Da oggi cominciamo a pubblicare, in più puntate, i vocaboli marinareschi del dialetto ponziano presi dal libro di Ernesto Prudente “Vocabolario illustrato del dialetto parlato dai pescatori e dai marinai ponziani”, la cui introduzione e il relativo commento sono stati già pubblicati, sempre su questo sito, in data 20 giugno 2011.
Inoltre, alcuni vocaboli di questo stesso libro, in relazione a situazioni, racconti o storie ad essi correlati, saranno contemporaneamente anche inseriti nella rubrica “Il mare”.
A
Abbajà
– ghiacciare v. Operazione che si fa al pesce, appena
tolto dalla rete, con il retino o smagliato, immergendolo in
una vasca contenente acqua ghiacciata.
Abbiàte
–abbrivo s.m. Avviare e mantenere il cammino con
un minimo di propulsione.
Abbiscià v.
Preparare in coperta, su uno spazio libero, ad
ampie spire, una cima o una catena in modo tale che si possa
svolgere rapidamente e senza alcun impedimento. Quando il
salpancora era uno strumento a mano, oltre ai marinai che
azionavano le sbarre per issare la catena, vi era un marinaio
addetto ad abbisciarla.
Abbrivje
– abbrivio s.m. L’inizio a muoversi, in avanti o indietro,
di una barca fino a quando non raggiunge la velocità che la
forza motrice le può imporre. E abbrivio è considerato anche il
perdurare del movimento di una imbarcazione che continua la
sua corsa dopo aver fermato i motori.
Abbrumate agg.
Si dice quando una tavola di legno della
carena è tarlata o cariata dalla azione della teredine, tarlo
marino vermiforme.
Abbuccà
– rovesciare v. Capovolgere, inclinare, piegare.
Dicesi quando un natante si inclina su di un lato fino ad arri-
vare con la fiancata al pelo dell’acqua o addirittura quando
l’acqua penetra in coperta capovolgendolo.
Abbunaccià
– abbonacciare v. Il calmarsi del mare e del
vento.
Abbuzzà
– abbozzare v. Tenere fermo con una legatura provvisoria
(bozza) una catena o una cima tesata al massimo per
evitare che durante la manovra per avvolgerla ad una bitta o
ad una calorce essa scorra facendo perdere quello che è stato
tesato.
Acalà
– calare v. Abbassare, ammainare, gettare in acqua.
Acceppà
– acceppare v. E’ la manovra per assicurare al bordo
della murata, con particolari legature, l’ancora che è stata salpata.
Accuncià
– aggiustare v. Riparare, sistemare, mettere in ordine.
Accunzentì
– acconsentire v. Manovrare senza contrasti
Accustà
– accostare v. E’ la direzione che si vuole dare alla
nave, con l’uso del timone.
E’ usato anche quando ci si vuole avvicinare ad un’altra barca
o ad una banchina.Lo si usa anche per far compiere al natante
un movimento angolare di 30, 45, 90 gradi.
Affiurà
– affiorare v. Emergere, venire a galla.
Affunnà
– affondare v. Andare o mandare sott’acqua. Si dice di
qualunque galleggiante che, per essersi riempito d’acqua, si
sommerga e discenda fino a toccare il fondo marino.
Agguantà
– agguantare v. Smettere di filare, azionare il freno.
Agguànte
– stabilità s.f. Saldezza ed equilibrio della nave.
Aghe
– ago s.m. Ago della bussola o quello per cucire.
Ajate
– occhiata s.f. Oblata Melanura della famiglia dei
Sparidi. Pesce che pur somigliando al sarago si riconosce
facilmente per il corpo più allungato e totalmente argenteo.
E’ molto diffusa nei nostri mari specialmente nel periodo primaverile.
Vive in fondali rocciosi lungo la costa ma non si
intana. Si pesca con le coffe, a traino, con i tramagli e con una
caratteristica rete da posta, a schiétte. Una pesca particolare è
fatta con sugheri galleggianti cui vengono attaccati diversi
ami dove le occhiate abboccano nel tentativo di mangiare
l’esca di pane. La sua morte è alla brace o in bianco.
Aizzà
– alzare v. Issare, portare in alto.
Continua