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In ricordo di Silverio De Luca

di Francesco De Luca

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Marinai si nasce e si diventa. E’ il destino che inclina le sorti. Silverio si votò al mare per necessità. In casa c’era da mettere a frutto un brigantino-goletta,  la Maria Salvazione.

Il padre capitano, lo zio motorista, i figli marinai, affinché l’azienda prosperasse. Iniziò come mozzo, poi fece le sue prime esperienze come capitano di piccolo cabotaggio. Lasciò Ponza e l’azienda e navigò in lungo e in largo per il Mediterraneo e oltre. Con navi da carico.
Subì un naufragio e me ne parlò.

Come per tutti la malattia minò il suo scafo fino a farlo deperire.
Silverio rimase un uomo di mare, di quelli che affrontano la vita. Senza mai divenire saggi.

A ricordo ripropongo la lettura di quanto mi raccontò, anni fa.

[2]

Mi prese il mare…

“Quando mi prese ero già quasi privo di sensi. Lo scoppio del motore aveva deflagrato tutto il ponte e mi aveva scaraventato in acqua. Contro la mia volontà, perché ero accorso nel vedere il fuoco espandersi dal vano motore alla coperta. Mi precipitai d’istinto per tentare un qualche spegnimento. Mi ritrovai in mare e in più intontito dallo scoppio, e poi dal colpo in acqua. Emersi sospinto dall’istinto e, confuso, mi guardai intorno. Lo scafo si stagliava nei lampi nerastri e crepitava. Accanto a me non vedevo nulla. Non riuscivo a distinguere nulla. Ero semicosciente e, a bracciate scomposte, mi allontanai. I vestiti mi infastidivano e soprattutto le scarpe mi impedivano il nuoto, come ero solito fare quando mi tuffavo per il bagno, in spiaggia.

Più che nuotare mi tenevo a galla e con lentezza mi distanziavo dalla brace innaturale dell’acqua. Lo stordimento successivo agli avvenimenti susseguiti si andava a sopire e si insinuava, come una spina nella carne, la paura.

In quel mare nero cosa mi attendeva? La luna rischiarava come sempre ma la sua luce non alleggeriva il groppo dei sentimenti che mi attanagliavano. Nemmeno il freddo delle acque sembravo sentire. No… incominciavo a percepirlo nel mentre che davo le spalle a quella pozza baluginante di rosso, scoppiettante e gorgogliante con un suono cupo.

Ero in balìa del mare e avevo paura. Nessun pensiero mi ronzava in testa. Ero come schiacciato da una necessità che impediva ogni altro sentire e, di conseguenza, ogni consapevolezza. Era una forza oscura che mi spingeva lontano e soggiaceva alla paura. Non riuscivo a dominare niente della mente, e persi i sensi. Nemmeno mi accorsi che avevo indossato nella concitazione dello scoppio, il giubbotto di salvataggio. Che mi tenne a galla a mia insaputa.

Mi svegliai. Le tenaglie del mare mi abbracciavano e il sole”.

[Da una memoria di Silverio De Luca – classe 1926 – naufrago in mare nei pressi della costa spagnola]