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Favole antiche, sempre attuali

Segnalato da Roberto Landolfi, dal blog “Madrigale per Lucia [1]
 

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Ci sono degli uomini i quali,
quando non si conoscono,
incutono paura,
ma che,
messi alla prova,
si mostrano indegni di considerazione.
A te
che non incuti paura e
messo alla prova,
preferisci la verità alla menzogna
auguro un futuro con più favole.
                                        [Lucia Mastrodomenico (1979)]

[2]Esopo e la volpe. Figurazione su vaso. ca. 470 a.C. Museo Gregoriano Etrusco (Musei Vaticani)

I Viandanti e la Sterpaglia
Dei viandanti che camminavano lungo la riva del mare  giunsero su un’altura, donde videro da lontano un mucchio di sterpi che galleggiava e lo presero per una gran nave da guerra. Si misero perciò in attesa, pensando che avrebbe gettato l’ancora. Quando poi, trasportata dal vento, la sterpaglia si avvicinò alquanto, parve loro di veder non più una nave, ma un bastimento da trasporto. Però, una volta che furono sospinti a riva, videro che erano sterpi, e si dissero l’un l’altro che erano degli sciocchi ad aspettar quello che non c’era.

I Viandanti e l’Orso
Due amici viaggiavano insieme, quand’ecco apparire davanti ad essi un orso. Uno, più svelto, salì su un albero e vi restò nascosto, mentre l’altro, che già stava per esser preso, si gettò al suolo, fingendo d’esser morto. L’orso gli avvicinò il muso, annusandolo, ed egli tratteneva il respiro, perché, a quel che dicono, l’orso non tocca i cadaveri. Quando l’orso si fu allontanato, quello che era sull’albero discese e chiese all’altro che cosa gli avesse detto nell’orecchio l’orso.
Di non viaggiare mai più con dei compagni che nel pericolo non restano al tuo fianco – gli rispose quello.

I Viandanti e la Fortuna
Un viaggiatore che aveva fatto molta strada, spossato dalla stanchezza, si lasciò cadere sull’orlo di un pozzo e lì si addormentò. Stava già quasi per cadervi dentro, quando gli apparve la Fortuna e lo svegliò dicendogli: – Ehi, amico, se poi cadevi dentro, non te la prendevi con la tua imprudenza, ma te la prendevi con me…
Così molti uomini si procacciano loro stessi i guai, e poi ne accusano gli dèi.

Il Malato e il Medico
Un medico chiese al suo ammalato come stava e quello gli rispose che aveva sudato in maniera anormale. – Molto bene – gli disse il medico. Tornò una seconda volta a chiedergli come stava e quello disse che era stato colto da un brivido che l’aveva scosso da capo ai piedi. – Molto bene anche questo – disse il medico.
Quando andò a fargli visita una terza volta e gli chiese della sua malattia, l’ammalato gli annunziò che aveva avuto un attacco di diarrea. – Bene, bene anche questo – dichiarò il medico e se ne andò.
Così, quando uno dei suoi parenti venne a trovarlo e gli chiese come andava, l’ammalato rispose: “A forza d’andar bene sto morendo”. 

[Tratto da: “Esopo Favole”, Biblioteca Universale Rizzoli; 1980 Traduzione dal greco di  Elena Ceva Valla]

[3]Esopo con i suoi ascoltatori dipinto da Francis Barlow nell’edizione del 1687 di Aesop’s Fables with His Life

“Esopo era il più brutto dei suoi contemporanei: aveva la testa a punta, il naso schiacciato, il collo cortissimo, le labbra sporgenti e la pelle scura: da qui il suo nome che significava negro. Panciuto, storto, curvo, sorpassava in bruttezza il Tersite di Omero, ma, cosa ancor peggiore, era lento ad esprimersi e la sua parola era confusa ed inarticolata” (Ibidem, pag. 27)

Un giudizio sintetico di R. Cantarella (Storia della Letteratura Greca) sulla fortuna della favola esopica nella cultura occidentale:
 “La fortuna di Esopo è stata, meritatamente, enorme. Si è detto a ragione che egli, insieme ad Omero, è stato l’educatore del popolo greco: e di Omero e della morale eroica, Esopo è, piuttosto che l’antitesi, il necessario completamento, che dimostra altresì la profonda e varia umanità dello spirito greco. Ma non solo i Greci, nella scuola dei quali entrò già nel secolo V, educò Esopo: attraverso Fedro conquistò la scuola romana, fu letto, diffuso ed imitato in tutto il medioevo greco e latino; con gli Umanisti ritornò in auge, e nella Francia del “gran secolo” ispirò i capolavori del La Fontaine” (Ibidem pag. 29).