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Lettera di Alessandro Vitiello

Cari Voi [1]

scrivo volentieri due righe sul dibattito iniziato da Giuseppe Mazzella e poi continuato da Franco de Luca, da Gino Usai e da Luisa Guarino.

Avevo 17 anni quando mi sono staccato da Ponza fisicamente ma credo che è da qualche anno che non mi appassiono più tanto alle vicende della nostra isola.

Questo avviene perchè, alla fine dei conti, capisco che non posso fare granchè venendo a Ponza in agosto o passandoci di tanto in tanto nel resto dell’anno.

Mi sembra che questa condizione sia comune a tanti che scrivono da queste parti.

Il risultato è che la gestione dell’isola, la storia dell’isola la fanno concretamente quelli che tutti i giorni decidono qualcosa, a Ponza.

Se a questo si aggiunge la forte dipendenza dell’economia dell’isola dal turismo e dal suo sfruttamento per un periodo troppo breve dell’anno, si capisce che chi può non ci va troppo per il sottile nel prendersi tutto quello che gli passa a tiro.

Che fare quindi!

Certo c’è la scuola ma il suo essere sull’isola pregiudica una continuità formativa perchè gran parte degli insegnati, tranne pochi ponzesi e qualche forestiero innamorato, ci rimangono il meno possibile. C’è la chiesa ma la vicenda della cittadinanza onoraria a don Salvatore la dice lunga.

Ci sarebbe pure la politica ma se a livello nazionale stiamo inguaiati, figurati a Ponza.

Eppure alle ultime elezioni amministrative ho seguito con interesse, da lontano purtroppo, la storia delle liste alternative a quella di Porzio e un po’ il cuore mi si è scaldato vedendo i tanti soggetti nuovi che hanno provato a dare un contributo.

Io non credo che manchi un’idea forte di isola; le tante chiacchiere che ho fatto mi portano a pensare che “il bene di Ponza” è un valore condiviso da tanti, che il percorso per realizzarlo può appartenere a tanti ma quello che manca è la possibilità di stare lì tutti i giorni a dare risposte diverse dalla banalità dell’ordinaria amministrazione.

Le vicende giudiziarie di questi giorni stanno facendo emergere un malaffare di cui si parlava ma sul quale sembrava non si potesse far luce. Sicuramente sarà un bene cacciare via da Ponza un po’ di fetentoni. Questo però non basta: c’è bisogno di demolire una cultura del sopravvivere e ricomiciare a sognare.

“Ponza racconta” è una bella opportunità, dovremmo cercare di farla stare anche un po’ di più nella quotidianeità ponzese.

Casomai con un’appendice a parte: “Ponza si domanda”

Per il resto posso sperare che un messaggio forte arrivi anche dai tanti come me che nel giro di pochi anni andranno in pensione e forse troveranno un po’ più di tempo da passare a Ponza.

Ciao

Alessandro  Vitiello