Racconti

‘Mmaculata Cuncetta

 di Gino Usai

Un tempo, molti anni fa, l’otto dicembre, il giorno dell’Immacolata, in vista di Natale,  a Ponza si cominciava a giocare a tombola e si pronunciava il detto popolare:

“’Mmaculata Cuncetta, Natale diciassette”

Il giorno dell’Immacolata cade infatti nel periodo dell’Avvento e mancano solo 17 giorni al Natale.

La festa della Madonna dava quindi il via alla preparazione del Natale e nelle case si cominciava a costruire il presepio. Muschio, pastocchie e un po’ di sabbia, erano gli elementi che costituivano il presepio, insieme ai sugheri da pesca, usati per simulare le montagne, che venivano fatte anche con carta da impacco, colorata con tempera spruzzata. In quei giorni Genoveffa D’Atri, nel suo negozio di tabacchi e cartoleria, lungo il Corso Pisacane, vendeva i pastorelli comperati a Napoli. I più antichi erano di cartapesta e colorati a mano, poi saranno di gesso e solo in epoca moderna di plastica. La vendita era consistente, perché ogni famiglia preparava il suo gran bel presepio, semplice e tradizionale. In tempi ancora più lontani i pastori si preparavano in casa con la terra raccolta nei campi argillosi, ‘a terrazza. Il presepio veniva poi completato con del frascame preso su alla Masseria, che avviluppava come una cornice il paesaggio incantato, con pomi di mandarini e arance che pendevano in bella vista. Tradizione voleva che nel presepio fossero presenti come motivo ornamentale ‘i pugnienti, ossia le piante d’asparago. Un po’ di ovatta tra le frasche ricordava la neve. Immancabili tra i pastorelli gli zampognari e il dormiglione, insieme alla lavandaia, il pescatore, il fabbro, il falegname e il macellaio con la sua bottega ben nutrita di carne e di selvaggina. Tra gli animali le pecorelle, le gallinelle e il maiale. Il Bambinello veniva adagiato nella culla solo la notte di Natale, e poi nascosto il 28 di dicembre, giorno in cui si ricorda la strage degli Innocenti, quando Erode lo cercava per ucciderlo.

Si giocava nelle famiglie riunite intorno a lunghe tavole al tiepido calore del braciere, nel quale solitamente si lasciava bruciava qualche granello d’incenso e più spesso una scorza d’arancia, per profumare l’aria. Famose sono rimaste le tombolate fatte a casa di Rosa ‘i Santella, all’inizio delle scalinate che portano alla Dragonara. Spesso le tombolate erano anche occasione di nuovi incontri e nuovi amori fra i giovani. Si giocava puntando pochi spiccioli, con molto accanimento e immenso divertimento, anche dei bambini, desiderosi di imitare gli adulti con le loro cartelline da segnare coi chicchi di granone, coi fagioli o con la scorza di arancia tagliuzzata e ridotta in quadratini. Gli adulti tiravano la tombola e ogni numero estratto dal canestrello di giunco era seguito da un relativo motto a cui i giocatori rispondevano  con sagaci commenti e battute, spesso con immancabili allusioni sessuali; ad esempio: “6…chella che guarda ‘nterra; 16…’u culo; 21‘a femmina annuda; 28…’i zizze; 30…’i palle d’u tenente; 77…’i cosce storte d’i femmene; 69…sotto e ‘ncoppa” ecc.

Oggi i bambini sono attratti da ben altri giochi; i giovani per Natale  progettano la settimana bianca sulla neve e i genitori programmano vacanze separate in “paradisi” esotici. La famiglia tradizionale si sta dissolvendo e sta venendo a mancare la coesione intorno a valori che un tempo rinsaldavano la comunità. Conseguentemente anche il senso religioso della festa sta sfumando ed ecco che il Natale si è trasformato in un pacchetto turistico-consumistico; da restringere sempre più però, perché i mercati internazionali non tollerano vacanze troppo lunghe che generano perdita di produttività; perché se cala la produzione aumenta lo spread con i bund tedeschi, che potrebbe mandarci in default,  disarticolare la BCE e far saltare la UE.

E ci illudiamo di stare tutti bene. In realtà aumentano la solitudine, la desolazione… e il cinismo.

E allora, contro i mali della società moderna e relativista,  rilanciamo il presepio. Quello bello, quello tradizionale, senza aggiunte spurie, senza trasformarlo in un manifesto politico con improbabili Piani Regolatori, PUA e perfettissimi plastici di quartiere. Un presepio autenticamente religioso, semplice, fatto di muschio e di nuda grotta, quella di Betlemme, che risplende di Luce e di Speranza per il rinnovo dell’umanità intera.

Io oggi ho cominciato a fare il mio, bello grande, pieno di muschio profumato e di frasche di mirto, senza economisti, politici e finanzieri, ma con gli zampognari e il dormiglione, il pescatore e il falegname, il fabbro e la lavandaia e tanta, tanta voglia di rinascere a nuova vita!

Santo Natale a tutti.

Gino Usai

 

 

2 Comments

2 Comments

  1. francesca iacono

    9 Dicembre 2011 at 23:06

    La preparazione del presepe nella mia casa era un momento di gioia.
    Mio padre era l’artefice del nostro presepe fatto con i sugheri, le frasche, i pugnienti, le pastocchie.
    Noi bambini passavamo i pastorelli….quanti ricordi….

  2. Luisa Guarino

    10 Dicembre 2011 at 13:34

    Riguardo a certe tradizioni, ricordo che nonna Fortunata mi raccontava di leggendarie tombolate appunto da Rosa i’ Santella, al piano di sopra della casa dove ora c’è il negozio di Dirce. A questo proposito, conservo ancora in casa il ‘panariello’ di giunco e i numeri per la tombola in legno di nonna, che resistono ai decenni e ai traslochi.
    Leggendo il post di Gino ho inoltre appreso un’altra curiosità: che Gesù Bambino venisse/venga tolto la presepe nella giornata del 28 dicembre, per preservarlo dall’incursione dei soldati di Erode, la cosiddetta strage degli innocenti. Non ero a conoscenza di quest’usanza.
    Ancora a questo proposito, riflettevo che non ho mai preparato un presepe a Ponza, perché non ho mai trascorso il Natale nell’isola. In compenso ricordo i tanti passati a Sermoneta, il delizioso paese dei Lepini in provincia di Latina dove la mia famiglia ha trascorso ben nove anni per via del lavoro di mio padre. Lì, con l’aiuto di un falegname, preparavamo in una grande stanza quasi vuota un presepe molto esteso, con il muschio raccolto fresco e tutto il resto, la stagnola per il laghetto, le montagne di carta mimetica, la farina per la neve e un Gesù Bambino anacronistico, cicciotto e grande più di tutte le altre statuine, cui mamma era legatissima perché l’aveva dai tempi del collegio a Torino. C’erano poi i cammelli con i re Magi, che partivano dal fondo del presepe molto molto lentamente: nottetempo mamma li faceva camminare a piccole tappe, e ogni mattina io e mio fratello Silverio non riuscivamo proprio a spiegarci i loro spostamenti. Figurarsi poi quando la mattina dell’Epifania li trovavamo scesi dai cammelli e inginocchiati davanti alla grotta.
    Luisa Guarino

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