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Schizzi di salsedine da Ponza (8)di Franco De Luca
Da Calacaparra agli Scotti, raggi tiepidi di sole risaltano “a chiana u cienzo”, evidenziano i Conti, toccano monte Guardia, e su tali declivi le case macchiettano di colore e segnano le strade. Tutte degradanti al Porto. Freddo e in ombra come sempre in inverno Corso Pisacane. Al di sotto di quel Municipio, che sarebbe dovuto essere il luogo che accomuna e che tale non è da tempo, operai mugugnano per il salario che non arriva, i pescatori sulla banchina armeggiano vicino agli scafi attraccati: chi rinforza le cime, chi scende reti da dismettere, chi con l’aiuto del fabbro picchetta tubi. Per strada le mamme si affrettano con a fianco i figli, reduci dalla recita scolastica, altre donne rispondono alla chiamata delle campane e tendono alla chiesa. Ponza come un presepe: lucette sulle facciate delle case, fruttivendoli coi camioncini, pescherie con in mostra il pescato, e le persone come statuine. Ferme nell’animo e in attesa. Si attende perché le volontà sono ancora sopite, nonostante la mannaia giudiziaria, e si guarda all’immediato piuttosto che al futuro, e ci si arrovella sul proprio separandolo da ciò che è comune. Il Bambinello proverà a nascere anche qui, dove il sole a tutti regala il suo poco calore.
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