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Flavia Domitilla (1)

di Ernesto Prudente

 

“Non si nasce cristiani, lo si diventa”
(Tertulliano)

PRESENTAZIONE

Caro lettore, è mio desiderio volerti offrire un intingolo per appagare le papille gustative del tuo cervello.  Non so se nel  bicchiere che vado riempiendo versi vino o premuta d’uva. Stai attento perché sono due cose diverse ma non differenti perché ambedue hanno l’acino in comune.

Non mi è stato facile raccogliere notizie sulla vita di Flavia Domitilla anche se Filippo Ratti, un superappassionato raccoglitore di tutto ciò che è stato scritto su Ponza ha fatto di tutto per aiutarmi e accontentarmi.

Filippo, Domenico  per gli amici, pur essendo nato a Ponza, vive a Torino. La mamma, ponziana autentica, nata e cresciuta nella zona della Chiesa di Le Forna, frequentando la famiglia Mazzella di Chiaia di Luna (Gelsomina, Giuseppina, Maria, Salvatore, Mario, Tonino) di cui era parente, conobbe un confinato, si innamorò  e lo sposò.

Da questa unione nacque Filippo.

Quando il padre finì il periodo di confino a cui era stato condannato, perché antifascista, prese armi e bagagli, moglie e figlio,  e ritornò nella sua Torino dove Domenico, poi, è vissuto.

Ho conosciuto Domenico per lettera e in età matura.

Il dottore Mario Balzano, isolano e cultore della storia della sua terra, apparentato con Domenico, di cui conosceva la passione, identica alla mia, di raccogliere qualsiasi tipo di studio che fosse stato fatto su Ponza, mi parlò di lui e mi mise in contatto. Questo nostro rapporto dura da decenni.

Io devo essere eternamente grato a Domenico per quello che mi fa avere.

Mi arrivano continuamente scatoloni gialli, quelli messi in  commercio dalle nuove poste, contenenti libri, parte di libri, riviste e giornali, tutti con notizie su Ponza.

Notizie  di storia, di geologia, di biologia, di poesia, di letteratura, di scienze, di religione.

Informazioni di tutto, indicazioni di ogni  genere.

Domenico vive a Torino e ha a disposizione diecine e diecine di Biblioteche nelle cui sale passa le mattinate.

Tutti quei  ponzesi  che frequentano di rado  la Chiesa,  hanno imparato,  da poco tempo, che la parrocchia di Ponza centro,  la parrocchia principale dell’isola, è fortificata da due santi protettori: San Silverio e Santa Domitilla, cosa che ho appreso anch’io, nella età della vecchiaia, perché ho sempre pensato che la roccaforte fosse solo San Silverio pur sapendo che a Ponza sono esistite ed esistono diverse donne di nome Domitilla, Tummetélle, e Flavia che un qualche aggancio dovevano pure averlo con qualche abitante  i quartieri alti.

Il nome originario è Flavia Domitilla ed io mi farò carico di chiedere a Tony e a Giuseppe, i due prestigiatori dell’Ufficio Anagrafe se nella dichiarazione delle generalità, per la formulazione dell’atto di nascita, al nome Domitilla è premesso quello di Flavia e, dato che esistono diverse donne di nome Flavia, vorrei sapere se esso è accompagnato da Domitilla.

Di San Silverio sono pochi i lati oscuri che la storia ha omesso: non sappiamo dove è nato e né dove è stato sotterrato, non conosciamo in quale delle due isole sia  stato ucciso ma sappiamo abbastanza delle vicissitudini della sua vita.

Di Santa Domitilla penso di poter affermare che sappiamo qualcosa in meno. Io ho fatto di tutto per aggiungere qualche tassello, per cercare di dare un volto più completo  al mosaico.

Non giudicare questo lavoro, caro  lettore, dalla mole e dalla consistenza, pensa a quella botte piccola che contiene il vino buono.

Una ultima notizia, di cui credo che pochi siano a conoscenza: nel 1933, ( anno XI E.F.) il maestro Donato Cuomo, noto, per la sua saggezza e  per la sua sapienza,  come il maestro Salomone, diede alla stampa  il romanzo “ FLAVIA – la fanciulla delle isole”.

L’autore dà sfogo al suo estro e in quattrocento pagine racconta la storia di una fanciulla isolana che in una sera di novembre del 1217 fu, con uno stratagemma, portata assieme al  padre su una nave pirata, ancorata nella baia di Chiaia di Luna, e rapita per essere condotta dallo sceicco Omar.

Aveva appena sedici anni questa vaga creatura, e già riuniva in se tutti i pregi di quella divina bellezza che oggi ammiriamo ancora nelle tele immortali dei nostri più grandi pittori.

La personcina sufficientemente sviluppata somigliava ad un fiore che in maggio s’innalza da flessibile arboscello pieno di vita, di profumo e di freschezza. La sua bruna carnagione faceva maggiormente spiccare il bell’ovale del volto pieno di espressione e leggiadria miste a quell’aria di nobile fierezza di tutte le figlie della marina che leggono nelle anime come leggono nelle tempeste.

Neri come ala di merlo aveva gli archi delle sopracciglia in cui raggiavano solo gli occhi belli, che quantunque nerissimi e profondi come gli abissi del suo mare pieno di mistero, scendevano nell’animo altrui per accendere nobili desideri di preghiera e di quiete.”

Il suo viaggio fu lunghissimo e pieno di tormenti, di supplizi, di  patimenti, di torture.

“Ma ricordando, o buona lettrice, le sofferenze della nostra fanciulla, le tribolazioni patite  dal giorno del rapimento fino a quello in cui lasciò la reggia di Malek, la compagnia del Poverello che fece più bella, più pura quell’anima e le diede una impronta angelica, non deve ritenere esagerato e precoce il suo sviluppo intellettuale né meravigliarti di quei virtuosi sentimenti che richiamano l’attenzione delle nobili donne napoletane.

L’uomo è animale che subisce l’influenza dell’ambiente in cui vive, buono o cattivo che esso sia. Per questo accanto  al Poverello, a quel sole di santità e d’amore  che s’innalzava sulla travagliata umanità, la figlia del pescatore di Ponza doveva necessariamente diventare, con meraviglia di tutti, la saggia e virtuosa figlia di S. Francesco”.


INTRODUZIONE

Eusebio di Cesarea, nella “ Storia Ecclesiastica ”scrive : “Tramandano che nell’anno quindicesimo di Domiziano, Flavia Domitilla, nipote di Domiziano  e di Flavio Clemente, che fu allora uno dei consoli di Roma,  insieme con numerose altre persone fu deportata nell’isola di Pandataria per avere confessato Cristo”.

A sua volta Dione Cassio, nella Historia Romana, afferma che l’imperatore Domiziano “tolse la vita, con molti altri, anche a Flavio Clemente, benché fosse suo cugino e genero per aver sposato la figlia Flavia Domitilla, la Minore. La Maggiore rimane la  Flavia Domitilla, moglie di Domiziano.

Tutti e due, Flavio Clemente e la moglie,  furono accusati di ateismo, era questa l’accusa rivolta dagli idolatri ai primi seguaci di Cristo, e di ciò anche altri, sviatisi dietro le costumanze dei giudei, ebbero condanna, chi di morte, chi di confisca.

Marta Sordi, nel suo” Cristianesimo a Roma” ricorda, con il suffragio e il sostegno di diversi storici latini, che nel  95 a. C., Domiziano condannò alla deportazione nell’isola di Ponza, assieme a molti altri, Flavia Domitilla.

Ma quale Flavia Domitilla?

Vi è un’altra  Flavia Domitilla  nella storia, la terza, nata dal matrimonio tra Plautilla, sorella di Vespasiano, imperatore dal 69 al 79,  con il prefetto Fulvio Plausano che morì pochi mesi dopo la nascita della figlia.

E noi ci siamo messi a correre dietro questa fanciulla  dalla capigliatura bionda, da cui il nome Flavia .

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La  chiesa di Ponza centro pur essendo dedicata alla Santissima Trinità, venera due protettori: San Silverio, venti giugno, e Santa Domitilla, dodici maggio. Questi due importanti personaggi della Chiesa di Cristo subirono su quest’isola, dove vennero mandati prigionieri,  in epoche diverse,  sofferenze, stenti, afflizioni, torture, privazioni di ogni genere, supplizi, martirio  e soppressione.

Per la verità non furono i soli e non fu unico il motivo della loro segregazione.

Siamo nel primo secolo d.C., agli albori del cristianesimo.

La storia ci racconta che i martiri cristiani furono centinaia e centinaia e che la maggior parte di essi venivano esiliati e confinati nelle isole ponziane che, di quei tempi, erano di dominio privato dell’imperatore.

Aggregazione e annessione avvenute sotto l’esercizio incontrastato e assoluto del potere di Cesare Ottaviano Augusto.  Penso che sbarcassero a Ponza come quegli extra comunitari che giornalmente prendono d’assalto le coste di Pantelleria.  Per come si era sviluppata la faccenda ritengo che giornalmente arrivassero galeoni carichi di gente che aveva optato per la religione di Cristo. E fu proprio la divulgazione del cristianesimo a far nascere la persecuzione che risultò un movimento antireligioso allo scopo di stroncare sul nascere quelle correnti avverse al paganesimo e alla   dottrina religiosa  dei romani.

Nei primi secoli dell’era cristiana, l’autorità pubblica e la popolazione romana giudicarono incompatibile  la professione della fede cristiana  con le leggi che regolavano lo stato romano e cercarono di impedire con ogni mezzo, non escluso la forza e la violenza, la diffusione e la espansione del cristianesimo.

La persecuzione non è altro che la lotta, con ogni metodo e con ogni arma, dello stato pagano contro i seguaci del cristianesimo.

I motivi che diedero origine alla persecuzione dei cristiani in ogni  terra dell’impero romano furono diversi ma la causa principale, e non unica,  è da ricercarsi  nella religione  dell’impero che  considerava anche il riconoscimento del culto verso l’imperatore, verso l’impero e verso Roma. Di conseguenza il comportamento dei cristiani scatenò l’odio e il disprezzo dei pagani i quali vedevano in essi non solo i nemici della religione nazionale ma  i nemici della cultura, i nemici della vita pubblica dell’impero, i nemici di Roma.

Alcuni storici sostengono che il procedimento persecutorio contro i cristiani è la  conseguenza  naturale di provvedimenti amministrativi di polizia in forza dello JUS  COERCITIONIS nel senso che non vi fu, quasi sempre,  un regolare processo criminale per una violazione di legge ma  venivano adottate misure di polizia per salvaguardare il culto dello stato e quello dell’imperatore.

Un comportamento analogo lo si ebbe  durante il periodo fascista quando i poteri del Prefetto erano molto ampi. Egli, quando riteneva sospetto o pericoloso il comportamento di un individuo, lo ammoniva e lo assegnava al confino.

La pericolosità non richiedeva la pronuncia di una sentenza e nemmeno l’’acquisizione di prove o la formulazione di contestazioni sui fatti acquisiti.

Bastava la segnalazione di un fascista o di un milite perché un cittadino venisse inviato al confino.

L’iniziatore delle persecuzioni, il caposcuola della lotta contro i cristiani  fu Nerone.

Durante il suo impero, un periodo caratterizzato da travagli, tormenti, dolori e  morte, vennero uccisi  i discepoli di Cristo, Pietro e Paolo.

Nel 64 d.C., in piena  epopea neroniana, a Roma,  nella zona del Circo Massimo partì un furioso incendio che si propagò per l’intera città. Un incendio che durò sette giorni e sette notti. Le fiamme altissime devastarono tutto quello che incontrarono sul loro cammino. Nerone era ad Anzio e per quattro giorni non rispose agli appelli dei consoli  che gli giungevano da Roma.

Tacito scrive che quando  rientrò a Roma, salì sulla Torre di Mecenate e accompagnato dal suono della lira, intonò il lamento di Priamo nel vedere Troia in fiamme.

Spinto da Poppea, Nerone  accusò i cristiani dell’incendio.

Tacito, che non è stato mai tenero con i cristiani, e Svetonio accusarono, a loro volta,  Nerone della distruzione della città scagionando i cristiani.

Alla accanita e atroce lotta di Nerone contro i cristiani si  collegarono  tutti gli imperatori che lo seguirono fino ad arrivare a Costantino che provocò una rivoluzione nella gestione dello stato. Egli ammise la riconversione religiosa dell’impero dal paganesimo al cristianesimo. Per giustificare questo  rovesciamento e questa trasformazione che assicurava libertà di culto a tutti i cittadini, Costantino,  sostenne di aver visto nel cielo di Roma,  prima della battaglia di Ponte Milvio, contro Massenzio, una immensa croce luminosa, sovrapposta al sole, su cui vi era scritto: “In hoc signo vinces”, con questo segno vincerai.  Ordinò immediatamente di dipingere la croce, simbolo di Cristo, su ogni scudo dei suoi soldati.

La vittoria a Ponte Milvio arrise ai suoi combattenti e la sconfitta di Massenzio fu solenne.

Due giorni dopo, Costantino, percorrendo la via Lata, attuale via del Corso, entra in Roma da trionfatore.

E’ questo il giorno che segna il passaggio dalla Roma antica alla Roma moderna, dalla Roma pagana  alla Roma cristiana.

Un avvenimento che sconvolse i dati storici non solo di Roma, non solo dell’occidente, ma della vita mondiale di quell’epoca storica.

L’anno dopo, 313 d.c., emise il famoso Editto di Milano che non lasciava dubbi sulla inclinazione di Costantino e dell’impero di Roma verso il cristianesimo che egli stesso definì: “la religione più legittima e più sacra”.

 

[Flavia Domitilla. 1. Continua qui]

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