Lontano da Ponza

Feste natalizie sull’altopiano etiopico – 1935/36 (1)

di Antonio Usai

 

Gentile Redazione, si avvicina la festa del Natale cristiano e il mio pensiero va al Natale del 1935 che mio padre, Eugenio, trascorse sull’altopiano etiopico, acquartierato a ridosso della prima linea in condizioni davvero impensabili per i giovani di oggi.

 Attraverso la lettura del diario di guerra di Attilio Vignolo, originario di San Salvatore di Cogorno, in provincia di Genova, caporale della Gaviniana, per gentile concessione della figlia Maria Rosa, ho potuto immaginare con buona approssimazione, le festività natalizie trascorse da Eugenio, ponzese di adozione, lontano dalla famiglia e dall’Italia, in costante pericolo di vita, in una terra inospitale dell’Africa Orientale. Numerosi ponzesi parteciparono alla Campagna d’Africa promossa dal regime fascista, alcuni come soldati, altri come Camicie Nere, altri ancora nella Regia marina, imbarcati sulle navi di stanza nel porto di Massaua, in Eritrea, all’epoca fedele colonia italiana.

Se lette attentamente, queste pagine di diario, permeate da sincero spirito patriottico, sentimento comune a tanti giovani di quel tempo, figlio in massima parte della propaganda massiccia e sistematica del regime che non perdeva mai l’occasione di  inneggiare ai fasti dell’antico Impero romano, possono offrire spunti di riflessione al lettore, secondo la propria sensibilità e la conoscenza di quelle vicende storiche. L’Italia si cimentò in Africa Orientale con circa trecentomila soldati. Il costo complessivo della guerra di Etiopia, secondo la relazione del Ministro delle Finanze dell’epoca, Thaon di Revel, presentata alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni il 20 maggio 1936, fu di dodici miliardi e centoundici milioni di lire, equivalenti a circa trecento miliardi di Euro di oggi. Una vera follia!

La guerra ebbe notevoli conseguenze sul debito pubblico, sul tenore di vita delle famiglie e provocò, al termine del conflitto, un’elevata inflazione che bruciò gran parte dei risparmi degli italiani. Come andarono a finire le cose, in particolare la cacciata nel 1941 degli italiani dalle colonie dell’AOI e il ritorno degli inglesi, lo sappiamo tutti!

Colgo l’occasione per augurare alla pregevole redazione di Ponzaracconta, ai collaboratori e ai suoi lettori un Buon Natale e un Felice 2012.

Antonio Usai

 Cartina dell’Africa Orientale italiana e avanzata delle truppe italiane

Cherghember Abù (Macallé), 24 dicembre1935

Poiché domani è Natale, questa mattina il Comando distribuisce ai reparti viveri in scatola, marmellata, frutta sciroppata, salmone e giardiniera, perché siano venduti ai militari, onde avere in questo giorno solenne, che trascorreremo lontano dalle nostre famiglie e dalla nostra Patria, un modesto conforto. Io e gli altri tre ospiti della mia tenda riusciamo ad avere un fiasco di vino di Frascati, quattro scatole di marmellata, frutta, biscotti, tonno, giardiniera sottaceto, sicché domani potremo offrirci qualche cosa in più del solito rancio.

Contrariamente al solito, oggi il cielo è coperto da neri nuvoloni e un vento oltremodo violento spira da sud-ovest, sollevando nembi di polvere rossastra.

Nel pomeriggio, verso le 15.30, mentre le batterie stanno svolgendo una finta azione di fuoco, un vero ciclone tropicale si precipita su di noi; tuoni e lampi si susseguono con rapidità fantastica, sembra che il tempo voglia emulare col tuono, il rombo dei nostri obici. Ad un tratto goccioloni d’acqua cominciano a cadere, trasportati con furia dal vento; noi indossiamo il pastrano, ma nessuno abbandona il proprio posto perché, sebbene la nostra non sia che una manovra, in guerra anche sotto le avversità del tempo bisogna ugualmente compiere il proprio dovere; noi ci possiamo trovare, da un momento all’altro, a contatto con il nemico, perciò è necessario essere fieri e impassibili. Il turbine cessa nel giro di dieci minuti, il cielo si rischiara con la rapidità di cambiamento proprio del clima tropicale, così la manovra termina in condizioni normali.

Questa notte, ci comunica il Cappellano, a mezzanotte verrà a celebrare la S. Messa nel nostro accampamento per ricordare la nascita di Gesù Bambino perché, sebbene la terra che ci ospita sia ancora selvaggia, cionondimeno possiamo avvertire in questa notte la solennità dell’evento che unisce tutta la cristianità.

Nella mia tenda si veglia fino alle 23.00 circa, giocando a carte. Intanto è stato preparato un altarino adornato, in mancanza di fiori, con rami verdi e illuminato con torce a vento che, sferzate dalla brezza, diffondono tutto intorno bagliori sanguigni che danno agli uomini e all’ambiente un aspetto davvero mistico e, forse, intonato a quello che presentò millenovecentotrentacinque anni or sono l’umile capanna di Betlemme.

Quasi tutti i seicentocinquanta artigiani del 2° Gruppo sono riuniti attorno all’altare sul quale il Cappellano sta celebrando la S. Messa; ognuno di noi, lo si capisce dal raccoglimento in cui tutti siamo assorti, in questo momento è in preda ad una viva emozione; il pensiero è rivolto alla casa, alla Patria lontana, dove pure i nostri cari penseranno a noi con uguale emozione.

Pensiamo alle città sfarzosamente illuminate, dove i negozi traboccano di ghiottonerie destinate ad allietare tante mense; alle nostre basiliche dove la Messa di mezzanotte è celebrata con la massima solennità, dove tutti sono felici e, almeno per un po’, dimenticheranno le fatiche e le ansie della vita. Quest’anno per me il Natale non è felice, la malinconia e la nostalgia rattristano il mio cuore e il mio pensiero; la mia mente corre lontano, vola verso altri pensieri malinconici (…)

Terminata la Messa, prima il Cappellano, poi il Ten. Colonnello, che ha assistito alla funzione, tengono un breve discorso di circostanza; un gruppo di artiglieri, formando un bel coro nel quale si distingue la voce duttile e ariosa di un baritono, canta alcuni inni sacri insegnati in precedenza dal Cappellano stesso.

Antonio Usai

[Feste natalizie sull’altopiano etiopico – 1935/36 (1) – Continua]

 

 

1 Comment

1 Comment

  1. Antonio Usai

    12 Gennaio 2012 at 07:33

    Gentile Redazione, certo di fare una cosa gradita anche ai lettori, vi invio la lettera che mi ha spedito via e-mail Maria Rosa Vignolo, la figlia di Attilio, il caporale autore delle pagine di diario, pubblicate su questo sito, che raccontano le festività natalizie il Etiopia nel 1935-’36.

    Antonio Usai

    Caro Antonio, hai avuto una bella idea, sono orgogliosa che le parole di mio padre risuonino ancora, dopo tanti anni e aiutino a prender coscienza di quel che è stato e di quel che siamo. Il sito mi è piaciuto e mi ha incuriosito una volta di più la storia di un’isoletta che pare così remota e che è, invece, una sorta di snodo di tanta storia nazionale. Aspetto le prossime puntate… a presto, Maria Rosa.
    Chiavari, 26 dicembre 2011

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