Attualità

Costruire un nuovo “senso civico”

di Franco De Luca

 

Se è nei momenti difficili che una comunità mostra la portata del suo valore, l’attuale momento che sta vivendo la comunità ponzese esige che il nostro stare insieme sia analizzato senza ipocrisia (Rispoli docet) e con chiarezza. Il che equivale a porsi domande sul nostro  “senso civico” , che rappresenta il sentire che i membri di una comunità hanno del loro vivere insieme e del loro appartenersi.

Da quanto emerge da questo sito, gli appelli all’unione, all’appartenenza, alla presa di coscienza di quanto sta accadendo a Ponza sono tanti, e tutti manifestano in modo forte che il senso civico pulsa e si vuole alimentare di nuovo vigore.

Nuovo vigore perché abbiamo tutti lamentato che esso (senso civico finora imperante ) nell’ultimo ventennio ha demeritato. Tant’è che si auspica uno scatto d’orgoglio, un sussulto di dignità, un’aspirazione ad un  “nuovo senso civico “.

E sin qui siamo tutti d’accordo. Da questo punto vorrei partire per cercare di spingere il confronto un po’ oltre. Sicché vado ad immettere solidi contenuti in questa comune aspirazione.

Il senso civico nasce nell’individuo ma si esprime nei rapporti sociali. Come  Luisa Guarino, Gennaro Di Fazio, Giuseppe Mazzella hanno evidenziato con chiarezza, negli ultimi anni le connotazioni del nostro sentimento sociale sono state false, infingarde e talora marce. Oggi si attende un “nuovo senso civico”, perché quello coltivato e nutrito sin qui ha difettato.

La novità in cosa potrebbe concretizzarsi? Io credo che un fattore di novità sarebbe SE LA SMETTESSIMO DI DELEGARE ad altri le responsabilità sociali. Sì, è vero, che sono gli Amministratori coloro deputati a fare scelte, ma queste scelte maturano in un clima sociale. Se questo propende massicciamente verso l’indifferenza e ad  altri è devoluto l’onere di pensare alle faccende pubbliche, allora la delega politica (che è un caposaldo della democrazia) deborda e si astiene dal controllo o tende ad astenersi dal controllo. Anzitutto da quello legale e poi anche da quello sociale.

Prende piede la “frattura” fra classe politica e società civile, con tutte le storture che abbiamo visto nell’ultimo ventennio.

Prende corpo l’estraneità del gruppo dirigente dalla massa degli elettori.

Un secondo fattore di  novità potrebbe consistere nel “rispetto” delle disposizioni pubbliche. Le circolari, le ordinanze vanno eseguite a prescindere dal controllo delle forze dell’ordine. Vanno rispettate, e contemporaneamente (nel caso ) criticate.

L’azione della critica è contemporanea al rispetto delle norme, ed è coessenziale ad esso (la critico perché la pratico).

Come si critica una norma?

A) con il mugugno imbronciato, certo. Ma questo è sterile, è infantile, è dannoso alla salute di chi lo pratica e dell’intero corpo sociale. Perché divide in modo viscerale e non razionale.

B) con la lettera di protesta. Questa tacita l’indignazione morale di chi la scrive ma è infruttuosa in termini sociali. Perché è stata generata da una volontà singola e non da un consesso sociale.

C) con una missiva sottoscritta. Il che presuppone che ci si organizzi in Club, in Associazioni, in Comitati.

La pratica del consociativismo non appartiene alle nostre tradizioni eppure dovremmo utilizzarla di più. Perché esso non ha soltanto un valore quantitativo ma anche qualitativo, giacché si fonda sul presupposto che più menti valgono meglio di una. E invece, al contrario, di solito diffidiamo delle persone associate.

D) con la denuncia pubblica. Questa dovrebbe essere intesa come un obbligo di chi fa l’Opposizione politica. Se l’Opposizione non fa sapere pubblicamente il suo dissenso su quanto l’Amministrazione ha deciso, il rapporto Maggioranza-Opposizione si insterilisce a una guerra fra due persone o fra due gruppi di potere o fra due gruppi economici. E questo non alimenta il senso civico di una comunità.

Un altro elemento di novità potrebbe consistere nel più banale propendere affinché  migliorino le condizioni dell’ intera comunità. Ma attenzione: un nuovo senso civico deve misurarsi sulle grandi scelte e non su quelle che ci appaiono evidenti fuori casa. Voglio dire che se misuro il mio senso civico sul fatto che la via che porta a casa mia è dissestata e ne lamento la trascuratezza faccio ben poca cosa. Quello che devo chiedermi è qual è lo stato delle strade municipali, e su queste domande pretendere risposte. Il senso civico non ha come referente primo e unico il MIO star bene e neppure il NOSTRO, ma quello dei NOSTRI NIPOTI. Deve guardare al domani, al futuro,  e proiettare le sue richieste su quegli obiettivi.

In questa posizione appare puerile dare il voto al parente o all’amico o al vicino di casa soltanto perché in Amministrazione mando qualcuno che mi potrà essere compiacente. Questa logica ha portato sul Comune gente incapace, condizionata da logiche d’affari, inadatta ad affrontare la sfida dei tempi. E ne vediamo gli effetti!

Nessuna pretesa di insegnamento. Queste mie riflessioni risentono di una  “deformazione professionale”, lo ammetto e me ne scuso coi lettori. Valgono per il valore che ognuno vuole attribuirgli.

 

Francesco De Luca (Franco)

1 Comment

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  1. Silverio Lamonica

    14 Ottobre 2011 at 21:34

    Ho apprezzato il contenuto dell’articolo di Franco De Luca “Ricostruiamo il senso civico”, oltre agli scritti di Giuseppe Mazzella, Rispoli ed altri carissimi amici.
    Forse siamo sulla buona strada per ricostruire qualcosa di buono, anche se la mia esperienza (non breve) mi dice che a Ponza, in tutte le iniziative, si parte in cento e si arriva in uno (agli altri 99 viene un fiatone della malora…). Ha ragione Franco, manca ancora il senso dell’Associazionismo (non Consociativismo che vuol dire “ammucchiata” per conseguire fini personali e che è sempre stata la causa, a mio avviso, del fatto che si parte in tanti e si arriva in uno, se si arriva).
    Associazionismo vuol dire mettersi insieme per conseguire il bene di tutti, nella legalità, perseverando fino alla meta.
    Abbiamo questa costanza? Ne dubito. Infatti per indole siamo portati a massacrarci per un breve periodo (il lavoro estivo) per poi tirare a campare, oziando, per i restanti nove, dieci mesi della bassa stagione. È la logica del capitalismo rampante: il massimo profitto realizzato nel più breve tempo che porta al consumismo più sfrenato, ai guasti ambientali e via elencando.
    Ma non bisogna disperare. Da quanto ho letto e leggo siamo sulla buona strada, anche se in salita e molto dissestata (almeno per ora).
    Con infinita cordialità
    Silverio Lamonica

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