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Qualche nota di genetica molecolare sul nostro virus

di Antonio Fantoni
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Tano Pirrone, che bene lo conosce ed è rimasto in contatto con un Gruppo di Studio istituito tempo fa, ci propone di pubblicare questo documento, estrapolato da una mail inviata a tutti i componenti del Gruppo, di Antonio Fantoni, già docente di genetica molecolare all’Università la Sapienza di Roma, con informazioni inconsuete ma interessanti sulla questione che oggi più ci assilla.
La Redazione

Ho pensato che forse possa interessare la base genetica con cui muta il virus e la strategia da seguire per confezionare il vaccino, cioè il meccanismo evolutivo proprio del virus che sarà utile nella costruzione dei vaccini.
Il virus evolve con lo stesso meccanismo con cui evolviamo noi, basato su mutazioni spontanee del genoma seguite da selezione riproduttiva da parte dell’ambiente. Ma il suo genoma (7 geni) è scritto in RNA (RiboNucleic Acid: acido ribonucleico – NdR), che muta molto più facilmente (10x) del nostro DNA (DeoxyriboNucleic Acid: acido desossiribonucleico – NdR) (23000 geni). Essenzialmente, è soggetto a molte mutazioni che sorgono spontanee e casuali ad ogni evento riproduttivo, ma poiché noi oggi ci riproduciamo ogni 25 – 45 anni e cambiamo un solo gene ad ogni riproduzione, mentre un virus diventa 100 virus in 24 ore, in un anno i coronavirus cambiano moltissimo i loro geni.

Le mutazioni capitano a caso, come un boia bendato che con la spada mena fendenti a una cordicella tesa sul ceppo: ndo cojo cojo. Alla mutazione segue la selezione riproduttiva nell’ambiente del virus, cioè la cellula polmonare umana. Se la nuova mutazione ha alterato uno dei tre geni che sono strettamente necessari alla entrata nella cellula e la duplicazione dei suoi geni, il virus muore. Se la nuova mutazione ha riguardato uno dei 4 geni del mantello esterno, il virus continua ad essere attivo e pericoloso.
La nostra reazione anticorpale produce comunque una immunità permanente, ma è specifica e decade se i nostri anticorpi riconoscono il mantello mutato. È quanto accade per il virus influenzale, per cui ogni anno dobbiamo rifare il vaccino. Ancora non conosciamo la strategia anticorpale umana, se non che forse l’immunità non è cellulo-mediata (cioè contro il virus già entrato nella cellula) e quindi riconosce il virus libero nel sangue e potrebbe essere anche specifica per i siti di attacco (proteina S) del virus alla cellula. In questo caso l’immunità sarebbe permanente.

Conoscendo la mappa genetica del virus, con tecniche ben rodate di ingegneria genetica e proteica (si facevano comunemente nel mio laboratorio già vent’anni fa) si possono ora isolare i tratti di RNA specifiche per la proteina S e in contesto industriale produrre su larga scala la proteina, da cui il vaccino. Ne stanno già sperimentando uno (non so se prodotto così) sugli animali di laboratorio e funziona. Ma si possono anche produrre su larga scala anticorpi monoclonali mirati a quella proteina e saggiarne in provetta la capacità di impedire al virus di infettare cellule respiratorie umane. Questo potrebbe essere somministrato direttamente ai pazienti in fase acuta e salvarli. Con un protocollo terapeutico messo a punto a Padova si stanno già prendendo gli anticorpi dal plasma di infettati guariti, e questo è efficace.

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Accludo i dati e i grafici di andamento dell’infezione come quelli che avevo già fatto girare, aggiornati con la collaborazione di Silvano Sganga e ancora elaborati con il confronto di positivi per 1000 abitanti fra 4 regioni italiane, fra cui il Lazio. Molti altri stanno facendo un lavoro analogo fra cui un medico, il Dr. Spada
( https://www.facebook.com/100000238547590/posts/3855422191142361/?d=n [3] ) che conferma i miei grafici, che mostrano le tre gobbe di crescita dei positivi in tutte le regioni e nell’Italia intera. Ho una spiegazione per queste tre gobbe. La prima gobba è facile, la più marcata, quella del contagio fra persone fuori di casa, accidentale o sul lavoro o fra amici che incautamente hanno continuato a socializzare. Questo è un vero e proprio picco alto ben marcato bloccato dalle misure di contenimento.

Ma il contenimento, pur necessario, ha costretto le persone a stare assieme a stretto contatto in famiglia, e siccome molti creduti sani sono invece portatori (50%?), questa estrema vicinanza ha prodotto il secondo contagio, più basso ma più lungo.

Posso provare a spiegare la terza gobba con un altro contatto, quello nelle comunità non famigliari, di per sé meglio protette all’inizio, ma sempre in contatto con l’esterno, comunità assistenziali, spesso di anziani, dove un solo contatto, un medico o un operatore sociale che non frattempo si è positivizzato, fa una strage.
In questi giorni i conventi di suore (a Roma due, 80 casi) o le case di ricovero per anziani (a Milano, Torino, Roma, Frosinone con parecchie centinaia di casi ciascuna, e molti anziani morti).

Vi sembra plausibile? Ora però basta, spero che le occasioni di contagio che si inventa il corona siano finit; anche la prostituzione si è bloccata, cosa resta ancora?
Teniamoci stretti nel frattempo questo Mattarella, questo Papa, questo Conte e questo Zingaretti e allontaniamo Renzi e Salvini.


Nota

L’immagine di copertina – l’ultrastruttura schematica di un coronavirus – è stata scelta dalla Redazione, mentre i dati e il grafico allegati sono contenuti nella mail citata dell’autore.