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Pontio – L’isola di Pilato

 

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La copertina del libro - Particolare della veduta a volo d'uccello dal convento di Camaldoli; chiaramente distinguibili sull'orizzonte le isole Ponziane

Ponzio Pilato: uomo illustre di Ponza

di Franco De Luca

A dicembre è uscito, di Vincenzo Bonifacio, per i tipi di Vianello Libri di Treviso, un libro sulle isole ponziane dal titolo sibillino: Ponzio – L’isola di Pilato.

Sibillino il titolo perché si riferisce alla figura storica di Ponzio Pilato la cui influenza sulle isole ponziane consegue al disprezzo che il primo cristianesimo nutrì nei suoi confronti e che trasportò alle isole, sedi di abbandono, di emarginazione, di sofferenza. Per cui potevano ben denominarsi come le isole di Ponzio. Con un richiamo all’isola di Pilato per antonomasia: cioè Ponza.

Già questa tesi da me soltanto accennata, e nel libro ampiamente documentata, rende la lettura del libro stuzzicante. Ma un’altra bizzarrìa si evidenzia all’impatto. E cioè che il libro presenta un excursus storico delle carte nautiche riguardanti le isole ponziane e pur tuttavia è intrisa di affermazioni storiche notevoli. Per cui, in definitiva, è un libro che può dirsi  “storico”, anche se in modo inconsueto.

Ed è questa anomalia che giudico esemplare. Anzi, poiché il mio intervento qui non è scientifico bensì conviviale, mi allargo a complimentarmi con l’Autore, l’amico Enzo Bonifacio. Per la ricerca accurata, per la precisione dei riferimenti, per l’amore che si sente nello scritto per il comune paese natìo.

E questo, nonostante abbia bruciato in un attimo e  senza appello una mia tesi (ora davvero cervellotica) che  cioè Piana d’Incenso doveva chiamarsi “piana del censo”. Così come ha chiarito in modo definitivo la matrice della denominazione “Le Forna”, o ha donato pace alla  mia ansiosa ricerca  del  “toponimo”  Calacaparra.  Insomma il libro è davvero illuminante. Con un piccolo difetto (a mio vedere): non si libera dalla soggezione di chiamarle “isole pontine”. Ma questo è un appunto che cito soltanto per non apparire  “acritico” nelle lodi del libro. Che andrebbe, invero, ancor più esaltato. Perché? Perché nella minuziosa indagine condotta, l’Autore riesce a conferire alle nostre isolette disdegnate da tutti tanto che la loro conformazione geografica dipingevano a memoria, o su quanto era stato riferito, un’importanza non peregrina. Sicché la credenza, spesso ripetuta, che le isole rimasero per secoli disabitate, deve essere rigettata perché la pescosità degli scogli e la ricchezza dei coralli attirava frotte di pescatori. Ne è prova il tentativo di colonizzazione progettato dai Farnese sin dal 1589.

E cosa dire della notizia, davvero nuova, che le isole fungevano da basi per il commercio degli schiavi? Come dimostra un documento che attesta la fuga di alcuni di essi.

Sono affermazioni che portano nuovi elementi di discussione storica e, dunque, di ulteriori studi. Il che rende  “proficuo“ il libro perché porta certezze nella misura che suscita interrogativi.

Un caro amico mi invita a scrivere del libro in modo da sollecitarne la lettura. Lo fa perché è animato dall’amore per la conoscenza. Ebbene questo libro stimola la curiosità perché unisce le conoscenze nautiche con quelle geografiche, quelle storiche con quelle sociologiche, per cui nelle ultime pagine porta le considerazioni del lettore allo stato attuale delle isole, al loro degrado, alla tutela della loro peculiarità.

Franco De Luca