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Riflessioni sulla processione di San Silverio

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di Isidoro Feola

 

Qualche breve considerazione sulla cornice che ha accompagnato la processione di San Silverio, già poeticamente tracciata da Noemi D’Andrea, che però vorrei provare ad esprimere, prendendo in prestito il titolo di una rubrica molto seguita su “PONZA MIA” (anni 1965 e segg.) che, chissà, forse sarebbe il caso di riprendere: “Strette di mano… e tiratine d’orecchie”, con il permesso di Giuseppe Mazzella.

[2]
Cominciamo dalle “tiratine d’orecchie” all’ingombrante e policromo plotone delle autorità civili e militari, sempre più numeroso negli anni, piazzato in processione, tra la banda ed il simulacro del Santo Patrono, in  maniera fastidiosa. Fastidiosa perché i componenti facevano a gara a mettersi ai primi posti e/o lateralmente per risultare più visibili. Come se non bastasse la partecipazione di quelli presenti sull’isola (che sono, comunque, spropositatamente numerosi rispetto alle reali necessità). A questi si sono aggiunti militari venuti da fuori, oltre a quelli che hanno in passato effettuato il loro servizio a Ponza (lasciando per lo più un cattivo ricordo della loro presenza) e che non vedevano l’ora di andare via perché “…a Ponza si sta male”.

Ma, se sono stati così male, perché ritornano? Ah! Ecco …ritornano per devozione a San Silverio! Ma se sono devoti del Santo non c’è bisogno di mettersi in mostra… né tantomeno in mostrine… E non facciamoci vedere con il cellulare attaccato all’orecchio, anche in processione!
Al Molo Musco c’erano quattordici imbarcazioni (gommoni, gommini, motoscafi, motovedette, pattugliatore).
Forse perché c’era la televisione (anzi due: RAI uno per “Linea Blu” e poi una televisione tedesca).
Non sono così presuntuoso da interpretare le sensazioni dei Santi, però penso che San Silverio non sia molto contento di questo .
Speriamo invece che durante la processione sia avvenuta la auspicata, seppure metaforica, immersione nella biblica “cisterna di Siloe” (alimentata da una sorgente intermittente alle pendici del monte Sion), da cui si esce purificati e lavati delle ingiustizie perpretate. In tal caso San Silverio sarebbe molto contento.

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[3]

Una stretta di mano a Ben Khelil Khaled, del pontile “La Fenice” in località Giancos, che già da qualche anno organizza, a sue spese, un punto di ristoro gratuito (quando la processione gira per far ritorno al Porto) mettendo a disposizione di tutti una varietà di bibite fresche e dissetanti che certamente aiutano ad attutire il caldo e la stanchezza.

Khaled dà lavoro, sul suo pontile, a diversi ragazzi ponzesi. E pensare che, quando i nostri nonni e padri si trovavano con le burchielle ad aragoste in Tunisia (dove qualche armatore ponzese aveva anche casa), un antenato di Khaled faceva la guardia alle imbarcazioni. Nessuno si ricorda come si chiamasse, ma tutti lo ricordano come “Farina”, e lo chiamavano così sia per il colorito scuro della sua pelle, sia perché “porto Farina” e “capo Farina” erano i punti della provincia di Biserta dove i nostri facevano tappa per andare a “La Galite”.
Quindi grazie a Khaled per la sua sensibilità verso San Silverio ed i suoi devoti

[4]
Ah, quasi dimenticavo… Khaled è musulmano!!

Isidoro Feola