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Città sommersa, di Marta Barone

Recensione di Paola Di Mambro

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Marta Barone dopo i tre libri per ragazzi scritti finora, in “Città sommersa” affronta la non semplice impresa di raccontare la storia del padre e degli anni ’70 del nostro paese. Lei stessa ha definito il libro una “fantasmagoria” di immagini, storie e ricordi funzionali alla ricostruzione di quella generazione di giovani che voleva una società nuova e giustizia per tutti. Nella narrazione si avverte, a volte, il disagio per il confronto ed il divario esistente tra quella gioventù e la disillusa generazione attuale di cui l’autrice è partecipe e portavoce (1).

Marta Barone, al premio Strega

Il libro è diviso in tre parti: “La prima Kitež”; “Lacuna”; “Conchiglia”. Nella prima parte l’autrice ricostruisce l’infanzia e la giovinezza del padre Leonardo e con curiosità si rivolge al lettore chiedendosi ”Che aspetto avrà avuto, il ragazzo che non era ancora mio padre, quel giorno? Io e te non lo sappiamo, lettore, ma possiamo sognarlo”. La Barone racconta che fu il ritrovamento casuale di una memoria difensiva del processo subito dal padre Leonardo Barone nel 1982 per partecipazione a banda armata (Prima Linea) ad indurla ad approfondire, non tanto la parte giuridica del processo, quanto la personalità del padre.

L’incontro con la prima moglie del padre e con gli amici e i compagni di un tempo le fanno scoprire una persona che non coincide con l’uomo taciturno e collerico conosciuto da lei durante il poco tempo trascorso insieme.

Marta aveva avuto col padre un rapporto spesso conflittuale; attraverso la ricostruzione del passato scopre un uomo carismatico e molto amato da tutti, un idealista, sommerso dagli eventi tragici degli anni di piombo così come la leggendaria città di Kitež (2) sommersa dalle acque del lago Svetlojer quando stava per essere attaccata dalle truppe mongole.

Per Marta Barone la ricerca della favolosa città sommersa simbolicamente rappresenta la ricerca della personalità del padre, morto quando lei aveva 24 anni, senza che ne avesse veramente conosciute la complessità e l’intelligenza.

Nella seconda e terza parte del libro l’autrice decide di chiamare semplicemente “L.B.” il protagonista per sottolineare che in lui da quel momento in poi individua ormai non tanto più la figura del padre, ma un personaggio affascinante che, abbandonati gli studi di medicina – gli mancava solo la tesi – lascia Roma e si traferisce a Torino nella città simbolo delle lotte proletarie e operaie degli anni 70, dove si mantiene facendo l’operaio, fa volantinaggio fuori della Fabbrica, vive in grande povertà, infine si laurea e si sposa, come imponeva ai propri adepti il Partito Comunista (Marxista-Leninista) – Servire il popolo; insomma fa parte compiutamente di quel mondo giovanile, che, schiacciato dall’idealismo e suggestionato dalla dottrina dissennata di quel partito, in parte sfocerà nella lotta armata.

L.B. curò per solidarietà e deontologia professionale i feriti delle manifestazioni di piazza, ma negò sempre di aver fatto parte di Prima Linea. Nel processo fu prosciolto completamente dall’accusa.

Grazie alla disponibilità dei documenti relativi al processo di Leonardo Barone forniti dal centro studi Pietro Gobetti, l’autrice con uno stile molto personale e funzionale alla materia che tratta, ha cercato di fare luce su un periodo storico, che lei non ha vissuto, ma che ha indiscutibilmente segnato la sua vita.

Indagando sulle zone d’ombra della vita del padre e sui suoi umanissimi e sconosciuti sentimenti, vuole conoscere se stessa ed alla fine, con rimpianto e nostalgia, dice “Forse, almeno una volta, avrei potuto fargli una carezza”.

Il romanzo pubblicato da Bompiani e proposto da Enrico Deaglio al Premio Strega 2020 è meritatamente tra i dodici finalisti.

 

Note
(1) Marta è nata a Torino nel 1987.
(2) Kitež (in russo: Китеж) è una città leggendaria localizzata sulle rive del lago Svetlojar, nell’Oblast’ di Nižnij Novgorod, in Russia. Il suo mito fu menzionato per la prima volta nella cosiddetta “Cronaca di Kitež”, un documento anonimo del tardo XVIII secolo.

1 Comment

1 Comment

  1. patrizia Maccotta

    5 Giugno 2020 at 15:35

    Paoletta grazie! Questo sì che è da proporre al gruppo “Libro per l’estate”! Mi pare molto denso. Mi insegnerebbe un poco di storia contemporanea italiana che, personalmente, poco conosco. Ed il rapporto genitore / figlio è sempre portatore di rimandi personali.

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