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Scrivo per ponzaracconta…

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di Flora Bianchini

In effetti questo sito www.ponzaracconta.it [2] è creatura pregevole, ma immagino bisognosa di cura e dedizione, data la mole di movimenti di terra e di mare che avete messo a girare. Ci si ritrova a vagare dentro e se ne resta presi, come in una rete… Così poco tempo e sono talmente tante le rubriche, le foto, i racconti, le realtà che emergono, che se ne viene sommersi; ed è meglio come sempre suddividere il piacere in piccole dosi per gustarlo meglio!!

È  bello immaginarvi alle prese con tanto materiale di tutti i generi; ora le foto, ora le poesie, ora i ricordi, lieti e non… Chi la butta in politica, chi sul sociale!  Ponzaracconta… è come un enorme gigante che si sia improvvisamente risvegliato al mondo, e incuriosite le persone ne riconoscono le membra una ad una, rimettendone insieme il corpo completo, la geografia antica e la geologia, l’antropologia, la storia dell’isola; nel puzzle ricomposto i vari racconti ne svelano l’anima, l’incontaminata bellezza, la ruvida pelle delle fatiche antiche, le nenie che traspirano dai vicoli, il soffio duro del levante a scuoterlo tutto.

È impossibile che da tutto ciò non scaturisca una rinascita; il sentimento di tanti sarà una forza sincera e amica! Mi piace pensarvi come ‘postini’ che appesantiti dalla mole delle lettere da consegnare percorrete le faticose vie del web per riempire le varie cassette di posta e mettere in contatto persone lontane!

Nel mio caso l’attrazione ha il gusto amarognolo di un vissuto legato all’isola per le frequentazioni familiari in età adolescenziale. E scatta il ricordo…

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Ho conosciuto la bella Ponza negli anni ’60, al seguito di un padre molto particolare per quei tempi. Dedito a perseguire, ante litteram, quello che poi si sarebbe chiamato ‘relax del week-end’, dal mese di aprile circa al mese di settembre, egli si recava nella bella Ponza per trascorrervi due giorni di natura e tranquillità.

Il mio vissuto di quei tempi si potrebbe  leggere dai  regali che egli riportava a noi, figli e moglie rimasti a terra, oppure dai viaggi nel ‘cinquecentino’ di mia madre – antesignana delle donne evolute e l’unica in casa a guidare – che il venerdì pomeriggio e la domenica sera accompagnava e andava a riprendere il signor padre nonché marito al porto di Anzio.

In quegli anni qualche volta lo abbiamo accompagnato, sull’isola; spesso con famiglie di amici o conoscenti. Allora era quasi un sogno… Al nostro arrivo al porto di Ponza avevamo ad attenderci un super fidato marinaio di nome Salvatore che alla guida del classico gozzo ponzese – inizialmente il gozzo era il nostro, poi fu il suo o viceversa, ora non ricordo – ci scorazzava durante il week-end nei vari siti dell’isola: Frontone, Santa Maria, Chiaia di Luna, ecc… ecc… consigliandoci, decidendo come ogni vero capitano in base ai venti e ai moti ondosi, le baie  più adatte.

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In quegli anni il luogo che mio padre aveva scelto per soggiornare  era l’albergo “Ponzio Pilato” che  affacciava proprio sulla baia di Santa Maria, se non mi sbaglio. Si trattava di un piccolo albergo a conduzione familiare, con un giardino in parte erboso in parte roccioso, pieno di vegetazione locale, con una parte coperta da rampicanti, che procurava un dolce riparo alla calura estiva. Eravamo pochi ‘i villeggianti’ a quei tempi ed il ricordo è quello di un’isola che si stava appena affacciando al turismo. Esistevano solo poche botteghe  sulla passeggiata al porto, tra cui ricordo i primi corallari che, pescatori in tutto l’anno, si improvvisavano commercianti; a pensarci oggi erano una meraviglia di ingenuità e folclore.

E che dire di ciò che mostrava il mare? I fondali si aprivano ai nostri occhi di neofiti dello snorkeling (che allora non si chiamava così) con il suo carico di colori meravigliosi, pesci luccicanti, grotte cariche di misteri!

Per trascorrere il tempo durante le escursioni in mare mio padre e il fido Salvatore si cimentavano con una pesca antica e semplice: gettavano le lenze e aspettavano… Qualunque cosa venisse tirata in barca, veniva regolarmente ributtata in mare: non ho mai veramente approfondito il perché: a noi bambini o quasi sembrava  una follia tipicamente paterna; una delle tante… Ciò che più mi è rimasto di quelle incursioni  è il rumore assai caratteristico del motore del gozzo: forte eppure lieve, solcava l’acqua quasi in punta di piedi, tu-tu-tu…

Lui, il marinaio, sempre in piedi a scrutare il mare con gli occhi stretti per il sole …e con un solco lungo il viso, come una specie di sorriso…

Flora Bianchini

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