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Amarcord al sapore di mortella

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di Luisa Guarino

 

Quand’ero bambina, il palco per la serata musicale che costituiva il clou dei festeggiamenti per San Silverio, veniva montato in piazza Pisacane, proprio a fianco al ristorante Zi’ Capozzi. Non era di grandi dimensioni e ospitava musicisti e cantanti lirici, che proponevano brani musicali, pezzi d’opera e romanze. Il palco era in legno, decorato sia in alto che in basso da ghirlande di mortella, raccolte fresche per l’occasione e piene di bacche mature. La parte inferiore del palco era coperta di drappi rossi, lucidi. Lì sotto, per tutto il tempo del concerto, che allora si chiamava semplicemente ‘musica’, stavamo noi, accoccolati ma quasi sempre in movimento da un punto all’altro del pavimento, a mangiare le bacche, a ridere e giocare, con in sottofondo le note potenti, e le voci di soprani e tenori. La ‘banda’ era costituita come sempre, oltre che da me, dagli adorati ‘maschiacci’ che hanno reso unica la mia infanzia, e con i quali tutt’oggi condivido i ricordi: del resto la piazza era il nostro quartier generale, visto che vivevamo tutti lì.

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Di quei San Silverio vissuti ‘underground’, insomma sotto il palco, mi sono rimasti particolarmente impressi alcuni brani, L’Ouverture de “La gazza ladra” e l’aria cantata dal soprano che gorgheggiava “Ma se mi toccano dov’è il mio debole sarò una vipera…”: il personaggio era Rosina e l’opera “Il barbiere di Siviglia”. Ma questo l’ho appreso solo molti, molti anni dopo.

Quella musica magnifica al sapore di mortella non aveva certo bisogno di titoli.

 

Luisa Guarino