Racconti

Chiesa della SS. Trinità (7)

La Crucifissione - Gennaro Valiante

di Gino Usai

Gli stucchi pregiati e delicati delle lesene, furono realizzati dal Mastro stuccatore Giovanni Ambrosino.

Al maestro Gennaro Valiante venne affidato l’affresco dell’abside dell’Altare Maggiore, con le figure della SS. Trinità, così come lo stesso Dies le ha descritte in “Ponza perla di Roma”, e l’abside laterale dell’altare della Madonna Addolorata, con la scena della crocifissione e sulla parete a destra, sempre all’interno del pantheon, S. Benedetto benedicente, con sullo sfondo, a volo d’uccello, il porto di Ponza. Successivamente, al bravo Valiante, con il supporto del mastro Biagino Rispoli che montò l’impalcatura e preparò il fondo, venne commissionato anche l’affresco della volta della navata nuova, raffigurante S. Silverio e l’Immacolata che sovrastano e proteggono Ponza.

A guerra conclusa, mentre lentamente si ritornava alla normalità e i mari venivano nuovamente solcati dai navigli del commercio, della prosperità e del duro lavoro, scansando mine a destra e a manca, Raffaele riprese la via del mare da grande lupo di mare quale era, capitanando il bastimento “Maria Assunta”.

Quando Dies lo invitò a dare il suo contributo alla chiesa, gli indicò il riquadro bianco in alto, sull’Altare Maggiore. Il parroco sapeva che Raffaele, quando non navigava, si dilettava a dipingere e a regalare a parenti e amici le sue nature morte. Raffaele non si era mai cimentato in un’opera così grande: quel quadrato vuoto gli sembrava ampio e inattaccabile e la tecnica dell’affresco non sapeva cosa fosse. Mancini lo incoraggiò e lo guidò nell’impostazione del lavoro. Il vecchio lupo di mare, spronato dall’ardua sfida,  l’affrontò con lo stesso spirito con cui affrontava le mareggiate che gli ostacolavano la navigazione nel vasto oceano. Così mise mano all’opera. Gli faceva da garzone il giovane Luigi Vitiello, che aveva il compito di pulire i pennelli e preparare i colori.

Il mastro Biagino Rispoli gli stese un buon fondo di calce e in una giornata Raffaele abbozzò il disegno. Individuò il soggetto in un vascello che naviga in gran tempesta sotto la protezione della Vergine e di S. Silverio, metafora autentica della vita dei marinai e dei pescatori ponzesi.

Antonio Feola, detto Totonno Primo, altro intrepido lupo di mare, venuto a conoscenza del soggetto che Raffaele si accingeva a dipingere, gli chiese di raffigurare il bastimento di cui era armatore e che portava il suo stesso nome: “Antonio Feola”. Ma Raffaele rispose che avrebbe preso a modello i bastimenti della sua famiglia.

Aveva maturato forte il desiderio di offrire a S. Silverio e alla Madonna una sorta di ex voto: davanti agli occhi e nel profondo del cuore si materializzò e prese forma la grazia ricevuta sul mare tanti anni prima, in un mare lontano e infido, a bordo della “Maria Assunta”, quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto e l’abisso spalancarsi  sotto la tremebonda chiglia. E poi ancora la tragedia del “S. Salvatore” consumata nel turbinio della guerra.

Salvatore Sandolo di Le Forna aveva quattro figli maschi: Gennarino, Francesco detto Ciccillo, Raffaele, Benedetto e tre splendidi burchielli, il “S.Salvatore” il “S. Filomena” e il “Maria Assunta”.

Il “S.Salvatore” era il gioiello e il vanto della famiglia. Era una goletta bialberi;30 metridi lunghezza e 120 tonnellate di stazza. Aveva le stive dotate di burchielli per il mantenimento e il trasporto delle aragoste dalla Tunisia, dalla Sardegna e dalla Corsica sui mercati di Marsiglia e di Barcellona. Venne costruito nel1922 a Torre del Greco e fu il primo bastimento di Ponza a dotarsi di motore, un 24 cavalli. Durante la guerra il governo italiano lo requisì e l’adattò al trasporto merci. 

Nel 1941 nel canale di Sardegna, mentre trasportava formaggio da Olbia a Civitavecchia venne intercettato da un sottomarino inglese che intimò al comandante di salire tutti sulla scialuppa e di abbandonare il bastimento. L’equipaggio era composto da sei uomini: oltre a Benedetto e Raffaele a bordo vi erano Domenico Sandolo  e  Vincenzo Di Fazio detto “Moscardino”. Una volta abbandonato il bastimento, gli inglesi lo cannoneggiarono affondandolo.  I naufraghi erano a 20 miglia dalla costa della Sardegna e con la morte negli occhi e la paura nel cuore, con la piccola scialuppa raggiunsero a remi La Maddalena, dopo 24 ore di navigazione.

Le guardie costiere italiane non sapendo chi fossero stavano per sparargli addosso. Si racconta che nei giorni seguenti il sommergibile inglese venne speronato e affondato da una nave civile italiana.

Il glorioso  “S. Salvatore” era colato a picco. Una sciagura immane si era abbattuta sulla famiglia Sandolo.

Ne aveva solcati mari, ne aveva affrontate tempeste, ne aveva toccati porti quello splendido burchiello! Vederlo arrivare a Ponza a vele spiegate era motivo di orgoglio per tutti i ponzesi.

Il 4 novembre del 1965, ai fratelli Gennaro e Francesco Sandolo, ormai capitani marittimi in pensione, il Comandante del Porto di Ponza, Maresciallo Trovato, alla presenza delle autorità Civili e Militari, consegnò la Medagliad’Oro e il Brevetto di Lunga Navigazione per aver navigato sui motovelieri per più di 35 anni, conferiti dall’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

(Continua)

Gino Usai

 

 

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