Cucina

Il ristorante Zi’ Capozzi

di Franco Zecca

 

Riceviamo in Redazione e pubblichiamo volentieri questa memoria di Franco Zecca che mi fa riandare ai temi ‘mitici’ in cui lavoravamo come ‘camerieri aggiunti’ al Ristorante di zia Lucia e zio Biagino, i genitori di Franco, che avevano rilevato l’esercizio alla morte della nonna Capozzi, noi tre cugini, Franco, Fausto Capozzi ed io, Sandro.
Grazie Franco!
S.R.

 

Il ristorante Zi’ Capozzi

 di Franco Zecca

“La vita dei morti si ritrova nella memoria dei vivi”
(Cicerone)

Molti giovani di questa generazione, quelli nati nell’ultimo ventennio, non l’hanno mai sentito nemmeno nominare in un contesto storico, o di rievocazioni di personaggi ponzesi, eppure donna Antonietta Conte vedova Capozzi è stata il personaggio più importante della piazza se non altro perchè aveva creato nella sua locanda, prima là dove ora si trova il Bar dei fratelli Sandolo (già ‘Maga Circe’) e poi dove ora è il ristorante “Ippocampo”, un ‘centro di prima accoglienza’ (come si direbbe oggi), per tutti coloro che giungevano a Ponza, spaesati, ignari e sprovveduti: prima i confinati politici, quelli noti e quelli senza soldi; e poi funzionari dello Stato, ingegneri che per lavoro venivano a Ponza, avvocati e operai di ditte che non sapevano orientarsi dopo lo sbarco serale dal battello; venditori ambulanti.
Sul n. 10 del 1965 di “PONZA MIA”, di cui conservo gelosamente una copia, c’é una bellissima descrizione di quello che era stato lo “Zì Capozzi”. Ne é autore Giuseppe De Luca, anche lui un personaggio ponzese dei più noti.
Iniziava così: “Il 14 settembre sera i passeggiatori assidui della piazzetta hanno notato un vuoto improvviso. Il ristorante “Zi’ Capozzi” era chiuso (…)”

La zi’ Capozzi era mia nonna e di lei voglio ricordare un fatto. Molti storceranno il naso, leggendo, ma è una di quelle storie cui accenna Folco Quilici in una sua prefazione ad un opuscolo su Ponza.

‘A nonna Capòzz’,  così la chiamavo, soleva disporre, nel piccolo giardino che aveva in uso, dietro Via Comandante, le trappole per gli uccelli di passo. ‘Appara’ i’ tràppule’: lo facevano un po’ tutti, a quei tempi: dagli Scotti a sopra i Conti, da sotto il Campo inglese a Calacaparra. Era un modo per placare la fame e contrastare la carestia prima, durante e dopo la guerra (una consuetudine che dura ancora oggi?).
Ebbene mia nonna di quelle piccole prede faceva uso per dar da mangiare ai suoi ospiti, e gli uccelletti, a volte di specie rara, venivano prima sapientemente puliti ed eviscerati e poi cotti nel sugo o a frittata. Negli intestini trovava spesso semi di piante, fonte di energia per gli uccelli in volo, che lei d’abitudine interrava, prima in cassette di legno e poi in piena terra. Qualcuno un po’ più avanti con gli anni ricorderà che proprio da un lato, all’interno dell’arcata antistante il locale ristorante, c’era una bellissima bouganvillea. Ecco questa, a ricordo di mia madre, sembra provenisse da uno di quei semi che mia nonna interrò lo stesso anno che inaugurò la trattoria, nell’arco accanto al portone che porta su al Comune.
Quella pianta fu curata da mia nonna con amore. Ogni sera la innaffiava con l’acqua che veniva utilizzata per lavare le stoviglie (ai tempi non c’era il problema dei detersivi!), la potava quando ne vedeva la crescita selvaggia, e spruzzava su di essa il composto contro gli insetti e le malattie. La pianta cresceva rigogliosa e, praticamente – io me la ricordo – copriva tutto l’arco ed anche oltre.
Anche dopo la dipartita di mia nonna ebbe tutte le cure da parte di chi aveva preso in eredità il locale. Ma l’anno successivo alla chiusura del ristorante, ritornando a Ponza, e questa volta da villeggiante, vidi che la pianta non c’era più. Il nuovo locatario del locale aveva dovuto tagliarla perché era rinsecchita ed in primavera  non s’era più ripresa; quasi a voler dire: “Scomparso il ristorante Zi’ Capozzi, muoio anch’io”. Sarà stato un caso, sarà stata la noncuranza del nuovo ristoratore, ma ’a bucanvill d’a zi’ Capozz’ aveva cessato di esistere.
A me piace immaginare che la pianta fosse legata alla nonna da un filo vitale fatto di amore e cura così come lei ne aveva avuto per i suoi figli,i suoi parenti ed amici, e per tutti coloro che l’avevano conosciuta  in vita.

 

Perchè possa rimanere anche nella memoria dei lettori più giovani di ponzaracconta, voglio proporre in suo onore una ricetta rinomata, anche se successiva alla sua gestione, sperando di fare cosa gradita.

 

Gli spaghetti (o il riso) alla Zi’ Capozzi.

Gamberi freschi e sodi; Calamari (anche se decongelati vanno bene); Cozze sgusciate a crudo; Vongole fatte aprire sul fuoco e sgusciate; Pomodori freschi spellati oppure passata di pomodoro; Prosciutto crudo tagliato a fette sottili e poi battuto con la mezzaluna; Aglio 2 spicchi; Cipolla 1 di media grandezza; prezzemolo per gli spaghetti o curry  (*) per il riso; sale q.b.
(volendo si può usare il curry anche per gli spaghetti).

Per le quantità regolarsi in base alle persone. Mia madre diceva sempre, quando cucinava: chiù ne miette chiù ce truove.

Procedimento

1) Tagliare a crudo i gamberetti dopo averli privati del loro piccolo carapace, tenendo da parte le teste.

2) Tagliare a crudo i calamari, compresi i cosiddetti ciérn’ (cioe’ i tentacoli) in pezzetti piccoli come pinoli.

3) sgusciare le cozze a crudo e, lasciando le più piccole intere, tagliare in piccole parti le più grandi, anche con le forbici se occorre.

4) Far aprire le vongole con un po’ d’acqua e olio e sgusciarle, avendo cura di conservare l’acqua per poi bollire in esso anche le teste del gamberi, allungando il brodo con acqua che sarà poi utile in seguito.

Far soffriggere nell’olio i due spicchi d’aglio (per chi piace possono rimanere, altrimenti toglierli dopo che si sono imbruniti); nel suddetto olio versare la cipolla a fettine sottili e farla appassire. Poi versare il preparato dei punti 1, 2, 3, 4. Bagnare con vino bianco e aggiungere il prosciutto crudo precedentemente battuto a mo’ di lardo (finemente, che nell’ intingolo possa poi sciogliersi o quasi). Bagnare con il brodetto preparato prima e infine aggiungere i pomodori o la passata. Il tutto deve sobbollire per quasi 3 ore aggiungendo se occorre altro brodetto o acqua.
Fatto il ragu’, condire gli spaghetti e spargere su di essi una manciata di prezzemolo finemente tritato oppure condire il riso (di una qualità che non scuoce) mescolando con 2 cucchiaini di curry.
Buon appetito.

Voglio ricordare che questo tipo di ragu’ venne  inventato dal nostro cuoco Italo Veneziano in occasione del suo primo S. Silverio a Ponza, quando fu assunto da mio padre sottraendolo alla cucina del CONI di Formia, in cambio di un cospicuo mensile.
La ricetta – una novità per l’epoca – fu anche copiata, ma nessuno seppe mai che dentro ad un piatto ‘marinaro’ c’era anche del prosciutto.

(*)  Per curry si intende la preparazione standard o ‘Curry di Madras’

 

Francesco Zecca (Franco)

 

Un commento di Silverio Lamonica

A corredo dell’articolo di Franco Zecca sulla mitica figura della Zi’ Capozzi, pioniera della ristorazione a Ponza, invio un dipinto della pittrice di Salisburgo Agnes Muthspiel (1914 – 1966) che immortalò il celebre personaggio nel 1952. Ora il quadro è quotato per oltre ventimila euro (v. sito della pittrice)

Silverio Lamonica

 

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