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“Sono perle, quelli che erano i suoi occhi…”, di William Shakespeare

proposto da Sandro Russo 

[1]

 

Nell’Atto primo, Scena seconda de ‘La tempesta’ di Shakespeare (1564-1616) lo spiritello Ariel rievoca il naufragio del padre di Ferdinando

 

FERDINANDO

Dove può essere questa musica? Nell’aria o sulla terra? Non suona più: certo è al seguito di qualche nume dell’isola.

Seduto su una riva mentre piangevo ancora il naufragio del Re mio padre, questa musica mi strisciò accanto sulle acque placando la loro furia e la mia angoscia con la sua dolce melodia.
 L’ho seguita, o, piuttosto, essa mi ha trascinato qui. Ma è svanita. Ecco, no, ricomincia.

IL CANTO DI ARIEL

Sotto cinque tese di mare tuo padre giace.
Già corallo sono le sue ossa
e sono perle, quelli che erano i suoi occhi
Tutto ciò che di lui deve dissolversi
viene cambiato dal mare
in qualcosa di diverso e più ricco…
Ad ogni ora le ninfe del mare
una campana fanno rintoccare.

Ritornello

Din-don!

ARIEL

Ecco, la sento: Din! Don!

FERDINANDO

La canzone ricorda mio padre annegato. No, non è cosa umana, né suono che possiede la terra. Ora lo sento sopra di me.

ARIEL sings  

Full fathom five thy father lies;
Of his bones are coral made;
Those are pearls that were his eyes:
Nothing of him that doth fade
But doth suffer a sea-change
Into something rich and strange.
Sea-nymphs hourly ring his knell

Burthen Ding-dong

Hark! now I hear them -Ding-dong, bell.