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Primo Maggio in compagnia

di Rita Bosso

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Domani, Primo Maggio, dobbiamo vestirci bene: non andremo da nessuna parte ma staremo insieme a belle persone.

Il Primo Maggio del 1929 Guido Galimberti (1906-1944; nella foto in alto, a Ponza), bergamasco confinato a Ponza, indossa un bel cardigan stile casual, annoda una sciarpetta al collo, prende qualcosa da leggere e va a fare quattro passi; siede su uno spuntone di roccia, apre il libro e si mette in posa. Il panorama alle spalle di Guido è bellissimo ma quel che conta, in questa foto, non si vede o si intravede appena. Non si vedono i militi della garitta, termine della Via del Confino, affiancata da un fascio littorio, lungo la attuale Panoramica; qui molti confinati si fanno fotografare, ben vestiti e col libro in mano, in chiaro segno di sfida verso i militi in divisa e moschetto, non avvezzi alla lettura. Il libro che Guido legge è La Madre di Gorki, storia di una donna che aderisce al socialismo sulle orme del figlio, prende parte alle lotte operaie e, idealmente, diventa madre di tutti i combattenti.
La sciarpetta nera è una lavalliere. La lavalliere si ritrova spesso, [1] nelle foto dei confinati: è un omaggio all’esperienza anarchica della Comune di Parigi; nasce dalla bandiera nera dei comunardi, tagliata a strisce. Col tempo, la lavalliere stempera il suo significato di simbolo anarchico e diventa, più genericamente, espressione di anticonformismo; come tale ne fanno uso gli artisti, i bohemien.

Anni Cinquanta, ristorante Eea. Da sin: Palmiro Togliatti, Angelo Musco, Maria Picicco, Domenico Cuomo, Marisa Togliatti

È il Primo Maggio: nelle mense di Ponza si prepara pranzo da giorno di festa, le compagne confinate hanno cucito per il piccolo Domenico Cuomo un bel bolerino, gli regalano soldini e caramelle: il bimbo è la mascotte della mensa dint’a Padura di cui è spesso ospite. La sua famiglia non teme di esporsi, è già nota ai militi e al commissario di polizia: il padre di Domenico ha idee socialiste, non ha la tessera del PNF; la sorella di Domenico, Sisina, è fidanzata col confinato Sani Fioravanti detto Parigi [2].

Sul corso Principe di Napoli, nella casa della famiglia Scarpati, zia Filomena D’Arco spalanca la finestra e pettina la piccola Civita, ripassa le ciocche con un dito intinto nel succo di limone, forma i boccoli, sistema sulla testa un fiocco vaporoso che ha trovato in casa. La sorella Maria irrompe, chiude la finestra: “Filome’, si’ asciuta pazza? ’Nu fiocco rosso ’ncapa ’a criatura? Vuoi farci passare per sostenitori dei confinati? Lo sai che vestirsi a festa il primo maggio è vietato!?

Nel 1939 i confinati vengono trasferiti a Ventotene; tra il ’41 e il ’43 Ponza ne ospita pochi altri. Oggi, restano sull’isola tracce delle garitte, ricordi, testimonianze, la Via del Confino quasi integra.
Chiedo ad Assunta Scarpati conferma a un mio vago ricordo e lei regala un racconto intenso, toccante, un messaggio di speranza, di condivisione e di vittoria oggi più che mai necessario. La ascolto rapita, grata; parla di persone e di vicende che tutti i ponzesi hanno conosciuto e ricordano.

Vincenzo Bosso

Siamo negli anni Ottanta; Vincenzo Bosso, comunista della prima ora, è malato; i vecchi compagni non rinunciano a festeggiare il Primo Maggio con lui. Temistocle Curcio e la moglie Carmela, Maria Picicco “la mamma dei confinati” si incamminano lungo la Via del Confino, percorrono il Canalone, giungono alla Dragonara. Arrivano i giovani, la seconda e la terza generazione che condividono quei valori, quelle idee. Vincenzo e la sorella Candida estraggono da un cassetto la lettera che il cognato Carlo Fabbri, confinato e partigiano, scrisse alla figlia Teresa. [3]

Giuseppina Bosso e Carlo Fabbri, confinato e partigiano

– Andavamo tutti su da Vincenzo e ogni anno era bello ed emozionante – ricorda Assunta.
– Tutte le persone di sinistra, del PD, si ritrovavano lì. Vecchi come Temistocle e Carmela, Nonna Picicco, tutti vecchi compagni. Poi c’erano i giovani: Mariano, Gianpiero, Annalisa, Gino, Antonio e altri. Poi c’erano i giovanissimi: Beniamino, Vincenzo, Lucia, Ciro, tanti amici della mia età… quanti eravamo! Tre generazioni a confronto. Tutte le volte leggevamo la famosa lettera e il primo anno in cui organizzammo questa cosa toccò a me leggere. L’emozione mi rompeva la voce, era difficile… ma era bellissimo.
Mi ricordo un anno in particolare, quando alle elezioni riuscimmo a sconfiggere il colosso Forza Italia. Facemmo uno striscione lungo otto metri, alto un metro e sopra scrivemmo “Abbiamo sconfitto il padrone”. Lo mettemmo sopra il cortile, in modo che si vedesse dal porto. I compagni anziani erano felicissimi! All’improvviso Temistocle disse “Volete vedere che se prendiamo il binocolo li troviamo tutti che guardano verso su? Anche loro con il binocolo”. E così fu. Erano due ore belle, conviviali, istruttive, del ricordo… ma pregne di dolore e di sofferenza anche… di coraggio e di consapevolezza. Bello, bellissimo. E a me toccava sempre fare le ciambelle di patate!”

Temistocle Curcio

Straordinari, sti giovani vecchietti. Possono permettersi di indossare il vestito di sempre, quello che si sono cuciti addosso quando avevano quindici, venti anni, e gli sta ancora, gli cade a pennello. Gli anni e le malattie provano ad acciaccarli ma non spengono l’entusiasmo, gli ideali; chiacchierano, rievocano, mangiano ciambelle, srotolano un mega-striscione e cantano vittoria.

Temistocle, hai ragione: ovunque siate, si dovrà puntare il binocolo verso di voi; non si scorgono in giro esempi di pari coerenza, coraggio, onestà, generosità.

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Aggiornamento del 1° maggio (a cura della redazione)

Assunta Scarpati chiede di inserire questo video a commento dell’articolo:

https://www.facebook.com/assunta.scarpati/videos/10222503941936460/ [4]
Con questo messaggio di accompagnamento:
“Non ce la faccio a non alzarmi in piedi quando ascolto questo brano…mi escono i lacrimoni e mi batte il cuore… “El Pueblo unido jamas sera’ vencido”… Lo voglio dedicare ai vecchi compagni….
Grazie Rita per aver suscitato bei ricordi.
Grazieeeee!”