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Riletture (5). Dal dottore

di Rita Bosso

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Isidoro Feola racconta con maestria una storia dal retrogusto amaro.

Nei primi due “atti” il dottore ci accoglie nel suo studio; attento, competente, empatico, ascolta i pazienti e i loro parenti; misura col metro della follia fisiologica la vecchia che comincia a perdere colpi, il giovane quasi guarito; adegua diagnosi e terapia.
Nel terzo atto la follia assume proporzioni gigantesche, statunitensi, pre-Covid; non voglio rovinare la sorpresa, gustatevi il racconto di Isidoro [1], io vado al video.

Lui e lei sono bellissimi ma lui è anche molto str-ano; si attende il momento del vaffa (in spagnolo: Sigue sin mi [2]. A cui lo str-ano, ipocrita aggiunge: dimenticami, prosegui senza di me se qui non eri felice. E lei: ah, dovevo anche essere felice a farti da serva allo Zanzibar? Adesso, si perméti, provo ad essere felice sdraiata sul ponte del caicco).


Ponza esibisce, oltre ai panorami mozzafiato, un’anima glamour e festosa (la bellezza di Emma) e una più arcigna e brontolona (Renato con coppola e ramazza che murmulèa: Quantu burdello, quanta munnezza).

Lui, lo str-ano, fa finta di suonare il piano davanti al Fortino; mica per realizzare ’sta scenetta porteranno un pianoforte vero lassù? See, e come ce lo porti un piano sul Fortino: con l’aereo, con l’elisoccorso, col pensiero? E, soprattutto, in quali condizioni arriverebbe?  Non stanno mica girando Lezioni di piano, qui lo strumento si vede sì e no, in lontananza, per qualche secondo, andrà bene un tavolino scassato, uno scatolone, un qualunque parallelepipedo nero recuperato in discarica (purché non l’anfora punica [3] di qualche giorno fa, di colore e forma non idonei). Insomma andrà bene qualunque cosa che renda l’idea, mica deve suonare davvero, la musica verrà dalla sala di registrazione. Comunque, affari loro. O no?


La zia di Le Forna presunta sclerotica racconta:
Chille so’ venute cierte perzone… M’anne date cinquantamila lire, poi se so’ mise dint’a casa, dint’u liette… Hann’ arapute l’armadie, hann’ rutte ‘nu piatte.., m’hann’ mis’ mman’ ’na curòn’ pe’ dicer’ ’u rusarie… Poie se so’ pigliate n’ata vota i sord’, m’hann’ dat’ ’nu vas’ e se ne so’ jute!”

Morali della favola:
1. Nulla è reale, se non la fuffa.
2. Chi rompe fa finta di pagare e lascia i cocci a terra.
3. Uno-a-zero per Renato
4. …………………..