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Scrivere il dialetto. L’anatomia ponzese

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di Sandro Russo

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Preliminare per intendersi nel campo del dialetto è definire fin dall’inizio le modalità grafiche con cui alcune cadenze e suoni  – non codificati nella lingua italiana – sono resi.

Tipica del dialetto ponzese – e del napoletano, da cui strettamente deriva – è la frequenza di parole tronche.

Può sembrare un’eresia linguistica, ma alcune parole hanno l’accento che non cade sulla vocale.

Per capirci devo raccontare un aneddoto: alcuni anni fa, in Sri-Lanka con amici ponzesi, trovammo un problema simile con la lingua locale (lontanamente derivata dal sanscrito e dal pali). Anche qui parole tronche, con un accento inconsueto.

Per fare un esempio, chiodo si dice en, ma l’accento non cade sulla ‘e’ [quell’En là è un sedativo, come il Valium!); la parola si pronuncia con un trascinamento e una pausa sulla ‘n’. Fu lì che l’amico presente (Domenico Musco, per fare nome e cognome) propose (inconsapevolmente) la formulazione teorica ripresa anche per il dialetto ponzese: – …E certo, – disse – …è chiarissimo!: l’accento cade sulla ‘n’… Sulla consonante! Sembrava una battuta, invece era una chiave esportabile anche per la nostra situazione. Cosi potevamo scrivere en’, e pronunciare nel modo in cui correttamente lo pronunciavano i locali.

Per applicare questa informazione al ponzese, immaginiamo la parola puort (porto). Qui l’accento non cade né sulla prima vocale, la u, né sulla seconda, la o; ma la parola scorre veloce e si tronca di colpo sulla t. La scriveremmo perciò puort’, e ‘il porto’ sarà u’ puort’

Un altro esempio con suoni simili, in cui è l’accento a fare la differenza. Il naso (’u nãs’, con un suono lungo della ‘a’; e la nassa (’a nass’, in cui la ‘ss’ finale è il suono preminente).

Quando ho proposto questa teoria in pubblico mi è stato giustamente osservato (da Luisa Guarino) che l’apostrofo indica l’elisione di un prefisso (come nella parola ‘la’: ’a – la mamma, ‘a mamma – , di un suffisso, come in poco, da cui po’. E in questo caso l’apostrofo sta ad indicare l’avvenuta elisione, un troncamento; nel mio senso invece, vuole indicare l’accento.

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Accertato questo punto passiamo ad una trattazione semiseria dell’anatomia isolana, che risulta alquanto diversa dall’anatomia umana normale com’è studiata nelle scuole mediche.

Cominciamo da un ricordo d’infanzia. Da mia madre, ho appreso fin dall’infanzia che il cerume (la secrezione gialla, semi-solida che si raccoglie nelle orecchie) costituisce la deiezione (ovvero gli escrementi) di un verme che incessantemente percorre una galleria attraverso l’osso, che va da un orecchio all’altro. Dove gli scappa, in prossimità dell’orecchio destro o sinistro, il verme fa la sua cacca (che poi deve essere rimossa con l’apposito cotton fioc).

Quale non è stata la mia sorpresa, anni dopo, nell’apprendere che la storia del verme e della galleria nella testa era una invenzione totale, evidentemente non di mia madre, a cui era stata insegnata e che lei non aveva mai messo in dubbio

Il corpo umano

Ma ecco alcune delle parti del corpo considerate e delle parole corrispondenti…

Argomento svolto con diapositive, il sabato 23 gennaio 2010 ad un incontro di ponzesi a Lanuvio.

Capo e collo (cap’ e cuoll’)

Laringe / Faringe / Trachea / Esofago

Normalmente (Anatomia Umana Normale) la bocca si continua nel retrobocca che procedendo nella regione del collo riconosce una parte anteriore (la laringe e poi la trachea), e una parte posteriore (faringe e poi esofago).

Ancora in cavità buccale il palato duro si continua posteriormente con il palato molle (velo palatino o velopendulo) e con l’ugola (u’ zuzz’niéll’). Ai due lati di essi, con la bocca aperta si riescono a vedere le tonsille (i tunzìll’). E fin qui ci siamo…

Ma più sotto la situazione si fa confusa…

Nel ponzese, (o almeno nel dialetto) l’esofago c’è, indicato anche con due nomi:

‘u cannaròn’ certo, anche se per dire ‘mi è andato di traverso’ si dice… m’è gghiute ‘n cannavale…

Ma la via respiratoria si fa confusa… Ci sarebbero i cannarìn’

Eeh… E ch’ so’ i cannarin’? Forse l’‘aditus ad laringem’, o le corde vocali? Infatti, con la bocca spalancata… se veden’ i cannarin’ …Ma quando uno dimagrisce tanto, si indica la gola e si dice: Uh Madonna mia… tenev’ tutt’i cannarin’ ’a for’

E la trachea? Quella manca! O viene genericamente (nel maiale, soprattutto) indicata ancora come ‘u cannaron’. Che però abbiamo visto sopra indicare anche l’esofago. Bel problema!

Mentre avere una bella voce è… Tène ‘nu bell’ cannicchie!

Ancora capo e collo

Mano/dita (‘a man’, i ’mmane’  i ’ddét’)

E c’è la seguente filastrocca, che si dice ai bambini, contandola sulle dita:

Chist’ dice… Vogli’u’ppane,
Chist’ dice… Nunn’u’tteng’,
Chist’ dice…Vall’accàtte,
Chist’ dice… Nun teng’ i denàr’…
(e il mignolo) …Pire perille vogli’u’ppane so’ piccerille

Regione lombo-sacrale (i rine) – C’è il modo di dire: Acqua fin’ spercie i rine (l’acqua sottile di cui il contadino non si accorge penetra i vestiti e bagna fino alla pelle)

Nota – Come per l’anatomia dell’ipofaringe, la cultura popolare di cui il dialetto è specchio, dà un nome preciso solo a quello che vede, e i reni sono un’invenzione colta.

Dice Mario, che nella vita fa il radiologo e l’ecografista, di trovarsi spesso a fare ecografie renali per dolori che andrebbero propriamente riferiti alla colonna dorso-lombare e ai muscoli della stessa zona, ma il paziente comunque dice: me fann’ mal’ i rin’
Che più?
L’inguine (‘a ‘ngunaglia)

Coscia / Gamba / Piede

…E l’altro, il mediale? Come si chiama il malleolo interno?

Organi sessuali (ci stiamo lavorando! Suggerimenti graditi!)