Botanica

L’isola misteriosa (1)

di Sandro Russo

 

C’era una volta un’isola misteriosa…

Eppure non avrebbe dovuto essere tale, dal momento che me la trovavo davanti tutte le mattine che mi svegliavo; dalla casa dei nonni, nell’isola dove ho passato tutte le estati, tutti gli anni dall’infanzia all’adolescenza.

L’isola era là, a circa sei miglia di mare dal centro abitato dell’isola più grande, perfettamente visibile in lontananza dal balcone di casa, aperto sulla rada del porto; qualche volta sfumata nella foschia del primo mattino, più spesso netta e verdeggiante di boschi; nei giorni di tempesta contornata da rabbuffi di schiuma bianca.

Il mistero poteva forse essere diminuito (…ma non accadde, anzi!) per il fatto che ci si passava piuttosto vicini, con la nave che dal continente portava all’isola maggiore. Si vedevano allora le coste scoscese di roccia, di color giallo-bruno e la gran vegetazione che la copriva da ogni parte. C’era anche la fuggevole vista di un’unica grande casa, bianca, immersa nel verde.

Così, misteriosa quell’isola è rimasta a lungo. Troppo lontana per andarci a remi, in anni in cui i motori fuoribordo e i gommoni, che si sono diffusi solo più tardi, erano fuori dai nostri mezzi di ragazzini.

Negli anni successivi, qualche escursione in barca, a pescare lungo le coste; qualche arrampicata a piedi, per la maestosa scalinata di pietre tra i cespugli, fatta – si diceva – dai monaci in tempi remoti, fino ai resti del monastero e alla grande casa bianca. Ma poco più.

La scalinata in pietra, immersa nella macchia mediterranea (cisto, lentisco, erica, euforbia) che dall’approdo prospiciente l’isola principale, porta alla casa e ai ruderi del monastero

Continuando la salita, appare la grande casa bianca, costruita sopra i ruderi del vecchio monastero

L’isola restava misteriosa nell’immaginario, malgrado la superficiale frequentazione. La sua essenza mi sfuggiva – confusamente avvertivo – frastornato com’ero dalla novità, dal sole abbacinante, dai profumi della vegetazione estiva, dalle grida che accompagnavano le nostre escursioni di ragazzi in vacanza.

Intanto su di essa andavo accumulando informazioni e dicerie.

L’isola era stata nel remoto passato (fin dal VI – IX secolo) un eremo monastico; poi diventato cistercense e quindi, intorno al XIII secolo, benedettino.

I ruderi del vecchio monastero a picco sul mare, su uno dei lati della costruzione più recente

Dal parapetto del monastero ci si affaccia sull’altro versante, con vista del faro

Fuori mano rispetto all’isola principale, per puro caso è stata sottratta, da un editto borbonico, alla deforestazione che ha devastato l’altra isola. La vegetazione si è differenziata: fitta e tipica macchia mediterranea da una parte, mentre dalla parte opposta c’è un bosco di piante ad alto fusto e funghi in quantità. L’isola è stata ripopolata negli anni ’20 con mufloni che si sono riprodotti in completa libertà.

L’incontro con un asino selvatico. Sullo sfondo erica; a sinistra, nella foto, una piccola pianta di corbezzolo (Arbutus unedo); intorno all’asino una graminacea diffusa nei terreni aridi (Ampelodesmos tenax – ‘strame’ o ‘struglio’), con le foglie nastriformi dai margini taglienti, usata in passato per fare scope

Nel dopoguerra, sulle rovine del vecchio monastero, è stata edificata una grande casa, l’unica dell’isola oltre al faro sull’altro versante, e tutto il complesso era stato dato in affitto a un nobilastro ricchissimo della capitale (che poi aveva fatto una brutta fine), e pare che ci si svolgessero delle orge.

Recentemente (dal 1979) l’isola è stata dichiarata parco nazionale e non ci si potrebbe andare senza autorizzazione. Gli asini utilizzati dal guardiano per trasportare carichi dal mare alla villa sono diventati selvatici e c’è una popolazione stanziale di mufloni, anch’essi introdotti in altri tempi per finalità venatorie e riprodottisi in libertà. All’inizio dell’estate è anche possibile vedere i piccoli dei mufloni che fanno i primi giri di esplorazione in compagnia delle mamme. Si possono distinguere le annate di siccità da quelle in cui è piovuto di più, in inverno e in primavera; in questo caso la vegetazione è rigogliosa e il verde più brillante.

Cucciolo di muflone sorpreso nelle vicinanze del faro

Ce n’era d’avanzo per stimolare la fantasia, ma la soluzione di ogni mistero fu rimandata ad altri tempi…

Di fatto l’isola fu messa da parte per molti anni, tra i miei pensieri, sovrastata da altri interessi: il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza, la scoperta del vasto mondo, gli studi; poi il lavoro…

Si propose per caso, l’occasione di stare sull’isola per qualche giorno, con un gruppo di amici/amiche appassionati di mare e vita all’aperto. Il custode della villa, all’epoca, ospitava piccoli gruppi con patti chiari fin dall’inizio: servizi essenziali e abitudini spartane; portarsi dietro le provviste, cucinarsi da soli. A noi stava bene. Cominciammo così pieni di entusiasmo un fine settimana lungo, di mare sole pesca ed escursioni.

L’isola è ricchissima e vergine, per il fatto di essere stata casualmente preservata dalle invasioni turistiche.

A seconda delle stagioni, le fioriture, i profumi e il colpo d’occhio possono essere molto diversi. In primavera i gabbiani depongono e covano le uova e si producono in stridii minacciosi e voli radenti contro i curiosi, per tenerli lontani dai nidi.

 Uova di gabbiani, di colore bianco-grigio-verde, mimetizzate tra l’erica; fotografate all’inizio della primavera

In effetti tutta l’isola è un solo grande museo all’aperto della flora mediterranea…

[L’isola misteriosa. (1). Continua qui]

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