A volte le grandi questioni vengono attivate da un semplice “battito d’ali di una farfalla”
Pubblico con molto piacere la lettera di Noemi – un atto d’amore di una figlia per il padre – la quale, al di là dell’emozione personale che mi ha prodotto e di cui la ringrazio, spero sia anche portatrice di stimoli per smuovere le coscienze assopite.
Il mio Papà
di Noemi D’Andrea
L’ amore della mia famiglia per Ponza nacque grazie a mio padre, Pino D’Andrea, che arrivò sull’isola nel 1959..
L’isola delle sue narrazione, a quei tempi, era ben lontana da quella di adesso, sicuramente più selvaggia e più vera.
Racconta che per lui, appassionato e bravo subacqueo (ed a quei tempi erano veramente pochi!) poter accedere a quei mari meravigliosi e pescosi era sempre una scommessa vinta sulla quantità di pesce pescato ed era un modo,ahimè, per irretire le “donne straniere” che a quei tempi frequentavano numerose l’isola.
Ed ancora ricordo quando andavamo a fare il bagno a Chiaia di Luna, dalla parte dell’albergo, dove c’era Antonio Di Meglio (Chiazzone) che faceva il bagnino.
Ci caricava a turno sulle spalle e volenti o nolenti, dovevamo seguirlo, appiccicati come una patella allo scoglio, mentre ci spiegava, maschera sul volto, tutto quello che riuscivamo a vedere sotto il pelo dell’acqua, istruendoci al contempo al rispetto per il mare e per tutto quello che custodiva.
E tra un polpo da stanare, un riccio femmina da prendere per mamma, ci ha avviato ad una confidenza con il mare che ancora noi tutti conserviamo, dettata principalmente dal rispetto e dal timore per questo meraviglioso elemento della natura.
Vedo sempre una luce brillare nei suoi occhi quando ci racconta delle serate passate con i suoi amici, Ernesto Prudente, Guido De Martino (Guido la Perchia), Peppe de Gaetano (Pepp a’culera), Domenico Cuomo (il fiorentino) e tanti altri; quando racconta le gesta di allora, semplici e vere, come una pescata al Fieno o la merenda a Palmarola, o ancora le cene invernali a casa di qualcuno.
Penso che mio padre, in cinquanta anni di lavoro, abbia avuto a che fare con tutte le famiglie di Ponza, vuoi per un lavoro da fare, vuoi per un favore da sbrigare a Latina o chissà dove.
La sua bellezza è stata, ed è ancora tuttora, l’estrema umiltà e semplicità, note solo a chi lo conosce veramente.
Mio padre ha avuto a che fare con tutti, belli e brutti, buoni e cattivi, poveri e ricchi ed ancora ricordo le discussioni con mamma quando gli chiedeva: ”…ma chi te lo fa fare, tutto questo lavoro per nulla…” riferendosi agli onesti compensi che richiedeva per le sue prestazioni professionali.
Ma è impagabile quando sento ancora dire solo del bene su mio padre, quando mi dicono: “Ah…sei la figlia dell’ingeniere (anche se mio padre è architetto ma per loro è uguale!)… Tuo padre mi ha aiutato in una causa, mi ha fatto i lavori a casa, tuo padre è una brava persona…”
Certo, se mio padre fosse stato figlio di questi tempi sicuramente avremmo tutti noi una casa a Ponza, avremmo”le proprietà” da goderci, ma è impagabile, per me, ritrovarci tutti “ammucchiati” nella nostra casa di S. Antonio d’estate, facendo a turno per soggiornarvi e creando, con figli e nipoti, una caotica e rumorosa confusione.
O se avesse intrapreso una folgorante carriera politica, avrebbe permesso a noi tutti di andare molto più avanti di dove siamo oggi arrivati.
Ma l’onestà e l’umiltà che lo caratterizza è nei nostri geni, come se ce li avesse donati e penso che lui li abbia carpiti da ogni ponzese che ha incontrato sul suo cammino.
Ogni tanto “sbraita” quando vede qualcosa che non va sull’isola, minaccia di andare a Sabaudia, ma poi puntualmente si ricrede, quando pensa a tutto quello che c’è stato, ai bagni a Frontone che ancora fa con mamma, quando vanno sulla Piana delle Viole e ancora si rinnovano il loro amore.
Si ricrede quando decide di progettare la cappella di S. Pio e la cura come un figlio, quando ringrazia S. Silverio per avergli salvato la vita 6 anni fa, quando vede i nipoti scorrazzare per l’isola e li vede ripercorrere le tappe già percorse dai suoi figli.
O quando si affaccia al suo balcone (la loggetta) e lo vedo respirare forte e profondo, e riempirsi gli occhi di tutta la bellezza che solo Ponza può offrirgli; quando va al porto a trovare Ernesto ed ancora parlano piano piano, come due complici di chissà quali avventure.
O quando torna dalle sue passeggiate con un rametto di rosmarino e te lo fa annusare, con il suo profumo unico, o quando torna dal mare con un tartufo da donare a mamma.
Si ricrede quando d’inverno non vede l’ora di tornare “sullo scoglio” a casa sua, dai suoi amici, come se questa fosse veramente la sua terra. E penso che lo sia veramente.
E devo rendere grazie a Ponza ed ai ponzesi anche per questo.
Noemi D’Andrea