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Mussolini e Hitler. Due dittatori a confronto (1)

di Stefano Cecini

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La grande storia, quella che cambia e travolge le nazioni e i destini, è fatta – per alcuni aspetti – da uomini che coagulano le aspirazioni dei rispettivi popoli e innescano eventi più grandi di loro. Così è accaduto per gli eventi tragici del secolo scorso, segnatamente quelli che hanno portato alla seconda Guerra Mondiale.
Stefano Cecini (*), cultore della storia di quel periodo, richiama per noi alcuni eventi chiave di quell’epoca attraverso una indagine particolare: quella degli incontri tra Mussolini e Hitler.
Il contesto, la coreografia, la postura e la mimica di quegli incontri, registrati dai filmati del tempo, rivelano particolari che a distanza possiamo interpretare nella giusta luce. Una chiave di lettura e un modo di guardare i documenti d’epoca, paralleli alla storiografia ufficiale, che potremmo utilizzare anche per altre situazioni.
La Redazione

In un arco temporale di poco superiore ai dieci anni, tra il 1934 e il 1944, Mussolini e Hitler si incontrarono 17 volte [1]. Tracciamo il percorso del rapporto tra i due dittatori attraverso brevi cenni sugli incontri che riteniamo più significativi: il primo a Venezia che apre la serie;  quindi la famosa visita di Hitler in Italia, del maggio del 1938; l’incontro del Brennero con l’estremo tentativo di Mussolini di evitare la guerra globale; infine l’ultimo incontro che precede quel fatale 10 giugno 1940, la data in cui il nostro Paese entra nel secondo conflitto mondiale.


Primo incontro (Venezia, 14 – 15 giugno 1934)

Quando Hitler sale al potere (gennaio 1933) Mussolini governa saldamente l’Italia da più di dieci anni e da circa sette senza segno alcuno della dialettica politica tipica di uno Stato democratico. È noto che, all’epoca, Mussolini rappresenti un modello per il dittatore tedesco e per tutte le autocrazie europee che aspirano a diventare vere e proprie dittature. Sfruttando il vantaggio che ci offre la conoscenza degli avvenimenti storici, oggi sappiamo che, in tempi sorprendentemente brevi, l’allievo supererà il maestro, riuscendo anche là dove il duce italiano aveva fondamentalmente fallito, arrivando, cioè a creare un vero e proprio stato totalitario [2].

Possiamo comprendere quindi, la voglia di Hitler di incontrare personalmente Mussolini che egli “ammira profondamente” secondo quanto scrive all’epoca il console italiano a Berlino Renzetti [3].

D’altro canto Mussolini non nutre alcun desiderio di incontrare il neo cancelliere del Reich, almeno non ufficialmente, anche per non fornirgli un riconoscimento politico. Il duce però ha la necessità di assicurarsi il confine italo – austriaco, e quindi di scongiurare la volontà tedesca di puntare decisamente all’annessione della patria del fuhrer.

Come spesso accade Mussolini cerca e trova un compromesso concedendo a Hitler una visita ufficiale ma non una visita di Stato. Queste le ragioni perché l’incontro tra i due dittatori avviene a Venezia e non a Roma.

Di seguito una intervista al propiziatore del primo incontro (e dei successivi) il futuro colonnello delle S.S. Eugen Dollmann; quindi due brevi video relativi all’incontro di Venezia.

Da YouTube. Intervista (2 min. 36”)

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Da YouTube: Dictators meet  (1 min. e 12” secondi, in inglese)

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Discorso del duce (47”)

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Ciò che colpì gli osservatori dell’epoca, e che possiamo notare anche oggi, fu l’aspetto marziale del duce a confronto con quello troppo “borghese” di Hitler. E questo non soltanto per quello che riguarda la parte italiana.

Più in generale, secondo Von Papen, allora vice-cancelliere del Reich: “Hitler aveva sempre un leggera aria di incertezza, come se cercasse la sua via, mentre Mussolini (…) …si mostrava completamente padrone di qualsiasi argomento venisse in discussione” [4].

Quello che risalta dalla visione dei filmati è il particolare di un Mussolini già in divisa e di un Hitler ancora “borghese”, come non manca di sottolineare un grande storico, William Shirer nella sua fondamentale opera sul Terzo Reich: “il capo tedesco… col suo impermeabile floscio sgualcito, si sentiva a disagio alla presenza del “duce”, risplendente nella sua uniforme fascista ricoperta di medaglie, più esperto e propenso ad assumere un atteggiamento di semplice accondiscendenza nei riguardi dell’ospite”[5].

Nel terzo filmato è emblematica l’assenza del fuhrer dal balcone dove il duce tiene il consueto discorso alla folla. Il dittatore tedesco è defilato su un secondo balcone come una qualsiasi comparsa. Il messaggio è chiaro: Mussolini è il primo attore e non intende cedere il centro della scena.

Non esistono verbali dei colloqui che, secondo l’allora Capo di Gabinetto Aloisi si svolsero “senza grandi risultati”. Sembra che le opinioni personali dei due dittatori furono confermate, stima da una parte, diffidenza e sospetto dall’altra, ma la convinzione di Mussolini di aver ricevuto rassicurazioni sull’Austria subirà un brutto colpo nel luglio successivo quando in un fallito tentativo di colpo di Stato dei nazisti austriaci rimarrà ucciso il cancelliere Dolfuss protetto del duce.

Note

[1] Cfr. P. Milza, Mussolini e Hitler, tutti i segreti di una tragica amicizia, Longanesi, Milano, 1972.

[2] Cfr. R. De Felice, Mussolini il duce. Lo Stato totalitario (1936-40), Einaudi, Torino, 1996, pp. 8 e ss. In queste pagine il più importante storico del fascismo descrive la sua posizione sul tema, richiamando l’opera di un grandissimo storico, George L. Mosse, che criticava l’attribuzione del termine “totalitarismo” – proveniente dalla notevole opera di Hannh Arendt, Le origini del totalitarismo – a ogni regime politico che avesse disconosciuto i valori delle istituzioni liberal – parlamentari (Cfr- G. L. Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, Bari, 1997, p. 77). Secondo De Felice il fascismo fu un “totalitarismo mancato” e, comunque, non si può parlare di totalitarismo almeno fino al 1938.

[3] Cfr. R. De Felice, Mussolini il duce, gli anni del consenso (1929 – 1936), Einaudi, Torino, 1996, p. 491.

[4] Ivi (op. cit.), p. 486.

[5] Cfr. W. Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino, 1990, p. 339.

 

 (*) Stefano Cecini (Roma 1970), laurea vecchio ordinamento in Scienze Statistiche ed Economiche, laurea triennale  in Lettere e Filosofia, Dottorato di ricerca in Storia Politica e Società dall’alto medioevo all’età contemporanea. Attualmente Funzionario statistico presso il Consiglio Superiore della Magistratura.
Ha coltivato un interesse storico per la Storia Contemporanea, con particolare focalizzazione sugli avvenimenti italiani del periodo 1920 -1940. È un appassionato cinefilo.

[Mussolini e Hitler. Due dittatori a confronto (1) – Continua]

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    22 Giugno 2020 at 22:10

    Ho voluto fortemente che Stefano Cecini mettesse in forma scritta per Ponzaracconta le sue note su Hitler e Mussolini, dopo averlo sentito “in voce” ad un paio di lezioni del corso di cinema (su invito del “maestro” Gianni Sarro), quando il suo modo di “leggere” le scene dei film Luce mi ha letteralmente affascinato; e con me tutti i presenti.
    Siamo abituati a guardare, o “scorrere” (vedere correndo) una gran quantità di immagini, fino a quando qualcuno non ci insegna un metodo di osservazione e ci disvela il significato che sta dietro, o appena sotto la superficie, di quel che vediamo.
    Non che la semiologia delle immagini l’abbia inventata Stefano, ma vederla applicata a delle immagini usuali, per così dire logorate dall’uso e scoprirne la profondità nascosta mi ha colpito. Soprattutto è una modalità di osservazione che – una volta aperta la mente – si acquisisce per sempre e ci farà compagnia per visioni future.

  2. gianni sarro

    24 Giugno 2020 at 15:52

    Mi fa molto piacere leggere questi articoli. Stefano ha avuto la gentilezza di intervenire tre volte alle mie lezioni. Un paio d’anni fa, la prima. Il corso era ‘Ciak! Viva l’Italia. Il cinema racconta la Storia’. Il film che analizzavamo era Tutti a casa, di Comencini (1960). Stefano propose un intervento di una decina di minuti sul tema della corporeità di Mussolini. Scelse alcuni filmati dell’Istituto luce, realizzati, se non ricordo male tra il 1927 e il 1936 dai quali estrapolò interessanti considerazioni sul Mussolini ‘solenne’, ‘dirompente’, ‘assente’. Sottolineando che se Mussolini è sicuramente il personaggio più presente nei filmati, l’aspetto propagandistico non è ancora in primissimo piano. Ci svelò come la voce di commento nei filmati fu introdotta solo nel 1934 (nel 1931 era stato introdotto il sonoro, come semplice sottofondo acustico). Il filmato che mi colpì di più fu quello della proclamazione dell’impero, del 1936. Una scena cinematografica, dove Mussolini non occupa lo spazio con la sua corporeità, bensì con la voce. Vera presenza acusmatica, come ci insegna Chion.
    Stefano ha avuto la cortesia d’intervenire altre due volte alle mie lezioni, durante il corso su Roma nel cinema (parlandoci della ‘nuova’ Roma fascista) e poche settimane fa durante il corso su Ettore Scola. Grazie Stefano. E bravo Sandro per aver ideato questa serie di articoli.

  3. Sandro Russo

    24 Giugno 2020 at 21:54

    Semel abbas sempre abbas. Come “preti una volta si è preti per sempre” (condizione che vale pure per i dottori), così Gianni Sarro, semel magister, semper magister – continua a insegnare anche quando commenta su Ponzaracconta. Grazie!
    “Acusmatico” è una parola che ho imparato ai suoi Corsi di Cinema e mi riusciva difficile ricordarla e memorizzarne il significato – un mio cruccio (non tanto) segreto è sempre stato quello di non aver fatto il greco a scuola, ma mio padre voleva fare l’ingegnere, non ha potuto e ha mandato il figlio al liceo scientifico (!).
    Tornando ad “acusmatico” ho usato come formula mnemonica fatta in casa il concetto di “fantasma acustico”.
    Più propriamente, per Michel Chion (francese, 1947; vivente: critico, compositore, regista di film) “acusmatica” si dice quella situazione d’ascolto in cui si sente un suono senza vedere la fonte da cui proviene. Questa parola greca designava anticamente la scuola di Pitagora (akusmatikoi), i cui discepoli ascoltavano il maestro insegnare da dietro un tendaggio.
    Esiste tutto un filone di musica elettronica creata per essere ascoltata tramite altoparlanti (arte acusmatica). Chissà che non gli dedichiamo una canzone della domenica.

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