proposto da Sandro Russo
Tra le ricadute di ponzaracconta c’è quella di aprire finestre su ricordi di altri tempi, così rileggendo il pezzo su Bernard Moitessier, proposto da Lino Catello Pagano qualche settimana fa (leggi qui), mi sono imbattuto nel nome della sua imbarcazione, Joshua, cosi battezzata in onore di Joshua Slocum, il primo circumnavigatore del mondo in solitario. E quindi, dopo aver molto cercato tra i miei libri di mare – …Eppure ci dev’essere… Me lo ricordo c…! – me lo sono ritrovato tra le mani, il mio vecchio volume, datato 1984, più o meno l’anno dl mio corso di vela.
Come si fa per i vecchi libri non aperti da tempo, l’ho sfogliato per vedere cosa ne uscisse fuori: si fanno scoperte strabilianti, a volte; ma stavolta niente di importante. Allora ho scorso le pagine per veder cosa vi avevo sottolineato.
A quel tempo avevo le idee confuse sullo ‘Stretto di Magellano’, e mi ero appuntato qualcosa. Non c’era Internet né Wikipedia, allora. Ora va molto meglio…
“Lo Stretto di Magellano (percorso per primo da Magellano nel 1520 è quel passaggio geograficamente annesso al Cile immediatamente a sud della massa continentale del sud America. Costituisce il più importante passaggio naturale tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Atlantico, ma è considerato una rotta difficile da percorrere a causa del clima inospitale e della strettezza del passaggio. Fino al completamento del Canale di Panama nel 1914, lo Stretto di Magellano era spesso l’unico modo sicuro di spostarsi tra l’Atlantico e il Pacifico. Il Canale o Passaggio di Drake è invece quel tratto relativamente stretto di oceano che separa Capo Horn (la punta meridionale del Sud America) dall’Antartide, le cui acque sono notoriamente turbolente, e sono frequenti il ghiaccio e gli iceberg.
I ricordi del viaggio di Joshua Slocum, partito per il suo giro in solitaria a cinquant’anni suonati, sono raccolti in questo bel libro – “Solo intorno al mondo e Viaggio della Libertade”, Mursia Ed. (1984)- che è ancora oggi uno dei classici della ‘biblioteca del mare’, dove il ‘capitano’ si rivela anche abile scrittore, dotato di fantasia e di arguta ironia
È un libro importante. Senza sponsor, senza motore, senza radio o altri strumenti a bordo, il capitano Slocum concluse la sua impresa, per certi aspetti ancora ineguagliata, il 27 giugno 1898: aveva navigato per circa 46.000 miglia; per tre anni, due mesi e due giorni; aveva doppiato due volte lo stretto di Magellano, una Capo Horn, una volta il Capo di Buona Speranza e aveva toccato isole e porti di tutti i continenti.
La sua ‘barca’, lo Spray, era uno sloop di 11 metri con randa e fiocco, vecchio di cent’anni, costruito per la pesca delle ostriche e da lui riadattato alla meglio; un’imbarcazione molto grossa per essere manovrata da un uomo solo.
A cento anni di distanza, quell’impresa e la stessa vita di Slocum continuano ad affascinare, offrendo tra l’altro una grande lezione a quanti ancora oggi cercano di seguire le orme di quel marinaio, anche se con diverse motivazioni e mezzi tecnici sofisticati.
Slocum partì con in tasca un dollaro e mezzo, senza preoccuparsi di come sarebbe sopravvissuto, senza prefissarsi una rotta precisa né darsi un limite temporale, ma con la consapevolezza di compiere un’avventura fuori dal tempo, pronto ad accettarne ogni fatica e conseguenza. Attraverso gli oceani sconfinati egli navigava per appagare la grande voglia di conoscenza, per affrontare la grande sfida della natura e, soprattutto, per scoprire se stesso. “Non cercavo nuovi mondi né navigavo per cianciare sui pericoli del mare – scrisse in seguito – E’ buona cosa, credo, trovare la propria strada anche attraverso terre già scoperte”.
L’uomo che per primo aveva circumnavigato il mondo su una barca a vela non sapeva nuotare:
“… afferrai la falchetta e tenni duro mentre la barca si girava a fondo in su, perché mi ero improvvisamente ricordato di non saper nuotare” – è riportato a pag. 51 del libro.
Tuttavia Slocum “non aveva paura dell’acqua; non vi si immergeva, ma la capiva e la rispettava in un modo che è ignoto al nuotatore, il quale con essa si azzuffa. In proposito, lui era fatalista. Sapeva che il mare, se voleva, lo avrebbe preso e, in un certo senso, era disposto a morirvi” – scrive Walter Teller, anch’egli navigatore e scrittore, autore di una biografia “Alla ricerca del capitano Slocum” (1974; Ed. Mursia).
Nell’autunno del 1909, a sessantacinque anni e in perfetta salute Joshua Slocum partì ancora con lo Spray per una delle sue consuete crociere, e non fece più ritorno. L’uomo e la sua barca scomparvero nel nulla, per cause rimaste ignote.
Proposto da Sandro Russo