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L’ultimo eroe (3)

[1]

di Sandro Russo

Leggi qui la prima parte [2]

Leggi qui la seconda parte [3]

 

Ettore ha aspettato la notte fonda per muoversi; arriva con la sua barca spinta da un piccolo fuoribordo, che ormeggia tra gli scogli ad una delle estremità della rada. Ferma il motore e guarda l’arco di sabbia, chiaro sotto uno spicchio di luna, tranne che nella parte occupata dalle costruzioni, punteggiata di luci. Ora gli arrivano i rumori dalla spiaggia. La musica con il pulsare sordo dei bassi quasi sovrasta i suoni più vicini a lui; del mare che frange tra gli scogli e dei rumori notturni della campagna, piante striscianti e cespugli bassi, subito a ridosso delle rocce a mare. Ettore è scalzo e si muove piano sul sentiero irregolare, mentre si avvicina alle costruzioni.

Gli sono addosso all’improvviso, a una svolta del sentiero. Sono in tre: tipi massicci e decisi, abituati al corpo a corpo. Lo immobilizzano e gli torcono il gomito dietro la schiena; uno dei tre lo perquisisce a fondo; poi lo spingono rudemente verso l’ingresso posteriore della discoteca. Ora il rumore é fortissimo; lo sente riverberare direttamente sulla pelle. Luci lampeggianti, odore di corpi sudati e di profumo. Su tutto fumo di sigarette e di ‘erba’. Il gruppetto si dirige verso una porta in fondo a un corridoio, con la scritta ‘Privato’.

Entrano mentre Achille è di spalle e ha appena finito di parlare al cellulare, in una stanza che somiglia a un piccolo ufficio. Uno dei tre riferisce al capo, che lo ha interrogato con gli occhi:

– L’abbiamo pizzicato tra le rocce. Lo tenevamo d’occhio da prima che attraccasse: eravamo lì ad aspettare il segnale, quando il piccioncino ci arriva direttamente tra le braccia… Se ne andava a passeggio con  una tanica di benzina e un accendino… Che ne pensi, Capo?

– Maledizione! Non sarà un caso che è venuto proprio stanotte! …Ma ci dirà lui stesso più tardi.. no? Poi, rivolto ad Ettore: – Ma che sorpresa!… Eri stato per caso invitato, a questa festa… ‘signor’ Ettore?

– No Achille… Ma dovevamo incontrarci, e un’occasione vale l’altra..

– Non è mica vero.. che un’occasione vale l’altra; non stasera, almeno.. Questa sera non è una sera qualunque.. e tu lo sapevi.. Ti era stata fatta una proposta…  vantaggiosa, a quanto mi risulta, e non ti sei degnato di rispondere. Hai qualcosa da dirmi, ora?

Ettore risponde grave: – Lascia stare i ragazzi dell’isola, Achille. Quelli di qua non possono proteggersi; non hanno difese contro questa roba… Non l’hanno mai conosciuta. Tienili fuori.

– E chi sei tu, per dare ordini a me? Il mondo va come va… Non puoi certo fermarlo tu. Non ci sono isole.. Nessuna riserva indiana per il grande Ettore, lo spaccaossa!

Un altro uomo entra di corsa nell’ufficio: – Abbiamo il contatto, Achille… Il gommone è pronto..!

Achille si dirige verso la parete e sposta un grosso quadro che rappresenta l’isola negli anni ’50, prima della costruzione della banchina commerciale. Si vedono bastimenti e altre barche a vela. Ettore riconosce quella vecchia foto perché ce l’ha anche lui: immagini da un mondo perduto! C’é una cassaforte a muro dietro al quadro. Achille fa scattare una combinazione e tira fuori una valigetta ventiquattr’ore. L’appoggia sulla scrivania e solleva il coperchio: mazzette di banconote impilate in ordine.

Achille indica con il mento Ettore: – Questo, legàtelo bene… Ci penseremo dopo, a lui.  Andate, vi raggiungo subito…

Torna alla cassaforte e ne estrae una cartina di polvere bianca, da cui tira in fretta per il naso con una cannuccia.

C’è grande agitazione tra gli uomini del personale. Ettore ha un’idea precisa di quello che è in ballo; una grossa partita, coca probabilmente, sta per essere consegnata al largo, da un’imbarcazione da diporto. Chi può controllare tutti gli yacht e i motoscafi che incrociano per il Mediterraneo, in una notte d’estate? L’uomo che ha legato Ettore esce e rientra più volte. E’ piuttosto agitato; continuamente fa e riceve chiamate sul cellulare. Nell’intervallo tra una assenza e l’altra Ettore studia con attenzione i nodi che lo legano. Diversi ‘nodi parlati’, una ‘gassa’. Non si vive su un’isola senza una conoscenza approfondita dei nodi. Ringrazia mentalmente lo zio Salvatore che glieli faceva fare e disfare mille volte, perché quella dei nodi è un’arte antica e concreta. Si fanno in fretta, ciascuno per una specifica funzione; tutti devono poter essere districati in tempi brevi, in caso di emergenza…E quella é un’emergenza!

Il tipo che l’ha legato non era certo un esperto di nodi; Ettore fa qualche movimento, per vedere se riesce ad allentarli, intanto; prova a tirare con i denti, le orecchie tese ai suoni che vengono dal corridoio, perché quando il suo sorvegliante rientra non si insospettisca…

***

Il gommone con Achille e gli altri due uomini è di ritorno dal suo appuntamento al largo. L’approdo è al buio, all’altro estremo della spiaggia. Sembra che tutto sia andato bene: la musica va, le luci colorate lampeggiano, gli idioti continuano a ballare. Nelle sue mani una valigetta appena più grande della ventiquattr’ore di prima.

Achille avverte che c’è qualcosa che non va appena si avvicina di più alla discoteca. Una agitazione insolita, luci mobili di torce che si muovono tra le rocce.

Lo avvertono che il prigioniero è riuscito a liberarsi. Gli uomini sono già sulle sue tracce. Non potrà sfuggire; le possibilità di fuga sono limitate. Non verso l’estremo da cui sono venuti loro, che è a fondo cieco; perciò per forza tra le rocce da cui è arrivato. Si, la sua barchetta è stata bloccata e gli altri mezzi sono presidiati da uomini armati.

Achille li sta a sentire appena; chiude nella cassaforte la valigia che ha in mano. Fa un altro tiro di polvere bianca, più profondo stavolta.

E’ terribile da vedere: la pupilla dilatata; una smorfia che gli deforma il viso… Si gioca tutto, con quello stronzo tra i piedi… Sa troppo, ha visto troppo… E poi si conoscono troppo bene…

Achille si lancia di corsa tra le rocce e risale il gruppo degli inseguitori  che presto si lascia indietro. Non sente la fatica; i suoi sensi sono acutissimi, riesce a vedere nel buio; soprattutto pensa di essere stato sfidato, offeso, e una rabbia sorda gli monta dentro come una piena.

Quella é una parte dell’isola ancora poco abitata; dalla parte del mare le rocce chiare e tenere, modellate dal lavoro dell’uomo, lasciano il posto a rocce più aspre e irregolari. La parete sul mare è scoscesa, con qualche varco ricavato in altri tempi tra i massi: gradoni o stretti passaggi per superare l’erta. Achille conosce bene la zona e alla debole luce della luna, tiene d’occhio i punti di passaggio obbligati per uno che dal mare voglia raggiungere l’entroterra.

E lo vede, alla fine, un’ombra confusa tra le altre, ma perfettamente visibile ai suoi occhi di gatto, dilatati dalla droga.

 

Sandro Russo

 

Questo racconto è un’elaborazione del tema classico di Ettore e Achille dal libro XXII dell’Eneide, trasposto in un contesto isolano.

Tutti i personaggi sono di fantasia. Nessun riferimento è da fare a persone e/o a fatti reali

 

[L’ultimo eroe. (3). Continua]