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L’onore di Ponza. Il Ten. Mario Musco.

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Inviato da Lino Catello Pagano

MOLO MARIO MUSCO
MEDAGLIA   D’ORO
TENENTE DEI BERSAGLIERI

C’è scritto su quella lapide murata sul muro del Molo Borbonico di Ponza. E ciascuno di noi, fin da bambini, deve averla letta tante volte da non farci più caso alla fine.
Oppure l’altra:

Il 26 dicembre 1912
in questa casa nasceva
Mario Musco
Tenente dei Bersaglieri
Medaglia d’Oro al V.M.
Caduto il 26 novembre 1940

murata sulla facciata di una casa addossata alla chiesa, sulla salita di Via Roma proprio davanti all’ingresso di quella che oggi è la Scuola Media e che ai miei tempi era la Scuola Avviamento Professionale Marinaro, e,  prima ancora,  i Cameroni dei Confinati.

Quante volte mi sono domandato chi fosse questo eroico figlio di Ponza, che così giovane aveva dato la vita per la Patria, già nei primi mesi di guerra.

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“Aveva appena due anni Mario Musco, quando la giovane mamma, Lucia Di Rienzo, affacciata al balcone della casa sul porto, poco lontano da  Punta Bianca, vide transitare sulla via sottostante, un giovane ufficiale dei Bersaglieri  dall’andatura marziale e  le piume al vento. Piena di ammirazione, mamma Lucia disse che un giorno avrebbe desiderato vedere così quel suo figliolo.  Quella donna esemplare e degna compagna di  Nazzareno Musco, uomo dai nobili principi e forte senso dello Stato, non avrebbe provato la gioia del figlio bersagliere, né la disperazione per la sua perdita in battaglia: un brutto male la rapì alla vita, quando Mario era ancora  un bambino. Fu la signora Rosina Fiacco, donna altrettanto colta e virtuosa, a prenderne il posto accanto a Nazzareno, trasferitosi a Roma negli anni dell’adolescenza di Mario, a colmare d’affetto e sani insegnamenti in eguale misura lo stesso Mario e i suoi fratelli Arturo, Iolanda, Ugo Corrado, Gabriele e Laura, tutti distintisi nella vita e nella professione intrapresa.

Nato a Ponza nel 1912, il giovane crebbe nella serenità, affermandosi presto “per vivacità d’ingegno, serietà di studi, austerità di costumi, fermezza di carattere ed elevato senso del dovere in ogni suo compito”.  Terminate le medie superiori in quel Liceo «Torquato Tasso»  che intitolò alla sua memoria la sala di ginnastica, Mario Musco intraprese gli studi universitari di giurisprudenza per laurearsi a pieni voti ad appena 21 anni. Nel frattempo, il giovane isolano non aveva trascurato il servizio militare. A lui non dissero mai del desiderio di mamma Lucia, ma appena dopo la Scuola Allievi Ufficiali di Complemento a Milano, eccolo, quasi fosse predestinato, al 2° Reggimento Bersaglieri. Era il 17 novembre 1932. Due anni di leva, il congedo, richiamato per l’addestramento  il 29 settembre 1935 presso il 1° Reggimento Bersaglieri, ancora in congedo, di nuovo alle armi presso il 5° reggimento Bersaglieri in Siena con il grado di tenente. Era il primo giugno del 1940, ancora nove giorni e “gli otto milioni di baionette”  sarebbero finite nel vortice della seconda tragedia del Novecento: un’altra Guerra Mondiale, ancor più crudele e devastante della prima.  Il 28 settembre di quell’anno, ecco il dispaccio del Ministero della Guerra con l’ordine di raggiungere il 5° reggimento sul  fronte greco-albanese. Per Mario, appena il tempo di salutare i  genitori e i fratelli, l’imbarco a Bari il 5 ottobre, l’arrivo a Durazzo il giorno successivo, il ricongiungimento ai suoi bersaglieri il 7 ottobre.

Tra il servizio militare universitario, il servizio di complemento e i frequenti richiami per l’addestramento, Mario Musco ebbe il tempo di vincere due concorsi indetti dal Ministero dell’Interno: come vice commissario di Polizia a Roma nel 1935, poi come funzionario di prefettura a Firenze dove conseguì, ad appena 26 anni, il grado di Primo Segretario.

Il primo encomio ad appena 23 anni ed è del Comando di Polizia da quale egli dipendeva: “….Di ottima condotta, disciplinato, dotato di ampia e superiore cultura generale e giuridica …è di carattere franco e leale, di animo mite ma fermo …è molto serio ed ha tratto corretto e signorile …sa ben trattare, dirigere, indirizzare, istruire gli inferiori sui quali ha molto ascendente”. Tre anni più tardi – era il 20 maggio – il Prefetto di Firenze proponeva per lui la concessione dell’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia, definendolo “ottimo funzionario ed un elemento prezioso sul quale si può contare moltissimo anche in circostanze eccezionali. Le sue qualità intellettuali e personali lo renderanno indubbiamente meritevole di ascendere presto ai maggiori gradi della carriera”.

Non sarebbe andata così. La follia totalitaria che il 10 giugno del 1940 coinvolse l’Italia nel secondo conflitto mondiale impose a Mario un dovere da compiere e in quel dovere egli incluse rischi, disagi, sacrifici, quello della vita compreso. Sul fronte greco-albanese, il Tenente Mario Musco si distinse subito nella battaglia al ponte di Kalamas  e, poco più tardi, in quella sulla rotabile per Argirocastro. Stava in prima linea il giovane ufficiale di Ponza, ogni giorno, tutti i giorni. Fino al contrassalto fatale di quel 26 novembre 1940. Mario Musco era al comando della sesta compagnia dislocata su un caposaldo di Borgo Tellini, Cippo 33, considerato vitale per le sorti dell’intero 5° Reggimento e in particolare di quel suo 24° Battaglione che il 4 novembre 1860 fu protagonista della conquista di Mola di Gaeta, poche miglia da Ponza, meritando la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Lui e i suoi bersaglieri si batterono lealmente e con coraggio contrattaccarono continuamente, ristabilendo un situazione decisamente compromessa. Mario Musco e i pochi Bersaglieri rimasti  l’avevano spuntata ancora una volta, ma proprio a battaglia finita, ecco quel colpo di bombarda sparato a freddo dai greci, la pioggia di schegge e Mario ne venne investito mortalmente.

Al Museo Storico dei Bersaglieri di Roma sono custoditi, con la medaglia d’oro al valor militare, le due croci di guerra, di cui una tedesca, e quella di cavaliere, la sciabola, tante immagini e lettere. Lettere di Mario alla famiglia. Lettere su Mario a Papà Nazzareno di chi lo conobbe e visse accanto a lui ogni giorno come il bersagliere Zeghini, l’operaio del Genio militare  Egidio Lavoratori che apprese dai bersaglieri “che il Tenente Musco era l’ufficiale più amato di tutto il battaglione, pianto da  ufficiali e soldati, perché era un valoroso come ufficiale, un angelo come uomo”, il cappellano del reggimento, Don Bordignon che, nelle funzioni religiose indicava il giovane ufficiale di Ponza come “un Santo Eroe che aveva scritto una delle più belle pagine nella storia della Patria. I suoi bersaglieri lo adoravano come un Dio”.

PER I 150 ANNI  DELL’ITALIA RICORDIAMO UN NOSTRO PAESANO, ORGOGLIO PER TUTTI I PONZESI

Lino Catello Pagano