Ambiente e Natura

Le grandi traversate a nuoto (2). “Caletta-Grotte azzurre”

di Silverio Guarino

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Per la puntata precedente leggi qui

Era questa una traversata decisamente più impegnativa, sia per la lunghezza, sia perché, dalla fine della scogliera per arrivare alle grotte azzurre, si doveva attraversare un braccio di mare decisamente ampio ed aperto alla navigazione di tutti i mezzi possibili.

Era sempre il lunedì la giornata prescelta per l’assenza di grandi navi all’attracco; di buona lena, dopo decisione unanime spesso sofferta per l’intemperanza di qualche elemento, si iniziava il tragitto a nuoto.

Il materassino di sostegno era indispensabile un po’ per tutti; in questo modo ci si poteva riposare durante il percorso; le pinne erano concesse e spesso diventavano indispensabili per la riuscita della traversata.

Tra un frizzo ed un lazzo, si arrivava finalmente alle grotte azzurre e si entrava nelle grotte (le prime due, le più grandi) per raggiungere le spiaggette sassose e sabbiose che dentro trovavamo e rappresentava il luogo dove poterci riposare
All’ombra il freddo poteva però farci venire quei fatidici “lapps ‘i fridd” forieri di fine nuotata.
Il fondo delle grotte era di roccia pura e levigata, seppure irregolare nella forma; per i nostri piedi e per i nostri corpi era però, motivo di riposo dopo la lunga nuotata.

Prima di ritornare, il rito della cantata nelle grotte con quel caratteristico rimbombo che faceva da eco alle nostre voci. La canzone “Are you alone so tonight” di Elvis Presley era l’ideale per le sue sonorità che ben si espandevano nelle grotte così come “La casa del Signore” di Bobby Solo, l’Elvis italiano di allora.

Compiuto anche questa ultima procedura, di ritorno alla Caletta, sempre più “spugnati come il baccalà”, ma sempre più uniti per questa impresa acquatica portata a termine.

Il porto di Ponza vista dalla grotta azzurra (Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

2 Comments

2 Comments

  1. Dante Taddia

    9 Settembre 2020 at 16:54

    L’emozione suscitata dalla righe scritte da Silverio sulle grandi traversate a nuoto è stata talmente grande da non poter lasciare senza commento una delle “mie” traversate di quello stesso braccio di mare, seppure con destinazione diversa.
    Io, povero pesce dell’Adriatico dal basso fondale sabbioso, mi trovo proiettato nel cobalto di un mare roccioso in cui una grotta, che figuro come un grande pesce con fauci spalancate, mi attrae particolarmente.
    E’ la Ravia, anzi per meglio identificarla è il “sotto la Ravia” che mi affascina.
    Con il mio ‘fratello di porpo’ Sandro Russo sono in esplorazione di quei fondali affascinanti: ero arrivato da poco a Ponza, e l’invito di un’esplorazione sottomarina era troppo allettante.
    “Ohi Da’, anzi sono sempre stato Dantès per lui, ‘a facimm ‘sta passìata?
    Accetto pensando a una bella nuotata in superficie.
    Un semplice cenno della mano mi conferma il contrario: “’a sott, no ‘a coppa”.
    Solo l’incoscienza degli anni verdi (all’epoca ero… più giovane) mi fa accettare senza sapere cosa mi aspetta.
    La raccomandazione che voglio fare, specie ai giovanissimi, è di non cadere in tentazione e fare lo stesso.
    Una bella inspirata e con vigorose pinnate arrivo al… punto di non ritorno, quasi a metà tragitto, senza più aria nei polmoni; ma non mi faccio prendere dal panico, sarebbe la fine.
    Il saggio e previdente cervello decide di fare intervenire una stilla di adrenalina e di farmi recuperare qualche cc di ossigeno ancora nascosto nelle volute dei polmoni… lente ma decisive pinnate per economizzarlo e finalmente vedo la luce sempre più netta dell’uscita.
    Mai aria mi è sembrata tanto buona come allora.
    Ero fuori.
    Tantissime altre volte in seguito ho visto l’altro lato dell’imboccatura della grotta ma… prudentemente “‘a copp”, facendo il periplo dello scoglio della Ravia.

  2. Sandro Russo

    11 Settembre 2020 at 08:00

    Certo che eravamo pazzi a quei tempi! Non mi ricordo in quante occasioni abbiamo rischiato serio, per tuffi, traversate (anche sottomarine), ponentate a Chiaia di Luna. Eppure non mi pare che malgrado queste avventate sfide giovanili qualcuno si sia mai fatto male o peggio, in quegli anni.
    Forse che familiari come eravamo con l’ambiente marino, conoscevamo i rischi e le nostre possibilità, arrivando per gradi alla prova. Prima del tuffo dal finestrone più alto delle grotte di Pilato, cento volte sarò tornato indietro, dopo essermi preparato – appoggi, slancio e tutto – come per tuffarmi.
    Ma pazzi eravamo. E giovani!
    Un altro pazzo era Domenico (Musco) che chissà quante persone senza esperienza ha portato sott’acqua con le bombole. Si guardava come si faceva… e si andava. Una volta abbiamo tirato fuori un amico neofita che era diventato blu sott’acqua… Aveva visto noi che toglievamo il boccaglio per mangiare una patella sott’acqua; aveva voluto provare anche lui e si era imbrogliato tra maschera e erogatore, deglutizione e respiro. E pure quella volta finì bene!

    Caro vecchio Dantès… Ci ho provato tante volte a farti fuori, ma sei una pellaccia!

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