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Primo Maggio amaro

di Sandro Vitiello

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Oggi si festeggia il lavoro, si festeggiano i lavoratori.

E’ strana questa festa quest’anno, quando si chiede ai lavoratori di starsene a casa, insieme agli studenti e ai pensionati.
Niente lavoro, niente di tutto il resto.
Solo l’essenziale per non morire di fame o per curare i malati.
In questo tempo di pandemia il lavoro passa in second’ordine. Abbiamo bisogno di sconfiggere il virus; dopo parleremo di tutto il resto.
Abbiamo bisogno comunque di ricordare, di ricordarci in questo tempo triste quanto sia importante il lavoro e chi lo fa.

Il lavoro non è solo quell’insieme di gesti e di impegno che permette di portare a casa i soldi per far studiare i figli, per far star bene la famiglia. E’ qualcosa di più profondo.
Il lavoro è la dignità dell’uomo.

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E’ lo strumento fondamentale di emancipazione, di crescita personale e collettiva, è la possibilità di immaginare un futuro migliore attraverso il proprio impegno, con un ruolo da protagonisti nella vita di una comunità.
Qualsiasi lavoro si faccia, anche il più umile, rende protagonista l’uomo o la donna che lo compie.

In queste settimane così strane abbiamo scoperto che attività spesso considerate secondarie hanno invece un’importanza fondamentale nella nostra vita.
I dipendenti dei supermercati piuttosto che il personale ausiliario degli ospedali, gli operai dei servizi pubblici anziché i braccianti  nei campi di Puglia; senza di loro non avremmo potuto sopravvivere a questa pandemia.
Dobbiamo voler bene al lavoro perché ci permette di condividere con gli altri esperienze e capacità, sogni e possibilità.

Ho avuto la fortuna di lavorare con tanta gente diversa e ho avuto modo di verificare che la cosa più preziosa per chi lavora è la dignità; che significa il rispetto del tuo capo e quello dei colleghi e quello di quanti avranno modo di apprezzare ciò che fai.

Viviamo un’epoca di grande precarietà e tanti diritti sindacali vengono costantemente messi in discussione.

[2]Giuseppe Di Vittorio, fondatore della Cgil

E’ un dato di fatto che la meccanizzazione dei processi produttivi e la globalizzazione del mercato del lavoro abbiano tolto tanto potere contrattuale ai lavoratori, anche nel nostro occidente evoluto.
Eppure se non avremo comunque chiaro che senza una classe lavoratrice emancipata, capace di difendere i diritti della collettività, senza che i lavoratori possano partecipare anche con la propria intelligenza ai processi produttivi, non ci potrà essere un futuro migliore.
Ricordiamo che è grazie ai lavoratori e alle loro lotte se nel nostro paese sono da considerare diritti acquisiti le tutele ai singoli cittadini, la sanità pubblica, l’istruzione e  tanto altro.
La storia del nostro paese è la storia di uomini, di lavoratori che hanno perso anche la vita per affermare il diritto al lavoro e alla dignità.

Negli anni venti del secolo scorso c’erano le squadracce fasciste, nel dopoguerra c’erano i delinquenti mafiosi di Salvatore Giuliano a Portella della Ginestra in Sicilia, negli anni sessanta spesso c’erano i reparti di Polizia a sparare sugli operai in lotta.

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Fossero essi braccianti o operai delle fonderie. Da Avola a Battipaglia fino a Reggio Emilia la storia d’Italia ha visto troppo spesso i lavoratori e i dirigenti sindacali morire per mano della criminalità o delle forze di polizia.
Nulla è stato regalato, tutto è stato ottenuto con l’impegno.

Ricordiamoci di tutto questo oggi che non possiamo festeggiare il Primo Maggio in piazza.
Perché il Primo Maggio rimane la festa dei lavoratori, comunque.