Ambiente e Natura

Alici-sotto-sale

di Dante Taddia

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Grazie a mio cognato Silverio che, anche se più  giovane di me, vanta una grande esperienza di panefformaggio ad uso ‘peschereccio’, della quale mi ha fatto partecipe rivelandomene tutti i segreti per la buona preparazione e riuscita (’na palatella ’i Póntza (tanto per cercare di trascrivere la sua agognata corretta pronuncia (fonetica) con la “o” larga quanto la piazza e la “zeta” dura come la roccia dell’isola) anche suleticcie e parmigiano di prima qualitá, grattugiato) da quando ho messo piede la prima volta a Ponza tanti anni or sono (il solito maligno per alludere alla mia etá ha giá subito commentato che è stato  al tempo in cui Eéa abitava felice questo paradiso) mi sento di ricambiare il favore dell’appuzzamento del suo “panefformaggio” con quello delle “alici-sotto-sale-per-pescare-i-totani”.

Come amministrare quest’ultimo appuzzamento, di gran lunga superiore al primo, mi è stato gentilmente insegnato dopo averlo fraternamente condiviso con tutti i carissimi amici della combriccola pescaiola: Sandro, Franco Zecca, Carletto Sandolo, Gennaro Di Fazio, Luisa (unica scassambrella partecipante al sacro rito della pesca a totani) e ovviamente  Silverio, mio cognato.

Io, immacolato fiore dell’Adriatico che si era pasciuto di fine e dorata sabbia  per anni, io che non sapevo dell’esistenza di panefformaggio peschereccio ma solo ad uso alimentare, io che  che i totani li conoscevo solo per il loro veneto appellativo di ‘piscioni’ (solo mangiati e mai pescati), io che le alici sotto sale le apprezzavo solo per farmi il classico “crostino romano provatura e alici” (pane: ciriola romana rafferma tagliata a fette sbieche come quelle del salame e lasciate leggermente arrostire  all’imboccatura del forno a legna che serviva per cuocere la pizza  napoletana ma di scuola romana e cioè sottile e scrocchiarella, mentre si tagliava la “provatura”: definiamola fiordilatte appassito, e le alici sotto sale, diligentemente diliscate e sciacquate del sale in eccesso si stavano “struggendo” al calore del succitato forno in bagno d’olio extravergine della Sabina, il tutto per essere poi ammannito in un piatto caldissimo alternando fetta di pane-provatura-fetta di pane-provatura fino all’esaurimento degli ingredienti e ricevere a conclusione quel superbo intingolo che irrorava la cromatica alternanza pane/provatura); ebbene proprio io mi trovo catapultato nottetempo sotto un cielo stellatissimo e senza luna in una ristretta barca di legno (ho saputo dopo che si chiama ‘a lanza) insieme a quattro assatanati espertissimi (i suddetti) pescatori di totani.

“Questi ultimi saranno pescati a mezzo di una pluri-ancoretta di ami”: commento (anatema e sacrilegio! – ’Uaglio’ (sarei io) chest’ s’adda chiamma’ purparell’,  fatta propitamente cch’i’mmane mee e rigorosamente aggiuntata cc’u cchiumme fuso ’a int’a ’na canna ‘i Fruntone (prego notare che si è sempre chiamato Frontone e non come da invalso neo toponimo turistico-importato “il Frontone” e infatti dicesi ’a cann’i Fruntone  e mai e poi mai ‘a cann’ d’u Frontone) sulla quale purparell’ si adagiava la puzzolentissima-alice-sotto-sale dopo averla “maniata” per aprirla per tutta  la lunghezza legandola strettissima con innumerevoli giri di filo di cotone proveniente da apposita “spagnoletta” (rocchetto di filo).

Ovviamente quella “puzza-d-alice-sotto-sale-per-pescare-i-totani” te la tenevi fino alla successiva stagione balneare perché non c’era sapone, saponetta, bagnoschiuma, detersivo o altro che te la potesse togliere di dosso in tempi brevi.

Oggi, a tanti anni di distanza e in giro per il mondo, mi basta solo il pensiero di parmigiano grattugiato per associarlo con un riconoscente sorriso a quel panefformaggio con il quale non ho mai preso manche ’nu ‘uarracino, mentre l’olezzo di alice-sotto-sale mi riporta a quelle indimenticabili notti sotto il cielo stellatissimo ’i fora’a ’Uardia in cui i profondi legami di amicizia alla combriccola pescaiola sono nati e si sono radicati, e a un certo compiacimento nell’essermi appuzzolentato per avere pescato i totani.

Grazie amici cari, e che gli appuzzolentamenti vari restino il distintivo dei nostri anni sereni.


Nota
(a cura della Redazione)
“I totani” nell’immaginario ponzese, negli scritti di Noemi D’Andrea del marzo 2011: L’uscita ‘a totani’; e di Franco De Luca (agosto 2019): Dalla pesca a totani.

 

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    18 Aprile 2020 at 09:36

    Affettuosamente chiamato a ricordare dall’amico Dante – “fratello di polpo”: ci giocammo entrambi il timpano nella stessa impresa di stanare un polpo fuori la scogliera della Caletta, portando un remo sott’acqua per fare leva, a una profondità di 7-8 metri! – mi è arrivata “come una madeleine” (!) la puzza-di-alice-sotto-sale e anche la sensazione (indimenticabile) come di un mattone che improvvisamente ti si è attaccato alla lenza… e subito dopo, la curiosità-invidia degli altri compagni di pescata: – A quanti passi stai? – cui mai si rispondeva in modo veritiero… E infine quando finalmente, mooolto dopo mezzanotte, si tornava nel proprio letto, si continuava a fare su e giù con la mano, che la mattina dopo non si sapeva mai se era stato un sogno o per davvero.
    Quelle uscite a totani ho cercato di riprodurle in un breve video al tempo della campagna del faro della Guardia (leggi qui). La mia prima prova da regista… anche molto criticata per come era stato montato il verso dei “parlanti”; qualcuno addirittura mi ha chiesto se i totani, quando vengono tirati su, strillano a quel modo!
    Qui su YouTube:
    Faro della Guardia – Ponza by Sandro

    Ma signora mia… i pesci sono muti! Soffrono e muoiono in silenzio.

  2. Patrizia Montani

    18 Aprile 2020 at 20:31

    Caro Sandro,
    dopo averti visto medico, pittore, contadino, suonatore di organetto, apprezzo il tuo esordio come regista.
    Ti dedico una citazione di Fellini, che probabilmente già conosci: “Il visionario è l’unico vero realista”.

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