Editoriale

Il turismo da solo non basta

di Giuseppe Mazzella

Finalmente è arrivata la primavera e con le belle giornate torna il desiderio per prepararsi alla prossima estate, da cui Ponza trae gran parte delle risorse economiche. L’inverno è stato duro, piovoso e economicamente difficile. L’estate imminente galvanizza ancora una volta le nostre speranze. L’isola comincia a vedere i primi visitatori. Si tinteggia, si accomoda, si rinnova. E si finisce per dimenticare che il problema della nostra terra non può essere risolto solo con l’impegno estivo. E’ evidente, e gli interlocutori del nostro sito lo sottolineano, che la residenzialità è il perno su cui costruire il futuro. Una residenzialità che si protrae per l’arco dei dodici mesi. Anche in pieno boom turistico-balneare, infatti, il fenomeno emigrazione non ha conosciuto soste. Un processo che ha avuto inizio a metà degli anni cinquanta, quando la S.A.M.I.P., la società che estraeva bentonite nel cuore delle colline di Le Forna, dopo aver abbattuto decine di abitazioni, costringeva intere famiglie ad emigrare. Da allora l’isola si è andata impoverendo sempre più, perdendo il bene più prezioso, i suoi abitanti. La politica miope del tempo favorì questo processo, permettendo di “ricostruire” a Formia, invece di impegnare la società mineraria a ricostruire sull’isola. Ma non fu, ovviamente, che una delle cause. L’ultima ondata di emigrazioni, agli inizi degli anni sessanta, fu un altro sintomo del grave malessere di cui l’isola soffriva. Una diaspora mimetizzata dal grande boom turistico degli anni settanta e ottanta, quando illusoriamente credemmo di aver risolto tutti i nostri problemi. La crisi economica di questi ultimi anni ha però messo in evidenza quanto fragile fosse il nostro sistema economico e sociale, tenuto provvisoriamente in vita da investimenti esterni da parte di aficionados che compravano case, ricostruendole e restaurandole, che alimentavano le imprese edili o dai tanti che affollavano comunque le nostre acque con imbarcazioni, portando un importante valore aggiunto alla nostra economia. In questa fase di ristagno, le cose si sono complicate. E’ necessario smussare al massimo lo stridore che c’è tra le estati vissute affannosamente alla ricerca di ogni possibile guadagno, legittimo, e i lunghi mesi invernali in cui tutto si assopisce e quasi muore. Ponza è sottoposta ad uno stress-test naturale che ha prodotto enormi guasti specie tra i giovani, ma non solo. Come invertire questo stile?

Resto fermo nella mia convinzione che a Ponza ci sono le risorse intellettive per avviare un nuovo corso che nasca dalla necessità di dare vita ad attività diversificate. Molti sono i giovani, pieni di energia e di idee, in grado di promuovere modi originali di investimento. Fissarci sulle stesse offerte non farà che ridurre per tutti i margini potenziali di attività e quindi di guadagno. La nuova via, però, potrà essere intrapresa solo se vi sarà una politica in questo senso, che favorisca una giovane imprenditorialità. Che non solo la favorisca, ma crei le infrastrutture necessarie in cui operare. Occorre uno sforzo di creatività e di politica sociale rivolta verso tutti. Io non dico di non aprire più ristoranti, hotel, bar, servizi di affitta barche, o altro, ma di farlo in modo originale, inventare cioè servizi che non siano simili ad altri. Ponza non è solo mare, ma possiede una bellezza anche a terra. Guidare i possibili turisti alla scoperta di queste meraviglie, organizzando gruppi in tutte le stagioni, con visite ai pochi ma convinti produttori vinicoli ad esempio, è un possibile modo per incrementare l’offerta. Certo i grossi cambiamenti possono essere alimentati solo da opere infrastrutturali, come la creazione di porti e di darsene in cui ospitare, altro esempio, un certo numero di barche a vela che, pure nei mesi invernali, possano essere utilizzate dai loro proprietari per circumnavigare il nostro arcipelago. La continuità in questo settore avvierebbe un processo virtuoso in cui tutti potrebbero trarre benefici. Chi ci impedisce di organizzare eventi culturali, specie se attinenti alla nostra realtà e alla nostra storia? Attrarre attenzione su Ponza anche d’inverno ci qualifica e alimenta un possibile turismo scelto, non limitato solo a quello balneare peggio se solo del mordo e fuggi. Questo presuppone, ovviamente, un cambiamento di mentalità con più socialità. Perché solo parlandoci e confrontandoci, non mi stancherò mai di evidenziarlo, potremo trovare soluzioni utili per tutti. Sono convinto che le nuove generazioni hanno il grande desiderio di “vivere Ponza”, anche se non sanno ancora come avviare il processo. Tutti possiamo contare sul forte legame che ci lega alla nostra isola e raccogliere e indirizzare questo sentimento non può che portare bene. Sarebbe utile che su questo tema ognuno manifestasse liberamente le proprie idee e suggerisse soluzioni. Quello che a me sembra chiaro è che Ponza non può più vivere su due velocità e che il turismo, così come è stato vissuto fino ad adesso, non è in grado di risolvere da solo né i problemi economici di Ponza, né tantomeno quelli sociali.

Giuseppe Mazzella



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