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Giuseppe Cesarano, medico condotto in Ponza

In relazione alla sistemazione del piazzale di Giancos va ricordato che la strada che lo fiancheggia è intitolata a Giuseppe Cesarano. Noi della redazione di “Ponza racconta” abbiamo quindi ritenuto opportuno proporre la sua biografia.

 

Giuseppe Cesarano

[1]

di Giuseppe Mazzella

Agli inizi del 1877 Ponza era rimasta improvvisamente senza medico. Una situazione insostenibile perché oltre agli abitanti alla cui salute bisognava provvedere, l’isola ospitava una numerosa colonia penale. Vi era una sola “mammana” e due volenterosi farmacisti, Vincenzo De Luca, che era anche sindaco e Biagio Farese, impegnati ad assicurare le cure necessarie con la scarsa farmacopea del tempo. Un gruppo di isolani volenterosi, capeggiato da Salomone, forse lo stesso maestro elementare degli anni Trenta, e grazie alla conoscenza della città dello “spedizioniere” Cesare De Luca, si era recato a Napoli per cercarne uno disposto a raggiungere “casa del diavolo”, come è scritto in una memoria dattiloscritta degli anni cinquanta. Dopo giorni e giorni di ricerca, in cui tutti declinavano l’invito intimiditi dalla lontananza e dalla fama dell’isola, triste terra di confinati, finalmente un giovane medico si dichiarò disponibile. Aveva da poco perso tre figli e l’ultimo ancora febbricitante se l’era portato a Napoli, dopo aver lasciato Scansano, un comune malarico della Maremma dalle parti di Grosseto. Era il dottor Giuseppe Cesarano, allora impegnato a collaborare con il professor Tarsitani, luminare di clinica ostetrica che gli avrebbe potuto aprire le porte della docenza universitaria. Cesarano, con laurea a pieni voti e grandi meriti già acquisiti sul campo come medico condotto in più di un comune, col figlio ancora malato e una moglie “lacrimosa” (così scrive ancora la breve memoria sopra citata) decise temerariamente di imbarcarsi sul piccolo piroscafo “Manzi” che assicurava il collegamento con Ponza in circa dieci ore di navigazione. Era il 28 febbraio del 1877. Il mare era brutto. Il viaggio fu fastidioso e pieno di disagi, ma all’arrivo fu accolto come un salvatore nella “Casa di Soccorso” sulla Parata. Cominciava l’avventura.

Seguiranno venti anni di lavoro forzato che lo vedranno ogni giorno, dalle cinque del mattino a sera inoltrata, quando non si aggiungevano le emergenze notturne, raggiungere a piedi le abitazioni dei malati, salendo e scendendo le colline dell’isola, e conquistando subito l’affetto e la riconoscenza di tutti e un encomio solenne del Comune solo un anno dopo, in cui era riconosciuto come “valente in Medicina, Chirurgia Oculistica, Ostetricia e in ogni singola branca inerente la professione”.

Il dottor Cesarano prese alloggio presso la Casa della famiglia Vitiello, di fronte la Torre, dove riceveva dalle prime ore dell’alba i suoi malati, per lo più poveri, che ricambiavano con uova fresche, uva, una bottiglia di vino, un po’ di pesce, della frutta. Provveduto a quello che oggi chiamiamo ambulatorio, alle otto si recava alla vicina Torre dove cominciavano le visite ai soldati della guarnigione e poi ai relegati dell’annesso ospedale. Finito anche qui il lavoro rutinario, cominciavano le visite a domicilio che lo portavano a girare tutta l’isola dal Porto fino a Punta Incenso. Per due decenni Giuseppe Cesarano non solo curò con dedizione e grandi doti mediche una popolazione che viveva in grave difficoltà, ma la educò anche all’igiene, diffondendo l’uso per le abitazioni dell’imbiancatura generale a calce viva, come antidoto utile a prevenire e contrastare le epidemie d’ileo-tifo, colera e morbillo che periodicamente devastavano la nostra isola. Ovunque andasse era salutato da rispetto e grande affetto. Tutti gli si rivolgevano con fiducia e tutti aiutava con umanità e sicura competenza professionale. Il Comune quasi ogni anno ne leggeva ufficialmente l’encomio e lo insigniva poi del Cavalierato della Corona d’Italia e della Medaglia di Argento ai Benemeriti della Salute Pubblica. Molti i casi in cui il successo medico si unì ad una ostinata volontà di curare che ha del prodigioso, con moribondi ultimali recuperati, parti difficilissimi in cui riusciva a salvare madre e bambino, cure elargite con tempestività durante le periodiche epidemie. Grande scalpore suscitò allora anche una perizia su un neonato morto, per il quale la madre era stata incolpata di infanticidio. Il cadaverino, già in avanzato stato di putrefazione, fu inciso dal medico per asportarvi i polmoni che affondarono subito nella bacinella d’acqua, smentendo la grave accusa. Cesarano, diversamente dalle autorità presenti che presenziavano con fazzoletti alla bocca per proteggersi dal puzzo insopportabile, aveva operato senza alcun filtro, così almeno scrive la memorietta, suscitando meraviglia e ammirazione. Di tutti i suoi assistiti teneva un ordinato registro, benché scritto in linguaggio criptico, per evitare che altri potessero leggervi. Insomma un grande medico che, pur sprovvisto di strumentazione adeguata, riuscì a garantire un buon livello di assistenza medica per le sue doti professionali unita ad una profonda umanità. Di lui sopravvive questa piccola foto in cui è ritratto con la sua caratteristica barbetta bionda. Sarebbe utile che chi ne sapesse di più su questa straordinaria figura di medico filantropo facesse conoscere a tutti altri particolari della sua vita.

E arrivò il 23 aprile 1897. Dopo venti anni di impegno senza risparmio, il dottor Cesarano e la sua famiglia decisero di tornare a Napoli. La popolazione affezionata lo accompagnò in lacrime e in una frenetica ovazione al molo di partenza. Per capire quando importante e incisivo fosse stato il suo impegno in tutti quegli anni, basti ricordare che dopo di lui occorsero ben quattro medici per sostituirlo.

Giuseppe Mazzella