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Passioni botaniche ponzesi. 6. Le ‘piante rare’ di zia Olga

di Sandro Russo

 

Le piante presentate qui di seguito non sono tipiche dell’isola, anzi forse sono sconosciute ai più; ma di certo erano in passato e sono tuttora ben note, diffuse e scambiate, nel giro degli isolani appassionati del campo…
Nella mia memoria esse sono comunque indissolubilmente legate a Ponza ed in particolare ad una mia zia che adesso non c’è più.
Le ho sempre viste in giro, prima nella casa dei nonni poi dalle zie, curate amorevolmente dalla zia Olga, che aveva capacità non comuni, oltre che con le piante, per la cucina, i dolci e i ricami.

In altri tempi – e a Ponza in particolare, in un’economia di sopravvivenza – l’idea di comprare le piante non esisteva proprio; erano invece molto diffusi lo scambio e la seminagione in proprio… ‘ndi pécie (piccoli riquadri in piena terra o in un grosso vaso) da cui le piantine venivano poi spastenate (il termine italiano è ‘ripicchettare’ o trapiantare) con l’apposito attrezzo a punta: u’ spastenature (o piantatoio).

Altrettanto consueti erano gli scambi di talee – …ché, m’u putisse da’ ‘nu schiuopp’? – che in mani esperte avevano un indice di attecchimento molto alto. Prima ancora che si conoscessero i cosiddetti ‘ormoni radicanti’, mia zia – certo per antica tradizione – inseriva un chicco di grano in un occhiello che faceva alla base della talea (per esempio di rosa, o di garofano), prima di interrarla. Il principio attivo degli ormoni radicanti attuali, infatti, esiste in natura: sono le cosiddette auxine vegetali, prodotte dal seme stesso nella fase di radicamento; la germinazione del seme diffonde il principio attivo e ‘trascina’ il radicamento della talea.

In generale, non direi che i contadini amino le piante; le conoscono bene e vivono di esse; ma il cosiddetto ‘amore per le piante’ è più un vezzo borghese, o intellettualistico. Si è affermato storicamente quando la gente ha potuto pensare ad altro che non fosse la mera sopravvivenza.

A parte mia zia… La zia Olga trafficava in piante! Era una naïf raffinata; una amatrice di genio. Coltivava per passione. Piante che nessuno conosceva, ai tempi; mai saputo come se le procurasse! Le piaceva stupire… Che gli altri restassero a bocca aperta, davanti alle sue meraviglie. Io facevo parte del piccolo gruppo per cui dava spettacolo: non particolarmente entusiasta, a quei tempi. Si vede che l’esempio ha lavorato ‘…per via sotterranea’ – è il caso di dire!

Lei era generosa e prodiga di consigli, ma le piante fiorivano in quel modo solo tra le sue mani.
Ecco le sue piante preferite…

U’ ganzirre o Gaggìa – Acacia farnesiana È una  pianta di origine sudamericana, della famiglia delle Leguminosae – produce infatti, come seme, un caratteristico ‘legume’ – introdotta e per la prima volta coltivata a Roma negli Horti Farnesiani (da cui Acacia farnesiana). Ha portamento ad alberello spinoso e fiori radi in forma di piccoli globi dorati e profumati. Nota come ‘gaggìa’, nelle isole viene anche chiamata ganzìrr’ o ganzirri, probabilmente per la provenienza dall’omonima località sicula (una frazione del comune di Messina) da dove – ma è solo una mia ipotesi – qualcuno dei pescatori/navigatori ponzesi può averla introdotta.

Zia Olga ne aveva diverse pianticelle e generosamente riforniva di semi (neri e rotondi, poco più piccoli dei piselli) chiunque glieli richiedesse.

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I’ TtubberòseTuberose – Polianthes tuberosa Fam. Agavaceae – Originarie del Centro America

Erano i fiori preferiti della zia – “Il profumo più buono del mondo!” – ma diceva la stessa cosa di molte altre piante profumate, a seconda delle stagioni.

Non comuni in realtà in Italia, nel dopoguerra e negli anni successivi di cui ho memoria – sono invece molto conosciuti in tutto l’Oriente. Come siano arrivati a Ponza non mi è noto. È probabile che ne avesse portato qualche tubero alla zia qualcuno dei fratelli, che viaggiava ‘in continente’, sapendo di farle cosa gradita.

Si riproducono facilmente da tuberi che di anno in anno fanno dei bulbilli laterali – i figliulill’ – che si possono staccare, lasciar vegetare, e dopo qualche anno riescono anche a fiorire.

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Le tuberose hanno foglie nastriformi di colore verde intenso. Gli steli fiorali, erbacei ed eretti, terminano con una spiga di fiori doppi, bianchi e profumatissimi, che si aprono in sequenza, dal basso verso l’alto (come i gladìoli). Fioriscono da noi in piena estate. Alla zia erano richiesti i fiori per i bouquet da sposa – così come in primavera (maggio) sono utilizzati per lo stesso impiego i mughetti, che però a Ponza non ho mai visto. Entrambi molto profumati, bianchi e virginali.

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U’  fior’ i cera – La pianta di cera – Hoya carnosa – (Fam. Asclepiadaceae o Apocynaceae: controversa)

Era ‘la preferita’ della zia, ma già…  – si sarà capito – lei le preferiva tutte! La ‘pianta di cera’ e i relativi ‘fiori di cera’ di cui solo molto tempo dopo ho conosciuto il vero nome. Si trattava di una delle numerose varietà di Hoya (Hoya carnosa), una pianta di origine asiatica e australiana. Altre varietà comuni sono la Hoya bella, con foglie piccole (come quelle del mirto) e dalla ricca fioritura profumata e Hoya kerrii (dalle foglie grandi, a forma di cuore, ma di lentissima crescita)…  e tante altre (v. sotto).

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Particolare del fiore di Hoya carnosa. I fiori sono costituiti di numerosi piccoli elementi a forma di stella (20-30) disposti in una formazione globosa. La loro consistenza è vellutata, sono profumati (di notte di più) e stillano gocce di un miele dolcissimo (visibile nella foto qui sopra).

La pianta preferisce la mezz’ombra e una posizione riparata; meglio all’interno, ma anche all’esterno (verande, balconi) nei climi miti. In pieno sole le foglie assumono una brutta colorazione giallastra; sono invece abitualmente di un bel verde scuro, con picchiettature argentate; carnose, pur senza essere una ‘pianta grassa’.

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Ha bisogno di poca terra e acqua non abbondante (solo quando lo strato superficiale è secco, al tatto). Le piante devono raggiungere una certa dimensione, per fiorire. Si può aspettare anche per due-tre anni, ma poi si è ricompensati in avanzo. Succede  – proprio in questa stagione – di venir attratti da un profumo dolce, inesplicabile… Si inizia la ricerca, ed eccolo là, il fiore della Hoya, che si era persa la speranza di vedere mai! Ma attenzione a non togliere  i nodi dove la pianta ha fiorito l’anno prima, perché è proprio lì che rifiorisce l’anno successivo.

Attenzione anche alle infestazioni da afidi sugli apici vegetativi; e alla cocciniglia cotonosa che in condizioni di clima caldo e asciutto può invadere tutta la pianta.

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Grazie a Internet ho trovato recentemente veri maniaci-amatori delle Hoya in giro per il mondo, come l’autore di questo libro, collezione, raccolta, in qualche paese dell’estremo Oriente – in Malesia, ho saputo poi – che solo di esse tratta. Ci ho stabilito un contatto e uno scambio, in memoria della zia…

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Sandro Russo

N.B. – Questo articolo è una sintesi, rielaborata dallo stesso Autore, di una trattazione più ampia pubblicata su “O”, il giornale on line di ‘Omero’ – Scuola di Scrittura in Roma. Al link: “Piante rare e preziose.1” [8] (del luglio -agosto 2008 in quattro puntate). I link precedenti si trovano all’ultima puntata: “Piante rare e preziose.4” [9]