di Franco De Luca
Passata la festa che porta il culto dei ponzesi per San Silverio sino al cielo con i botti colorati come fiori, le ghirlande che addobbavano il sagrato della chiesa stanno ammonticchiate in un angolo, in attesa d’esser gettate. Fino ad ieri verdeggiavano l’aria circostante la chiesa e la profumavano lievemente. Perché la “mortella” ha questa qualità, di lasciare un profumo dalle sue foglie. Questo di giugno è il tempo in cui la mortella apre i fiorellini bianchi e le fogliuzze di verde novello odorano.
Quando, sul far del mattino, si va nei calanchi dell’isola a tagliare i ramoscelli, l’effluvio della mortella ti avvolge. La notte ha lasciato sul fogliame una mano di rugiada che al primo sole evaporerà. E’ quella l’ora di affrontare il lavoro, perché il calore in piena mattinata affatica il trasporto della mortella fino al luogo dove, intrecciata a dovere, prenderà forma la ghirlanda.
Luigi Ambrosino avviluppa i rametti e Cristoforo e Giovanni (Pataccone) li trattengono con lo spago. Sono loro gli artefici delle ghirlande con la mortella. Lo fanno con fatica e borbottando perché non li aiuta nessuno, ma è il loro vanto: quello di essere unici e indispensabili. Nessuno riconosce loro apertamente questo merito ma la certezza che, nonostante tutto, quel lavoro lo eseguiranno a dovere, è ben fondata nei compaesani .
Quando, chiamati dalle campane, i ponzesi gareggiano per prendere posto in chiesa per assistere alla messa solenne, le ghirlande di mortella manifestano a tutti come questo pugno di uomini coniugano con pervicacia la loro fede con l’attaccamento alle tradizioni.
Tramandano una pratica che risale a quando si cercava di dare alla festa un aspetto decorativo, di renderla bella, adornando anche le strade dove il Santo passava in processione.
Un fregio il più naturale possibile, il più economico. Anche il più faticoso. Oggi ritenuto tale perché gli addobbi sono alla portata di tutte le tasche. Ma sanno di posticcio. Il loro significato dura lo scatto di una foto.
La mortella invece parla il linguaggio del cuore anche quando è stata tolta dalla sua impalcatura e giace negletta in attesa d’essere smaltita. Rimanda al prossimo anno, sicura che la devozione non verrà meno.
Franco De Luca
Gino Usai
24 Giugno 2011 at 16:35
L’ornamento del corso principale di Ponza con ghirlande di mortella nel giorno di S. Silverio è rito antichissimo e bellissimo, che si tramanda di generazione in generazione. Ai bambini, un tempo, piaceva staccare dalle ghirlande le bandierine colorate che le ornavano, per agitarle al vento. Speriamo che la tradizione della mortella non venga interrotta da intrusioni ambientaliste o dall’inedia e dall’indifferenza delle nuove generazioni.
Sento il dovere di ringraziare di cuore i nostri “eroi” che ancora si adoperano per raccogliere e intrecciare la preziosa e profumata mortella, già cara a Venere. Questi “eroi” hanno un nome e un cognome e vanno encomiati: Luigi Ambrosino, Cristoforo Tagliamonte e Giovanni Pacifico, che tu, caro Franco, fai bene a ricordare nella tua splendida nota.
Ma un grazie di cuore va dato anche a te, che ti sei adoperato tantissimo per la buona riuscita della festa, insieme ad un gruppo di “mastri di festa” composto da Attilio Mazzella, Giosuè Coppa, Silverio Francavilla, Ciccillo Costanzo, Peppino Iacono, Silverio Di Lorenzo, Carlo Marcone, Alfonsino Iodice e da tanti altri. Con competenza, amore e gratuità vi siete adoperati per realizzare la festa di S. Silverio, simbolo di Ponza, della sua devozione religiosa e della sua storia civile.
Grazie al vostro impegno e a quello del caro parroco don Ramon (che ha voluto indire il Giubileo di S. Silverio per il 1475° anniversario della sua elezione a Sommo Pontefice avvenuta l’8 giugno del 536) la festa è riuscita bene, è stata sobria ma di intensa religiosità; sono stati anche appianati i debiti pregressi, grazie ad un’oculatissima gestione delle risorse. Così il prossimo anno faremo una festa ancora più bella per tenere alti la nostra religiosità e il nome di Ponza e dei ponzesi, troppo spesso denigrati e ingiustamente maltrattati. Ci auguriamo al contempo che il Santo Patrono ci aiuti a diventare tutti più uniti e più cristiani.
Gino Usai