Ambiente e Natura

La politica in sogno (2)

di Francesco De Luca

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I sogni sono fessure nell’inconscio. Vi escono faville di sensazioni passate, talora ancorate nella fanciullezza e nell’adolescenza. Qualcuno dice che da lì compaiono anche certi ricordi ancestrali, di presenze retaggio del decorso evolutivo.
Non so, il sogno è tutto un mistero che o affascina e lo segui, o deprime e lo abbandoni.
In più i sogni possono offrire fessure in cui immettere immagini di esperienze attuali. Nel sogno si mischiano le carte, il presente col passato. E prende forma il futuro. Un futuro abbozzato, evanescente, fermo in una sequenza che non si compie.
Si dice anche che i sogni siano desideri… perché in qualche modo prende forma qualcosa di nuovo, di inaspettato, nato da fattori non coincidenti temporalmente. Il sogno… un desiderio… non ne sono convinto. Più verosimilmente in esso si abbozza qualcosa di cui si vorrebbe avere esperienza.
In ogni caso il sogno manifesta il sintomo di una agitazione non evidente, non razionale. Nella mente qualcosa si muove, si agita, e cerca modi inusuali, intrecciati per prendere evidenza.

Bene, con questa premessa vado ad illustrare il sogno. Breve, anzi un sogno brevissimo e perciò intenso. Una sola scena. Ripetuta tante volte: Immagine, sviluppo, pausa, e ritorno indietro.

Il ciglio di un dirupo, sotto una caletta con scogli che toccano il mare, che da lì si perde lontano. Un uomo sulla cresta. Guarda giù, e intorno. Tutto è pronto per accogliere il suo gesto. Cosa fa? Apre le braccia e si lancia. Scende in picchiata, come un uccello. Veloce e… “ Cosa altro fa? ”
“ Non lo so, non picchia sul suolo, non lo schiva, non riprende quota, non…”
C’è una pausa. Non si interrompe il sogno, ma nemmeno prosegue. O sì… riprende. Dalla scena sul ciglio. Sta lì sul dirupo, guarda intorno, apre le braccia, si lancia … Niente… Un attimo di pausa e riprende la sequenza.
Il sogno è come inceppato. Si dilunga sui preliminari. Sul ciglio c’è un tizio dal volto lasciato nel buio. Ma poi… vuole volare o vuole precipitarsi giù? Non è dato capirlo perché i particolari non sono evidenti. E’ una scena focalizzata su quell’atto estremo. Che si ripete e rimescola le evidenze.
“La falesia… è riconoscibile?”
“No… è come da sopra il Core… da sopra la Parata. Pure la caletta al di sotto è simile ad altre. I massi che lambiscono il mare sono rossastri… no… neri… insomma sono scuri”.
“E il mare… il mare com’ è ?”
“Il mare è calmo e accogliente. Sciacquetta intorno agli scogli… senza astio e senza …”
“Come fai a dirlo, non è sogno questo… è un film”.
“Insomma… se vuoi risposte alle domande io rispondo”.
“Va bene… e… poi ?”
“Poi è tutto qui. Ne vuoi l’interpretazione? La devi dare tu… io ho solo riportato il sogno. Sei tu che hai fatto la premessa. Sembrava che da essa potesse fuoriuscire qualcosa di illuminante… e invece ?”

Certo, qualcosa c’è che agita la mente. Perché? Perché il gesto è estremo. Però… non trova compimento, non finalizzazione. Né nello schianto né in un volo. Si interrompe, o meglio, si sospende.

La sospensione… forse è questa la chiave interpretativa. E’ opportuno soffermarsi qui. Alla sua natura di ‘sensazione’. C’è un sentore di sospensione. Si sospendono i giudizi, si attendono sviluppi, si temono ritorni, si lamentano illusioni, si tacitano lodi e biasimi. Si confida sul tempo.
Si confida sul tempo ché passi senza danno. Non è un comportamento apprezzabile. Si vorrebbero decisione, scelta, chiarezza di intenti e di procedure, ma di tutto questo non c’è accenno. In realtà, la vita sociale isolana annaspa nell’attesa.

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