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A proposito di ‘identità ponzese’

di Franco De Luca

Vorrei provare a portare qualche riflessione sul concetto di  “identità ponzese”. Spero che induca chiarimenti.

La categoria concettuale di cui si parla è di natura  “sociologica”, per cui gli strumenti d’analisi sono inerenti alla natura, alla struttura, all’evoluzione della società in esame. Questa riguarda la comunità di Ponza.

Orbene, essa si è andata costituendo sui decreti del re di Napoli. Il quale iniziò con un permesso di locazione sui terreni dell’isola e proseguì con una serie complessa di norme, tali da configurare una società con diritti e doveri, sanzioni e permessi. Sotto il controllo di autorità – militari, civili, religiose – che monitoravano l’evolversi del complesso di persone (colonia), il cui vivere abbisognava di mezzi, materiali, norme e produceva ricchezza e relazioni.

Muri portanti di tale edificio furono: l’autorità del Re e, in subordine, l’autorità della Chiesa; muri di tamponamento furono le relazioni interpersonali e il libero articolarsi di essi in fatto di prestazioni lavorative, di commercio, di svago.

Più la rete di relazioni si diversificava, complicava, strutturava, più i decreti regali andavano regolando, vietando e permettendo.

Nella fase iniziale furono preponderanti le norme regali, ma subito dopo prevalsero le relazioni intersociali e quanto v’era connesso.

Che cosa distingueva il cittadino “ponzese”, per esempio, da un ischitano? Il fatto che il ponzese era caratterizzato legalmente dallo stato di “colono”; il fatto che la sua vita si muoveva secondo parametri che egli si andava a creare, non avendo una comunità già organizzata.

Il nucleo intorno al quale ruotava la sua vita di colono da cosa era costituito? Risposta: dalla sopravvivenza, e dunque dal lavoro, che la rendeva possibile.

Dapprima fu il duro impegno nei campi, ma subito dopo, vista l’asprezza del terreno, vi si accompagnò anche la pesca. Ben presto si scoprì che il commercio del pescato poteva ulteriormente arricchire il reddito. Fu gioco forza specializzare la pesca in aragoste e corallo, come avevano fatto per secoli i pescatori provenienti dalla Campania.

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Se questo accadeva nell’ambito economico, anche nell’ambito delle relazioni si assistette ad uno sviluppo. Centrato prevalentemente sulla devozione religiosa. Non v’è dubbio che la durezza della vita sull’isola (di cui tante sono le testimonianze) dirottò le speranze, le aspettative, nella devozione religiosa, che accoglieva le sofferenze e dava ad esse un risvolto accettabile. La vita grama acquisiva merito agli occhi di Dio e diveniva benedizione.

Aiutò questa proiezione subliminale il culto di san Silverio. Il quale, pur essendo  “estraneo”  ai culti degli ischitani e dei torresi,  impersonificò, con la vicenda della sua vita, il travaglio dei coloni ponzesi. Egli, nella rassegnazione, nella disgrazia, mantenne integra la condotta e nel martirio la esaltò.

Il motore di questa operazione ovvero il medium fu la lingua parlata: il dialetto. Tutto si compì spontaneamente. La devozione motivava; il dialetto faceva da amplificatore mediatico.

Nel campo economico intanto il motore era il lavoro, espresso nella prestazione fisica, più o meno accorta.

La società ponzese si è sviluppata intorno a questi fattori.

Forse, non so bene quanto, un ulteriore impulso alla coagulazione di quella cultura che andava a prendere corpo, fu la presenza della “popolazione parallela” esistente a Ponza: quella dei deportati. Influì essa nell’opera di strutturazione della cultura autoctona, in modo da distinguerla da quella “esterna” dei deportati? Io penso che una qualche influenza la ebbe.

Cosicché, agli inizi del 1900 la comunità isolana aveva espanso la sua zona di lavoro in  tutto il mar Tirreno. Non solo, da comunità di pescatori stava diventando società commerciale. Con basi operative in Francia, in Sardegna, all’Elba. Trainandosi dietro i capisaldi della sua identità culturale: il dialetto, la devozione a san Silverio, la volontà di lavorare. Intorno ad essi ruotano una serie di implicazioni. Perché la lingua è veicolo di informazioni ma anche di valori, di credenze, giudizi e pregiudizi. Il culto prefigura una visione della vita, della morte, dei rapporti con l’ intero universo. Il lavoro sottende i rapporti economici. La “cultura”, intesa come complesso di conoscenze, norme, modi di vivere, lingua e relazioni, si  sviluppò all’interno di questo quadro di fattori.

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Oggi la fluidità della civiltà ha  “liquefatto”  le basi delle società, per cui i principi interpretativi vanno continuamente rivisti.

Pure la società ponzese sta cambiando. Il lavoro sta assumendo la configurazione del  “terziario”,  per cui la prestazione di manodopera diretta viene effettuata da altri (immigrati dall’Europa dell’Est e altri…  ). Il dialetto si sta diluendo in una miscela di campano e di laziale. Le pratiche devozionali seguono la secolarizzazione dominante.

E tuttavia ancora non è dato rilevare segnali diversi da questi, che possano identificare il “ponzese”. Capisco che essi stanno stemperandosi, ma ancora non mi sembrano scomparsi.

Vedo bene che la caratterizzazione della società ponzese sta diventando difficile da cogliersi, pure però è innegabile che il forte legame delle comunità ponzesi in America e altrove sta a dimostrare che l’“identità sociale” è ancora sentita e opera.

Un giornalista mi ha fatto questa domanda: come mai esistono comunità ponzesi nel mondo, che intrattengono rapporti con l’isola madre e ci tengono a figurare come comunità “ponzesi”,  e lo stesso non è avvenuto per gli abitanti di Capri, Ischia, di Ventotene, di Procida?

Ho abbozzato una risposta che ha seguito il discorso testè fatto. Che è  superficiale, perché la materia andrebbe esaminata nei dettagli. Ma il mio intento è quello di gettare le basi da cui partire per ulteriori analisi.

 

Franco De Luca

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West Palm Beach Florida  – 11th Annual S. Silverio Shrine Florida Reunion at Alberto’s Italian Restaurant; 2000

I partecipanti: Silverio & Agnes Califano, Nino & Petra Califano, Ivio & Isa Mazzella, Joseph & Sue Mazzella, Italo & Helen Mazzella & Lee, Joseph & Paula Turco, Nelson & MaryAnn Mazzella, Pat & Josephine Conte, Mike & Dina Sangermano, Bill & Lorraine Cummerfort, Jerry & Lucy Iodice, Giovanni & Assunta Curcio, Anna Vitiello, Luigi & Maria Vitiello, Carmine & Sylvia Mazzella, Fred & Jan Mazzella & Laurie, Olga Verde, Adelle Mazzella, Camille Moses, Victoria Cristo, Oriento & Maria Iodice, Luigi & Louise Galano, Fran Lamb, Elizebeth Lamb, Giovanni-Sylvia-Silvio-Anne-John Coppa