni ’60 rappresentano ultimo periodo in cui l’isola rimane abitata per buona parte dell’anno.

È ancora in gran parte coltivata, anche se l’età avanzata di molti degli storici abitanti dell’isola, comincia a farsi sentire.

Quegli anni si possono definire “l’epoca dei cacciatori”. Durante la primavera arrivano su Palmarola cacciatori da tutta Italia. Oltre ai ponzesi non è raro che ci siano anche altri 50/60 ospiti. Gli ultimi abitanti si organizzano per fornire loro, seppure in modo molto spartano, vitto e alloggio.

Cacciatori. Il primo a sin. è Salvatore Capone, che l’Autrice espressamente ringrazia per la disponibilità mostrata durante la preparazione di questa ricerca e per il reperimento di informazioni e foto

Sempre durante questo periodo Palmarola corre un serio rischio di speculazione edilizia. Di questo fatto scrivono sia Silverio Corviseri che la rivista “Ponza mia” (1965-’66). Una nota società alberghiera romana progetta di costruirvi un albergo di 50 stanze. La stessa cosa pretende di fare una sedicente “Associazione per la Fratellanza Universale” di vago sapore massonico. Per fortuna entrambi i tentativi falliscono. Il merito va soprattutto all’estrema parcellizzazione delle proprietà a Palmarola, dove intere famiglie – in parte anche emigrate in Nord e Sud america – sono proprietarie di minuscole particelle di poche centinaia di metri di terreno, estremamente difficili da acquisire per un progetto di vaste proporzioni.

Con gli anni ’70 la storia di Ponza e della sua isola satellite, Palmarola, prende la strada che oggi tutti conosciamo.

 

Mimma Califano

 

[Palmarola nel secolo scorso (3) – Fine]

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