di Enzo Di Fazio
Ha scritto ieri Luisa Guarino, alla Redazione di ponzaracconta: – “Segnalo a tutti i patiti di fari come me, che su La Stampa di oggi, alle pagg. 22 e 23 c’è un bel servizio al riguardo. Inoltre purtroppo in una cartina, tra i nove fari italiani in vendita, è inserito anche il nostro di Ponza…”
Grazie a Luisa per la preziosa segnalazione. Pare che sia il momento dei fari. Ieri “La Stampa” ha dedicato un servizio al problema della vita dei fari e a quella dei suoi guardiani, categoria – come si sa – ormai in via di estinzione. Oggi Rumiz su “La Repubblica” parla del faro abbandonato di Capo Trionto, in Calabria.
A proposito di quanto scritto su “La Stampa” mi sono procurato l’articolo (leggi qui) e l’occhio è subito scivolato sulla piccola carta geografica dell’Italia dove sono riportati i luoghi in cui si trovano i nove (per ora) fari dismessi dal servizio e a disposizione del demanio.
Vi trovo scritto ‘Ponza’ e, quantunque non sia indicato il nome, il pensiero va immediatamente al faro della Guardia. Perchè è di questo faro che da qualche tempo si parla di vendita o di concessione. Me l’ha accennato in più di un’occasione anche Cristoforo, il cugino fanalista.
Quindi un’ulteriore conferma… e le conferme, quando si tratta di brutte notizie, rattristano sempre.
Istintivamente viene da chiedersi cosa si può fare, cosa possiamo fare, per evitare che il faro della Guardia arrivi a non appartenerci più.
Oggi, pur nella sua distanza e isolamento (visto che non lo si può visitare facilmente), lo sentiamo ancora nostro, proprio perchè non è ancora di nessuno.
Ma è cadente, abbandonato, e – come dicevo nel recente pezzo pubblicato su ponzaracconta (leggi qui) – se non ci sarà qualcuno che se ne prenda cura, rischia di diventare un rudere.
Sicuramente ci sono persone interessate a farne un ‘albergo particolare’ per clienti ovviamente ‘particolari’, magari con un servizio di elicotteri per arrivarci. Ma è questo che non dovrebbe accadere, perché continui ad essere patrimonio dell’isola e dei ponzesi.
D’altro canto, la ristrutturazione e la manutenzione di questo gigante richiedono ingenti risorse finanziarie ed è difficile che gli Enti interessati all’alienazione (che siano lo Stato, la Regione, il Comune o il Demanio) pensino, in un momento congiunturale come l’attuale, a soluzioni diverse da quelle di fare cassa nella maniera più sbrigativa possibile.
Certo sarebbe bello se diventasse Museo, o luogo di studio e di ricerche, in altri termini luogo di cultura fruibile da tutti.
Ma per arrivare a tanto, di ben altre sensibilità, oltre che di risorse, dovrebbero essere dotati, coloro che hanno la responsabilità della gestione del patrimonio artistico e naturale del nostro paese.
Eppure esempi che ‘la cultura paga’ ce ne sono. Proprio ieri sentivo per radio che in Germania una vecchia miniera di carbone è diventata museo e ci vanno oltre due milioni di visitatori l’anno.
Direte… ‘Beh, La Germania’!… Un tentativo però, penso, potremmo farlo: cercare di ottenere che la fruibilità di questo sito meraviglioso, al di là della sua destinazione privatistica, sia consentita a tutti, seppure in maniera controllata e regolamentata, come avviene per tanti siti speciali.
Pensavo allora ad una petizione da proporre, magari attraverso Italia Nostra o il FAI (Fondo Ambiente Italiano) che si occupa di queste cose e che, proprio l’anno scorso, ha curato la campagna “Salviamo i luoghi del cuore”.
Chissà che non possa accadere il miracolo.
Enzo Di Fazio (10/08/2011)
P.S.
Ma al Comune di Ponza, che può muoversi a livello ufficiale, proprio non c’è nessuno che ha a cuore questo problema? (N. d. R.)
Il Faro della Guardia. Dalla recente Mostra di Guy Migliaccio
Silverio Tomeo
10 Agosto 2011 at 10:30
Il Faro della Guardia è da tempo nella lista dei beni demaniali messi in vendita dal governo per “fare cassa”…anzi, esattamente, dal Ministero della Difesa…I beni venduti ai privati, gli unici acquirenti probabili con tanta liquidità, sarebbero destinati a “produrre profitto”, quindi aspettiamoci resort esclusivi e di lusso…Ovviamente un luogo così bello e simbolico dovrebbe rimanere “bene pubblico comune” e avere una destinazione d’uso museale, culturale, aperta alla fruizione di tutti.